Essere felice dopo una diagnosi di fibromialgia, è possibile?

Una testimonianza di Tammy Freeman che scrive delle sue esperienze in una community dando voce alla popolazione di malati cronici.

Tre giorni fa sono andata da un nuovo specialista, un reumatologo. Ero preoccupata, poiché questo sarebbe stato il mio settimo specialista, ma volevo davvero capire cosa stesse causando la mia stanchezza e il mio dolore diffuso. Mi era già stata diagnosticata l’Hashimoto, e questo da sola poteva causare affaticamento e dolore ma non ha spiegato completamente perché, ad esempio, posso dormire per 15 ore e svegliarmi ancora stanca e per niente riposata. Perché ho un dolore quotidiano che mi distrae dalle mie attività quotidiane. Perché il mio corpo si sente solo pesante come un’ancora.

Quindi, sono entrata nervosamente nell’ambulatorio del reumatologo e, per fortuna, mi ha preso sul serio, anche quando ho fatto una battuta imbarazzante sull’essere una ipocondriaca. Ha fatto un esame fisico completo, ha rivisto il mio precedente esame del sangue, ha discusso la storia familiare, e poi abbiamo avuto una lunga conversazione su come mi sento, quali sono i miei sintomi, cosa sto già facendo per controllare quei sintomi, e così via. Ha trascorso molto tempo con me. E sulla base di tutti questi elementi, e escludendo alcuni altri come la malattia di Lyme e l’artrite, ha detto che è fibromialgia.

Che peccato, mi disse il reumatologo e non capii subito, poi ridacchiò un po, tornando serio, aggiunse: “Leggerai che non è una vera malattia, ma lo è. È una vera malattia e non è nella tua testa”.

La mia reazione? Sono scoppiata in lacrime e senza fermarmi gli ho confidato quanto mi mancasse la persona che ero prima, quella che si poteva alzare alle 6 del mattino e che si teneva occupata fino alle 23 e che era in grado di rifare tutto il giorno successivo. Gli ho confidato della mia pigrizia insorta negli ultimi quattro anni, cioè quando sono iniziati i miei problemi di salute e come la mia salute emotiva fosse stata influenzata, e come mi sentivo in colpa per quello che vivevo. Ha ascoltato con calma e mi ha detto che questi sentimenti spesso sono causa della fibromialgia e mi ha detto con fermezza che non sono affatto pigra. Ha detto anche che, dal nostro colloquio, da quanto raccontato in quel giorno, che io ero in grado, per la determinazione, di prendermi cura di me stessa.

Ho lasciato quell’ambulatorio sentendomi rinata. Certo, faceva piacere che tutto quanto mi stesse capitanando avesse un nome e non fosse frutto della mia pigrizia o ipocondria.

Anche giorni dopo, ho continuato a provare un sollievo assoluto. Ho un nome per la stanchezza travolgente e ho una ragione per cui i miei fianchi, la schiena, le spalle fanno costantemente male e ho quelle sensazioni di spilli e aghi nelle mie mani. Ancora non cambia nulla ma di certo non è nella mia testa, non è un riflesso di chi sono, non è un fallimento da parte mia, non è a causa di qualcosa che sto facendo male o non facendo bene. Non l’ho fatto a me stessa. Sono sollevata dal fatto che sebbene questa sia una malattia che dura tutta la vita, posso smettere di inseguire specialisti e nuovi esami del sangue e infinite ricerche su Google e posso smettere di cercare di capire tutto: Perché mi fa male la testa? Sono disidratata? È un mal di testa da stress? Mi fa male la schiena? Ho esagerato quando sono andato a fare la spesa e ho pulito la casa lo stesso giorno? Perché dormo così tanto? Sono depressa? non mi sento depressa, ma dormo mezza giornata, quindi forse ho bisogno di parlare con qualcuno. Perché la mia mano è di nuovo formicolante? Sto bene. Non è nella mia testa. C’è una ragione per tutto questo. Non può essere curato, ma può essere controllato, ma soprattutto, non è nella mia testa e posso smettere di cercare costantemente risposte. Ora, basta.

E sono grata per questo. Non fraintendetemi. Non lo augurerei a nessuno. Ma è un sollievo avere una ragione medica, scientifica, ufficiale per tutti questi sintomi.. Non è nella mia testa. Sto andanda avanti. Posso prendermi cura di me stessa, e questo è un enorme sollievo. Quindi oggi sono felice.

Devo andare avanti, andiamo avanti.

Al medico che ha ripristinato la mia fede nella medicina.

Una testimonianza di Peyton Izzie fibromialgiaca, che ha avuto la fortuna di incontrare un professionista che l’ha capita, compresa e sostenuta.

Chi è Peyton Izzie? Questa è una sua lettera ad un medico che la segue nella sua lunga lotta con la fibromialgia. Chi sa quante di noi, avrebbero voluto fare un gesto simile se avessimo incontrato un medico come quello di Peyton.

Peyton è una di noi che nel suo blog ha scritto:

Quando ho perso le forze, ho ritrovato la mia voce. Fibromialgia, disturbo da stress post-traumatico, cecità parziale e sordità… tanta sfortuna, ma ho continuato a lottare per un trattamento equo per le malattie invisibili. A parte quando dormo, mangio o scrivo, non sono mai più felice di quando ho una macchina fotografica in mano e qualcosa di bello davanti al mio obiettivo”.

