Articolo apparso su : https://www.healthdesk.it/ il 10 marzo 2023, ore 18:20.
Dopo un ricovero per infezione da SARS-CoV-2, il 15% dei pazienti sviluppa fibromialgia, percentuale che sale al 26% nel sesso femminile.
È quanto risulta dai dati raccolti da ricercatori dello Sheba Medical Center in Israele e pubblicati di recente su PLOS One analizzando circa 200 pazienti ricoverati per Covid-19 nel 2020: l’87% ha avuto almeno un sintomo correlato alla fibromialgia dopo essere guarito dall’infezione, il 15% ha sviluppato la sindrome nei cinque mesi successivi. Fra le donne l’incidenza è stata del 26%, sei volte maggiore rispetto alla popolazione generale; i sintomi più comuni, presenti ciascuno in oltre un caso su due, sono stanchezza, disturbi del sonno e dolori muscolari e articolari.
Se ne è parlato in occasione del Corso sul dolore acuto e cronico, dalla ricerca alla clinica organizzato dall’Istituto tumori Pascale di Napoli dal 9 all’11 marzo.
Anche in Italia l’incidenza della sindrome è in forte aumento nella popolazione generale e dopo la pandemia i casi di fibromialgia sono in continua crescita: oggi si stimano circa 2 milioni di casi.
«La fibromialgia è una sindrome “misteriosa” – spiega Arturo Cuomo, direttore della Struttura complessa di Anestesia, rianimazione e terapia antalgica del Pascale – di cui per lungo tempo è stata messa in dubbio perfino l’esistenza. Oggi è riconosciuta come patologia reumatica extra-articolare, ma resta un problema spesso diagnosticato con grande ritardo e qui al Pascale siamo fortemente impegnati a scongiurare che accada, evitando che i pazienti per mesi o anni si sottopongano a visite da diversi specialisti prima di dare un nome al proprio disturbo».
La fibromialgia giovanile colpisce il 2-6% di bambini e adolescenti, soprattutto femmine, e «in questi casi – sottolinea Marco Cascella, responsabile dell’HUB del dolore del Pascale – è ancora più essenziale intervenire per garantire una buona qualità di vita e per scongiurare conseguenze sul benessere psicologico: ricerche recenti hanno dimostrato alterazioni nelle aree cerebrali deputate all’elaborazione del dolore e nella corteccia frontale, in zone connesse alla regolazione ed elaborazione delle emozioni».
La cura della fibromialgia può includere anche miorilassanti e antidolorifici, ma i trattamenti sono per lo più non farmacologici e soprattutto personalizzati, con interventi sullo stile di vita, educativi e psicoterapeutici. Purtroppo, però, la fibromialgia non è inclusa nell’elenco delle patologie croniche e quindi nei Lea: «I pazienti non hanno diritto a esenzioni per visite, esami e terapie – osserva Cuomo – e questo complica non poco la gestione della sindrome, per la quale sarebbe importante creare percorsi adeguati così da ridurre i tempi per la diagnosi e garantire una presa in carico assistenziale adeguata in centri con esperienza nel campo».
La sottoscritta, aveva già pubblicato un articolo, lo trovate qui:
http://www.cittadinanzattivatoscana.it/?s=long+covid
dove, io e l’amica Tiziana Lazzari avevamo fatto emergere questo problema, si scriveva già a maggio del 2021 che : “Tutti i Paesi dell’UE sono colpiti da questo nuovo fenomeno”.
Speriamo si prendano provvedimenti al più presto, nel campo della ricerca per una soluzione scientifica valida, per evitare che il numero della percentuale aumenti a dismisura.