Caro Dottore,

Ci sono così tante cose che vorrei poterti dire, ma in tutta onestà, abbiamo solo dieci minuti insieme e di solito il mio corpo mi sta deludendo in così tanti modi che è impossibile per me parlare di qualcosa di diverso da come la fibromialgia sta rovinando il mio corpo.

Vorrei poterti portare a prendere un caffè, te lo meriti e raccontarti della prima volta che ci siamo incontrati. Vorrei poterti raccontare delle lacrime che ho pianto quando mi hai creduto quando ti ho raccontato i miei sintomi. Ti parlerei delle dozzine di dottori che avevo visto prima di te, dei respingimenti, del disgusto, dell’incredulità e dei commenti maleducati. Eri la luce alla fine di un tunnel lungo, oscuro e doloroso, e io ero stata nell’oscurità per così tanto tempo che ero convinta di essere diventata cieca.

Ti direi che hai ripristinato la mia fiducia nella medicina. Che anche se sono stata delusa così tante volte prima e innumerevoli volte dopo averti incontrato – non mi ha fatto così male, perché sapevo che potevo venire da te, piangere con te e trovare i passi successivi . Mi hai tenuto per mano, hai sentito le mie grida e placato le mie paure, e per questo ti sarò eternamente grata. Perché so che, qualunque cosa venga dopo in questa battaglia senza fine , che con te al mio fianco, potrei uscirne viva.

Arriva il punto in cui ti viene ripetuto più e più volte che è tutto nella tua testa, che non c’è niente che non va fisicamente, che devi solo sforzarti di più ed esercitarti di più, mangiare di meno, metterti in forma, essere in salute. Arriva il punto in cui hai sentito tutto questo così tanto che inizi a pensare che stai diventando pazza. Questo dolore è reale? Sto in qualche modo immaginando tutti i miei sintomi? Sono solo pigra? Inizi a chiederti se qualcuno ti prenderà mai sul serio, troverà qualcosa che non va in te e lavorerà per aiutarti.

Ed è qui che entri in gioco tu. Perché in ogni fase del mio viaggio, sei stato lì per condividere il mio disgusto, la mia rabbia e la mia indignazione per ogni dottore che si è scrollato di dosso i miei sintomi. Sei stato lì per riprendere la mia lotta quando sono troppo esausta per alzare la testa. E tu mi hai sempre creduta. Anche quando sembra ridicolo o improbabile, mi hai sempre preso sul serio e hai creduto che i miei sintomi fossero reali e li hai trattati seriamente come qualsiasi altra malattia fisica.

E prima che le nostre tazze di caffè finiscano, ti chiederei della tua vita. Sei felice? Hai tutto ciò di cui hai bisogno? Sei trattato in modo equo al lavoro? Ti darei il mio tempo e ti ascolterei. Per tutto il tempo che mi hai dato. Essere un medico è una professione meravigliosa e altruista, ma ci sono persone reali dietro le lauree in medicina e ascoltare / vedere il dolore che le persone provano giorno dopo giorno. Può logorarti.

Ho già detto quanto sia ingrata la professione medica, e quindi tutto quello che posso dire di nuovo è, grazie, per tutto quello che fai per me e per i molti altri pazienti sotto le tue cure. Se tutti i dottori fornissero come te e se usassero lo stesso standard di cura e trattamento che usi per me, allora la fibromialgia non sarebbe mentalmente dannosa la metà di quanto lo sia adesso. Tutto quello che possiamo fare è sperare che un giorno altri dottori seguano il tuo fulgido esempio.

Grazie per quello che sei

Peyton Izzie

Il “sistema famiglia”

Questo testo, che vi invito a leggere ATTENTAMENTE, è tratto dalla collana Le BricioleCESVOT numero 56, “Le Malattie Invisibili – Le barriere dell’invisibilità” che potete scaricare dal sito del CESVOT: https://www.cesvot.it/ previa registrazione. La collana è gratuita. La registrazione non ha nessun vincolo.

L’autrice è Ilaria Bagnulo è psicologa psicoterapeuta. Fa parte dello staff di direzione della SOSD Psicologia Clinica Ospedaliera dell’Azienda Usl Toscana Centro. L’attività che svolge all’interno dei presidi ospedalieri è duplice: con i pazienti trapiantati e in lista di attesa per il trapianto, con il sostegno psicologico e/o la psicoterapia, e nella chirurgia bariatrica, con la valutazione preliminare del trattamento chirurgico dell’obesità e la gestione del follow up a medio e lungo termine nel post-intervento chirurgico. Oltre all’attività in ospedale svolge la libera professione.

Questo bellissimo, interessantissimo e esaustivo testo, per i numerosi aspetti che l’autrice ha voluto esaminare, con profonda attenzione sugli aspetti psicologici e sociologici del paziente cronico, verrà diviso in capitoli.

Domani, leggerete, sempre su questo blog, altri due capitoli, questo che seguono oggi.

Il “sistema famiglia

Anche il “sistema famiglia” deve quindi confrontarsi con una perdita momentanea d’equilibrio e una necessaria ridefinizione dell’assetto dello stesso nucleo familiare. I congiunti, come il paziente, a seguito della comunicazione della diagnosi, possono andare incontro a emozioni intense e quindi mettere in atto meccanismi difensivi più o meno rigidi per arginarne la loro dirompenza, quali ad esempio la tendenza a negare, minimizzare la malattia o le emozioni, oppure attuare la strategia del silenzio e, magari, consciamente o inconsciamente, volgere lo sguardo altrove.

Può accadere infatti che i componenti della famiglia del paziente non credano del tutto ai sintomi che il loro congiunto riferisce o che non lo aiutino a sufficienza, affinché possa utilizzare le sue energie residue, siano esse fisiche o psichiche, e adattarle proficuamente al quotidiano. Questo genera una fase molto complessa sia per il paziente sia per il nucleo familiare che fatica a confrontarsi con l’immagine del proprio congiunto malato e con quella dimensione in cui esso stesso gravita: la malattia cronica.

La modalità con cui la famiglia reagisce ai disagi del suo congiunto costituisce quindi uno degli elementi più importanti, in grado di agire, anche e soprattutto, come fattore protettivo, ma può farlo solamente se è capace di fornire aiuto sia sul piano pratico sia nella condivisione delle emozioni, attuando buone strategie per far fronte alle situazioni stressanti.

È importante allora che vengano attivate e rafforzate le risorse personali e ambientali, affinché ci si possa occupare con maggiore competenza ed efficacia dello stato di salute psicofisica non solo del paziente soggetto a cronicità, ma anche dei componenti di tutta la sua famiglia. Un sistema, quello familiare, che per essere funzionale deve riuscire a bilanciare le proprie risorse e le vulnerabilità, in relazione alle richieste psicosociali imposte dalla malattia nel corso del tempo.

In tal senso è di primaria importanza l’identificazione di contesti in cui sia possibile sostenere e rafforzare le risorse del paziente, quelle della rete familiare in cui è inserito e dei suoi caregivers, affinché possano far fronte alla nuova dimensione imposta dalla cronicità. Per far sì che una famiglia riesca a fronteggiare la patologia è necessario analizzare il funzionamento familiare in termini di credenze, organizzazione, comunicazione; è importante comprendere il significato psicosociale della malattia e comprendere i processi di sviluppo che ad essa sono connessi.

Questo vuol dire occuparsi di tutte quelle dinamiche psicologiche che maggiormente intervengono sulla dimensione curativa e/o riabilitativa del paziente. Si tratta di elementi che ci mostrano come il paziente sia capace di reagire, di contattare il suo mondo emotivo, di vestire di nuovi significati la propria esperienza e far fronte a condizioni stressanti o foriere di frustrazione.

Mi riferisco quindi a tutte quelle situazioni che maggiormente agiscono sulla dimensione della cronicità, come ad esempio le strategie di: coping; locus of control; e qualità della vita. Si parla di strategie di coping quando ci si riferisce a quegli agiti comportamentali che hanno come obiettivo quello di ridurre o tollerare meglio le condizioni stressanti che si originano da situazioni complesse, come ad esempio fare sport per scaricare la tensione o lo stress.

Il locus of control, invece, corrisponde alla convinzione di essere in grado di poter o meno esercitare un qualche tipo di controllo sulla propria condizione. Convinzione che si può tradurre nell’adozione di un atteggiamento generalizzato di maggiore o minore passività nei confronti della malattia cronica e comunque di qualsiasi forma d’aiuto (Lera, 2001). Ciò diventa particolarmente rilevante quando si applica il costrutto del locus of control all’ambito della psicologia della salute, poiché la valutazione che l’individuo compie della sua condizione psicofisica diventa, infatti, una variabile importante nel motivare l’adozione di un determinato modello reattivo (Lera & Macchi, 2012). Numerose ricerche effettuate nell’ambito del benessere e della qualità della vita (Fitzpatrick, 2000; Nordenfeit,2013) hanno messo in evidenza come ogni individuo, in base alle proprie condizioni di salute psicofisica, personalità e stile di interazione con le opportunità offerte dall’ambiente, sviluppi una valutazione personale di cosa sia una buona qualità di vita.

Infine, in ambito clinico sanitario, il tema della qualità della vita è divenuto nel corso degli anni sempre più importante e centrale, consentendo una transizione fondamentale: si è passati infatti da una concezione della salute e della qualità della vita umana più organicistica a una più umanistica. I fenomeni legati alla salute sono considerati come necessari ma non sufficienti ad una descrizione globale della vita e della sua qualità. Attualmente all’espressione QoL (Quality of Life) si preferisce utilizzare quella di qualità della vita correlata alla salute, Health Related Quality of Life (HRQoL), in cui si tiene in considerazione come gli aspetti della salute fisici, psicologici e sociali vengano influenzati da credenze, obiettivi ed aspettative degli individui. Maggior enfasi è posta sulla centralità della persona in un approccio centrato sul paziente (Rinaldi et al. 2001).

Buona lettura

Quando mi è stato chiesto di descrivere il mio dolore cronico

Una testimonianza dal web di una donna che soffre di ME/CFS da 28 anni e di fibromialgia da 8 anni. Lei afferma che si è unita alla lotta per le persone con condizioni di dolore cronico e disabilità invisibili.

Soffro di sindrome da stanchezza cronica da 26 anni. Sono stata malata per circa un anno prima di ricevere una diagnosi. Circa cinque anni fa, ho anche sviluppato la fibromialgia. Vivo la mia vita sempre nel dolore a un certo livello e la stanchezza è la mia compagna costante.

Qualche giorno fa la mia cara mamma che a 73 anni, mi ha posto una semplice domanda:

Puoi dirmi come fa male, dove fa male?”

Ora questa è la domanda. Per molti di noi che vivono con condizioni di dolore cronico, descrivere il nostro dolore – non solo la posizione, ma la qualità del dolore – è problematico. Come si possono descrivere i tipi di dolore apparentemente infiniti in modo che qualcun altro possa capire?

Anni fa, quando lavoravo come paramedico, chiedevo alle persone di descrivere il loro dolore. Raccontavano di immaginare una ipotetica persona che li stava accoltellando, con un coltello, si sentivano come punte da aghi, descrivevano di sentirsi come punzecchiate, pizzicate e sentivano bruciore. Quella ipotetica persona era in piedi su una parte del loro corpo e si sentivano schiacciate. Queste descrizioni ci hanno dato un terreno comune per comunicare qualcosa di così complesso come la percezione del dolore di una persona.

La sindrome da stanchezza cronica provoca dolore nel profondo del mio corpo. È un dolore intenso che peggiora con lo sforzo fisico e lo stress. La fibromialgia provoca dolore ai nervi, che è un po’ più difficile da descrivere Mi fa spesso male la pelle, come quando ti prendi l’influenza e hai la febbre. Anche i miei capelli fanno male. Non sopporto niente che non sia estremamente morbido a contatto con la mia pelle, anche al punto da non volermi sdraiare nel mio letto perché una parte maggiore della mia pelle preme contro qualcosa. Nella sua forma più estrema, anche l’aria che si muove sulla mia pelle provoca un forte dolore.

Mi fanno male i muscoli e mi sento come se avessi dolore alle ossa. Ma più interessante è il dolore improvviso e intenso che colpisce in posizioni casuali in tutto il mio corpo. Questi sono i dolori che cambiano ogni volta, non solo nella posizione, ma nella qualità.

Questi dolori improvvisi colpiscono abbastanza forte da farmi gridare e privarmi del respiro. Ma di solito si ripetono solo più volte, poi si fermano… per un po’. Questi sono i dolori che potrebbero essere lancinanti (con un coltello o un ago), bruciore, lacrimazione, puntura, formicolio o qualsiasi combinazione di questi. In una buona giornata posso aspettarmi questo tipo di episodio una o due volte. In una brutta giornata, una giornata in cui il mio corpo mi fa capire che ho fatto troppo, questi episodi sono quasi continui. Ho una breve pausa dopo un episodio, solo per afferrare una parte diversa del mio corpo, trattenendo il respiro per il dolore, pochi istanti dopo.

La notte è la cosa peggiore, poiché il mio corpo si occupa delle attività della giornata, anche se ho ridotto la mia attività a lavorare un paio d’ore al giorno da casa, su una poltrona reclinabile, sul mio computer portatile. Scrivo e modifico, mantenendo le ore dispari che il mio cervello nebbioso e il livello di dolore lo consentono. Devo anticipare il dolore, ricordandomi di prendere gli antidolorifici prima che diventi insopportabile, anche se il mio istinto è di rimandarlo. Altrimenti non c’è niente da fare.

Puoi dirmi come fa male ?”

Sono grato a coloro che mi sono vicini e che si preoccupano abbastanza da porre questa domanda difficile. Non è qualcosa che vorrei tentare di descrivere a persone a caso che sono semplicemente curiose, poiché ciò richiede semplicemente troppa energia.

Hai trovato tu un modo diverso per descrivere come fa male? Se ti va, lo puoi descrivere qui.

Rosaria Mastronardo

Corona di spine

Quando non voglio pensare a nulla, ascolto musica. Musica leggera o musica classica, mi rilassa e mi aiuta a non pensare al dolore, alla sofferenza, alle ingiustizie, a tutto. Mi isolo. Però ascolto con attenzione le parole della canzone che passa alla radio in quel momento.

Oggi mi è capitato di ascoltare in macchina una canzone, un pò triste. Non conoscevo l’artista, la cantante, chi avesse scritto il testo, dal ritornello però ho capito che il titolo poteva essere Corona di spine e una volta a casa, ho fatto una ricerca.

La cantante si chiama Meg, il titolo l’ho avevo azzeccato, Corona di spine ed è la colonna sonora del film documentario Camorra.
Meg, la cantante, ex componente dei 99 Posse, è la voce narrante del film Camorra. Sua è anche la colonna sonora.

E’ stato il ritornello che mi ha colpito.

È solo che una corona di spine
È così facile da portare
Dopo un po’ ti sembra normale
È solo che una corona di spine
È così facile da portare
Dopo un po’ non ti fa più male

Ascoltando quelle parole, in quel ritornello, più volte ripetuto ho pensato al dolore, al mio dolore cronico e a tanti come me che ne soffrono. Il dolore è come una “corona di spine“, facile da portare che dopo un po’ ti sembra normale.

Che brutta bestia che è il dolore cronico ma è molto più brutto pensare a chi scrive tanto sul nostro dolore cronico e non fa nulla per alleviarlo e quindi dopo un pò, quella “Corona di spine” ci sembra normale.

Vi invito, se lo volete, ad ascoltare il testo della canzone. Io ho pensato al dolore forse perchè la mia “Corona di spine” fa più male?

Rosaria Mastronardo

Un particolare “grazie” alla mia fibromialgia.

Una mia lettera alla “bastarda” alla “bestia” dopo l’ennesima caduta con tanto di ecchimosi

Cara fibromialgia,

grazie per punirmi quando provo a fare le cose come tutti gli altri e non ci riesco. Per avermi fatto sprecare la giornata a letto, cercando disperatamente di mettermi a mio agio, ma senza mai riuscirci veramente. Per avermi reso così esausta per andare in bagno, per me è come correre una maratona. Per avermi fatto venire il mal di stomaco a causa di dolore, rigidità e mal di testa da tensione. Per avermi fatto sentire la mascella come se fosse bloccata in una morsa, così come la mia testa con la cefalea.

Grazie per le notti insonni e le occasioni perse per stare con amici e familiari. Per avermi fatto annullare i piani o deluso i miei colleghi perché mi sono ammalata per la centesima volta quest’anno.

Grazie per avermi mostrato chi sono i miei veri amici. Per avermi fatto vedere che ho delle persone straordinarie nella mia vita che mi supportano, mi amano e mi comprendono e che a volte ho dei limiti. Per i grandi collaboratori che ho, anche nella mia giornata peggiore di lavoro, capiscono e mi chiedono se ho bisogno di aiuto quando mi vedono lottare o sembro stanca e logorata dai dolori.

Mentre tutti ti maledicono io oggi ti ringrazio perché la vita può essere dura, frustrante e stressante e se non mi sento sempre al 100 percento, grazie per avermi fatto capire che ho molto di cui essere grata.

Io oggi ti ringrazio anche perché se hai pensato di annientarmi, di mettermi in difficoltà ti dico che non sei stata brava con me, non ci sei riuscita, forse all’inizio, quando per me eri una perfetta sconosciuta ma oggi, nonostante tante altre difficoltà, io sono più determinata che mai. Non ti sconfiggerò, non posso, sei “bastarda” dentro, sei una “bestia” sconosciuta ma ti affronto tutti i giorni a testa alta.

Cordiali saluti, una combattente nata che non si arrende mai.

Per tutte quelle come me che soffrono di fibromialgia e non siete arrivate a pensarla come me, vi ricordo questo:

La miglior cosa che tu possa fare è credere in te stessa. Non aver paura di tentare. Non aver paura di cadere. E se capitasse levati la polvere di dosso, rialzati e prova ancora.”

Madre Teresa di Calcutta

Le paure per un nuovo lavoro per chi vive con una malattia cronica non riconosciuta

Non state zitti, fatelo sapere a tutti

Oggi non è facile trovare un lavoro, è difficile un po per tutti ma, è ancora più difficile però se questa fortuna capita a qualcuno che soffre di una malattia cronica non riconosciuta.

Dopo tanti colloqui finalmente mi hanno selezionata, inizierò un nuovo lavoro. Così comincia questa testimonianza. Chi scrive è Nancy, un tecnico farmaceutico che soffre di fibromialgia, ansia e problemi gastrointestinali di cui non si conosce ancora la causa.

Ora la parte ancora più difficile è gestire la mia salute. Immagino che per qualcuno che non lotta con malattie croniche o malattie mentali, questo potrebbe non sembrare un problema ma, credetemi, per chi ha una malattia cronica, per altro invisibile, è un problema.

Tanti pensieri mi passano per la testa facendomi preoccupare. E se la mia insonnia peggiora e mi fa sentire peggio? Cosa succede se i miei problemi gastrointestinali (non diagnosticati ancora) si presentano e non riuscirò a mangiare, facendomi sentire sempre stanca, debole e nauseata? Cosa succede se la nebbia (la fibro-fog) è troppo accentuata? E se il mio dolore cronico divampa ed è troppo difficile stare in piedi per un intero turno? potrei andare avanti?

E poi c’è sempre l’ ansia che trova ogni modo per spaventarmi. Tante domande, tanti dubbi. E se non fossi abbastanza brava? Si pentiranno di avermi assunta? E se vengo licenziata? E se ai miei colleghi non piaccio?

Poi sì, c’è di più, mi preoccupo degli esiti di tutte le possibili cose che potrebbero andare storte. Rimarrei delusa, deluderei i miei capi e mio marito che ha dovuto fare molti straordinari mentre io non lavoravo. Se perdo il lavoro, non sarò in grado di iniziare a pagare la mia sfilza di spese mediche. Per riassumere, nel mio cervello, si scatena l’inferno. Io, mi conosco, conosco la mia malattia ma a lavoro, mi comprenderanno? Dentro la mia testa è un vero inferno.

È molto probabile che io stia pensando troppo e mi preoccupi più del dovuto. So che molti di voi lo stanno pensando, ma questo non mi cambia le cose. Mio marito mostra molta fiducia in me. Mi dice sempre che non dovrei preoccuparmi. Mi incoraggia, ed è un bene per me. Gli sono estremamente grata. Vorrei solo che tutto filasse liscio e che duri. Vorrei anche poter dire che sarà facile. Ma non posso. Per me, in virtù della mia storia clinica, sembra improbabile..

Io sono Nancy e state sicuramente pensando che io sia molto pessimista. No, io sono Nancy e sono una persona onesta e non so fingere. Non so voi, ma vi assicuro che sono stanca di fingere.

Nancy è una di noi, noi che soffriamo di fibromialgia e lottiamo anche nei luoghi di lavoro per far capire com’è difficile fare quello che fanno gli altri non malati come noi. Noi affetti da fibromialgia non siamo lavativi, anzi, abbiamo voglia e bisogno di lavorare ma il nostro fisico è debole, la nostra mente è stanca. Lo gridiamo da anni ma nessuno ci ascolta e nessuno ci crede. Da anni si lotta per riconoscere questa malattia, sono passati 30 anni e siamo sempre fermi. Il riconoscere la malattia vuol dire restituire dignità a chi è stato vittima di sopprusi, di angherie, di ingistizia, di prepotenza e di prevaricazioni in tutti questi anni nel mondo del lavoro senza potersi difendersi.

Non state zitti, fatelo sapere a tutti.

Come la fibromialgia condiziona la vita di un genitore.

La testimonianza di un papà fibromialgico che si sente in colpa per essere affetto da fibromialgia.

La festa del papà si avvicina. È il primo che festeggio da quando ho raggiunto una diagnosi definitiva di fibromialgia, una condizione cronica che coinvolge cambiamenti chimici e ormonali che provocano dolore continuo, problemi digestivi, disturbi cognitivi, immunità più debole, sonno scarso, poca energia e così via. Ma sono passati tre anni di sfide e un anno e mezzo da quando mi sono goduto un solo giorno senza dolore.

Odio dover “celebrare” la festa del papà. Ho sempre cercato di essere il miglior papà possibile. Avendo due ragazze, ora di 12 e 13 anni, spesso non riesco a relazionarmi immediatamente con loro rispetto ai ragazzi. Ma ho sempre cercato di capire il loro mondo. Ciò ha comportato giocare con le Barbie, affrontare il dramma delle ragazze delle scuole medie, imparare la moda delle adolescenti, consentire alle più grandi di andare al primo appuntamento senza agitarsi più di tanto, partecipare a un restyling di una giornata alla spa… oltre ad affrontare tantissime altre cose, come rattoppare le ginocchia sbucciate, assistere a ogni partita e recita, aiutare con i compiti.

Ho anche cercato di creare opportunità per i miei figli di scoprire il mondo e, nel processo, di conoscere se stessi mentre si evolvono. Sono sempre stato abbastanza bene fisicamente e spesso sono cresciuto attraverso le sfide. Ho cercato di trasmettere questo alle mie figlie, e ha portato non solo ai momenti in cui le ho viste crescere, ma anche ad alcuni ricordi meravigliosi che porterò per il resto dei miei giorni.

La fibromialgia ha influenzato tutto questo. Non sono stato in grado di costruire in modo proattivo eventi ed esperienze per i miei figli come avrei potuto fare in precedenza. Non si lamenteranno di passare molto tempo in spiaggia: è divertente, ma non è esattamente una grande opportunità di crescita che aiuta a fornire le abilità a cui possono attingere più avanti nella vita. Quindi, anche se all’improvviso non sono un genitore orribile, non sono nemmeno quello che ero. Questo fa terribilmente male, soprattutto perché la mia realtà medica è che non potrò mai tornare completamente al punto in cui ero.

La festa del papà celebra i contributi dei papà alle famiglie. Ma in questo momento sto cercando di reinventare come farlo, come essere più di quello che sono attualmente mentre imparo ad accettare che non tornerò mai completamente al punto in cui ero una volta. Dato che attualmente sono agitato e frustrato, è difficile sentirsi come se mi stessi guadagnando i riconoscimenti. In effetti, sembra un punto culminante non intenzionale dei miei nuovi difetti.

Da ragazzo, so di essere vittima delle aspettative culturali che mi risucchio in silenzio. Ma amo i miei figli così intensamente e non posso sopportare fisicamente le cose che facevamo, o anche altre cose che altrimenti potrei provare; Non posso semplicemente resistere. Quindi, invece di continuare a fare il soldato, sono seduto qui, sentendomi un fallito nonostante le carte per la festa del papà direbbero diversamente. So di essere eccessivamente duro con me stesso, ma è così che mi sento.

Per me, non c’è niente di positivo in questo; non è: “guarda il lato positivo…”; non è: “una porta si chiude e un’altra si apre” per favorire l’ottimismo. Il tempo continua a scorrere. Le ragazze continuano a crescere. Continuo a provare, e probabilmente a fare del mio meglio per non rovinarli nonostante la mia “impotenza”. Mi suonano nelle orecchie le voci delle mie figlie: “Papà, ricordi quando mi hai strappato il cerotto dal ginocchio e io ho urlato?”

Il mio amore per i miei figli significa che non smetterò mai di cercare di essere il miglior papà che posso riuscire a essere nonostante tutte le difficoltà.

Se potessi parlare con gli studenti delle scuole di medicina della fibromialgia, ecco cosa direi.

Questa non è la mia storia, è la storia di Ashley Nestler MSW la quale, dopo molteplici traumi, tra cui abusi sessuali ed emotivi, bullismo e molestie, ha vissuto delle gravi crisi di salute mentale, in seguito a questo ha scoperto di essere affetta da fibromialgia, perché nota al Servizio Sanitario del suo paese, per il suo passato, ha lottato e lotta ancora pesantemente per rompere lo stigma, ormai frequente tra alcuni medici, di etichettare i pazienti affetti da fibromialgia a pazienti affetti da malattie mentali.

La sua storia è pubblica sul sito: https://themighty.com/ , e la condivido perché, molti pazienti che hanno lo stesso trascorso di Ashley, sappiano che, se credono di avere i sintomi della fibromialgia, non devono farsi fregare ma, lottare, lottare e lottare, non arrendetevi, il vostro passato, il vostro vissuto, non c’entra con la fibromialgia, pretendete rispetto e una sorta di cura per alleviare i vostri dolori. Non è facile ma, provateci.

La mia esperienza con la fibromialgia, racconta Ashley è come, molto probabilmente simile a tanti voi. Spesso, molto spesso, non veniamo presi sul serio. Mi ci è voluto molto tempo per avere una diagnosi e il mio dolore e i miei sintomi venivano considerati non veri, ma “spazzatura”. Essere trattata così mi ha fatto soffrire di più e i miei sintomi si avvertivano più intensamente e con più frequenza.

Detto questo, se fossi invitata a parlare in una scuola di medicina sulla fibromialgia, vorrei principalmente discutere della gravità della malattia. Tante volte, la fibromialgia è minimizzata, anche se ha un impatto su ogni aspetto della vita di un individuo. Vorrei esortare gli studenti di medicina a esaminare di più la malattia e il modo in cui influisce sulla capacità di un individuo quotidianamente. Molti di noi lottano con poca comprensione da parte dei professionisti e spesso può essere difficile trovare cure mediche adeguate. Vorrei sottolineare l’importanza di curare la fibromialgia come una grave malattia per migliorare la qualità della vita di coloro che convivono con essa.

Vorrei raccontare agli studenti di medicina la mia storia personale di convivenza con la fibromialgia e di come ha limitato la mia vita e la mia capacità di perseguire molte cose. Vorrei che gli studenti si rendessero conto di quanto il tempo e le temperature influiscano notevolmente e quotidianamente nella mia vita, nelle mie attività e come finisco per passare la maggior parte del mio tempo a cercare di capire come gestire i miei sintomi. Raccontare agli studenti di medicina la gravità dei miei sintomi mi farebbe sentire come se fossi ascoltata. Trovo che raccontare la mia storia aiuti gli altri a capire la condizione meglio di quanto qualsiasi libro di medicina possa mai fare.

Vorrei che gli studenti di medicina sapessero che quando è estate, trascorro la maggior parte del mio tempo con l’aria condizionata perché il caldo fa infiammare i miei sintomi. Non posso uscire e godermi il sole perché il caldo spesso finisce per farmi sentire come se avessi l’influenza. Vorrei anche che gli studenti di medicina sapessero che quando è inverno, il freddo fa male al mio corpo come se fosse lacerato muscolo dopo muscolo. Sia che faccia caldo che faccia freddo, poco importa sono facilmente influenzata dal primo e dal secondo e questo limita molto di quello che posso fare nella mia vita. Spesso mi sento come se stessi inseguendo i miei sintomi e anticipando circostanze che potrebbero peggiorare i miei sintomi.

Ma soprattutto vorrei che gli studenti di medicina capissero quanto sia volubile la fibromialgia e quanto piccoli cambiamenti ambientali possano avere un profondo impatto sui sintomi. Vorrei che gli studenti di medicina capissero che non ci sono molti trattamenti medici disponibili per le persone con fibromialgia, molti di noi che assumono farmaci antidepressivi e antiepilettici, approvati per la fibromialgia, a causa delle interazioni che si verificherebbero con gli altri farmaci che stanno assumendo per problemi di altra natura, non sono in grado di sopportarli. La maggior parte delle volte devo gestire i miei sintomi da sola usando delle tecniche come usare asciugamani rinfrescanti in estate e cuscinetti riscaldanti in inverno, cercando anche di usare movimenti delicati e cambiamenti nella dieta insieme a integratori a base di erbe per gestire il dolore. Vorrei anche sottolineare come la stanchezza e la nebbia del cervello siano parti importanti della mia malattia e mi richiedano di riposare molto.

Vivere con la fibromialgia non è facile e, se potessi parlare con gli studenti di medicina, vorrei mettere in evidenza i vari aspetti della malattia che limitano gravemente ciò che sono in grado di fare nella mia vita quotidianamente. Vorrei sottolineare quanto sia grave questa malattia e come influisca su ogni aspetto della mia vita. È giunto il momento di prendere sul serio la fibromialgia e spero che gli studenti di medicina possano ascoltare storie di vita reale da coloro che convivono con la malattia per creare più empatia per quelli di noi che lottano quotidianamente.

Personalmente sono d’accordo con Ashley, penso che raccontare la nostra storia aiuti gli altri a capire le nostre condizioni meglio di quanto qualsiasi libro di medicina possa mai fare.

Tu, cosa vorresti che i medici capissero della tua fibromialgia?

Svolta sulla Fibromialgia?

Nuovi studi confermano di una malattia autoimmune

Se hai la fibromialgia e il dolore continuo che ne deriva, per la prima volta questo affascinante studio dall’Inghilterra spiega perché ce l’hai – e sapere PERCHÉ significa che hai nuovi strumenti per correggere il problema in modo intelligente. Apparentemente, questa (e altre) ricerche mostrano che la fibromialgia è dovuta all’infiammazione e al danno delle cellule nervose del corpo che funzionano specificamente per percepire il dolore. Ma la svolta che abbiamo ora, l’infiammazione e il danno provengono direttamente da anticorpi fuori controllo che attaccano queste cellule – AKA, autoimmunità.

La fibromialgia è la seconda malattia più comune diagnosticata dai medici che studiano il sistema immunitario. La loro precedente convinzione (un decennio fa) era che la fibromialgia fosse il risultato di anomalie nel cervello e persino di fattori psicologici del tipo “metteteli in una stanza imbottita“. Queste convinzioni precedenti vengono ora gettate nella spazzatura poiché gli ultimi studi mostrano che il sistema immunitario è praticamente andato in tilt e sta attaccando i nervi e persino le cellule cerebrali.

Dal topo agli uomini

Mentre le persone con fibromialgia hanno aumentato i tassi di varie cellule autoimmuni, lo studio che ha davvero messo il chiodo nella barra sull’autoimmunità come causa della fibromialgia è stato condotto l’anno scorso (2021) dagli scienziati del King’s College di Londra e dell’Università di Liverpool.

I ricercatori hanno ipotizzato che se l’autoimmunità fosse davvero alla base della fibromialgia, potrebbero verificarlo rimuovendo gli anticorpi da noi umani con fibromialgia e iniettandoli nei topi e vedere cosa succede. Se i topi sviluppano la fibromialgia – Bingo! Abbiamo prove che gli anticorpi stanno attaccando i nervi e i tessuti sani! A proposito, chiedilo anche ai topi oggetto dello studio, non devi parlare per dimostrare che i sintomi della fibromialgia sono presenti. a quanto pare può essere misurato testando cose come la sensibilità al caldo e al freddo – forza di presa ecc.

I risultati

Bene, abbastanza sicuro, dopo aver iniettato ai topi anticorpi da pazienti affetti da fibromialgia umana, sono iniziati i problemi ai topi. Ciò includeva una maggiore sensibilità al caldo e al freddo, movimenti anormali e cambiamenti nella densità dei nervi se osservati al microscopio.

Per assicurarsi che non fosse solo l’infilarsi di roba nel topo a causare i problemi, gli scienziati hanno anche prelevato anticorpi da persone che NON avevano fibromialgia e li hanno iniettati in un diverso gruppo di topi. I topi punti con anticorpi di esseri umani sani non hanno avuto alcun problema. Solo i topi che hanno ricevuto anticorpi da pazienti con fibromialgia hanno sviluppato sintomi di fibromialgia. Questo dimostra senza dubbio che il sistema immunitario è coinvolto nella fibromialgia.

Perché la Fibromialgia è in aumento?

In uno studio del 2013 che ho rintracciato sulla fibromialgia, i medici hanno affermato che ha colpito l’1,1% della nostra popolazione circa 10 anni fa. Oggi è circa raddoppiato e colpisce il 2% della popolazione e l’80% sono donne (un altro studio dice che il 90% sono donne). Questo raddoppio della malattia in meno di 10 anni suggerisce chiaramente che i fattori ambientali piuttosto che genetici sono dietro la tendenza. In effetti, Harvard e dozzine di altri centri di ricerca stanno dimostrando che composti noti come EDC possono alterare la funzione del sistema immunitario e provocare autoimmunità. Gli EDC si trovano in quantità elevate in molti prodotti di consumo e in particolare in cosmetici, fragranze, smalti per unghie, creme e prodotti per capelli. Le donne ne usano più degli uomini?

Per quanto riguarda l’ultima domanda che ho appena posto, ho incluso un altro studio di seguito. Questo ha studiato la capacità degli EDC di alterare la capacità del nostro sistema immunitario di funzionare correttamente. Interessante no?

Questi studi sono stati segnalati in Science Daily, 1 luglio 2021, sotto vengono riportati tutti i collegamenti:

Review of study (in layman’s terms)

showing Fibromyalgia caused by Autoimmunity

https://www.sciencedaily.com/rel…/2021/07/210701120703.htm

Original mouse study showing injected antibodies cause Fibromyalgia

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC8245181/

Study showing EDCs alter immune system

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/30743143/

Summary of Fibromyalgia and autoimmunity. Not from National Library of Med but good review

https://www.verywellhealth.com/autoimmunity-neuroinflammation-in-fibromyalgia-5197944

Study showing environmental factors mimic the immune system and can cause autoimmunity

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/30743143/