Fibromialgia e potere

Quanto interessa la fibromialgia ai mezzi di comunicazione di massa.

Ho letto di questo argomento su una piattaforma spagnola, l’articolo è di Alfonso Pedrosa, un giornalista specializzato in ambito sanitario, consulente in intelligenza applicata e innovazione sociale nella salute, editore della piattaforma Synaptica.es dove si raccontano storie legati all’informazione sanitaria e all’innovazione sociale.

Nell’articolo il giornalista racconta di una sua esperienza durante un seminario sulla fibromialgia organizzato da filosofi delle Università del Cile e di Siviglia. Si trattava di riflettere da diverse prospettive professionali, clinica compresa, su questa sconcertante malattia che colpisce in larga parte le donne. Gli fu chiesto di condividere alcune idee su come questo tema viene trattato nel mondo del giornalismo. Pedrosa ha scritto di essere rimasto sorpreso dal fatto che alcune delle persone con le quali ha condiviso una sessione di lavoro, tutte di riconosciuto livello intellettuale, non si fossero rese conto, fino a quel momento, che la fibromialgia non è rilevante per i mezzi di comunicazione di massa dell’ecosistema dell’informazione spagnola. Tiene a precisare però che, nonostante la fibromialgia non fosse presente nelle grandi agende del settore della comunicazione, non significa che non ci sia sempre stato un interesse sociale su questo problema.

Secondo Pedrosa, la fibromialgia non è un grosso problema mediatico, per diversi motivi. Tra questi, vale la pena evidenziare gli stessi profili imprecisi della descrizione clinica della malattia, che rendono difficile semplificare i messaggi, un processo fondamentale per l’esistenza di un racconto mediatico. Inoltre, la fibromialgia attualmente non ha un’eziologia identificata o un trattamento farmacologico di riferimento che abbia efficacia curativa. Ciò implica che tale patologia esuli dal circuito degli interessi che associano una certa malattia al mercato della farmacologia e ai servizi sanitari, che la separa dalle aspettative imprenditoriali dei media, che sono società che hanno un costo economico. La Spagna è affondata e sta attraversando gravi difficoltà di sostenibilità finanziaria nel campo del giornalismo, carta stampata si intende; una situazione che ha causato la distruzione di circa 12.000 posti di lavoro nei media spagnoli tra il 2008 e il 2014. Si può semplicemente dire che non c’è nessuno, eccezioni a parte, che con un livello minimo di competenza e il necessario grado di specializzazione, possa parlare di fibromialgia nei media con continuità. D’altra parte, i media hanno agito da specchio dell’agenda politica, un ruolo che si è intensificato negli ultimi tempi date le difficoltà finanziarie. Vale la pena puntualizzare, in questo senso, che la scarsa (seppure esistente) presenza della fibromialgia negli argomenti trattati dai grandi media sia senz’altro determinata dall’interesse della politica verso il mondo delle associazioni di pazienti legate a questa patologia.

La fibromialgia non è rilevante per i media nell’ecosistema informativo spagnolo e, tuttavia, suscita interesse sociale“.

La fibromialgia interessa il pubblico, afferma Pedrosa, infatti le ricerche del termine “fibromialgia” su Google effettuate in Spagna superano di gran lunga le 40.000 al mese. Se questo interesse viene confrontato con quello per il termine “diabete”, ad alta incidenza e prevalenza, con una numerosa schiera farmacologica, inclusione standardizzata nel portafoglio dei servizi delle organizzazioni sanitarie, esistenza di un forte movimento associativo di pazienti, presenza mediatica consolidata, ecc., il numero di ricerche mensili è approssimativamente lo stesso. In effetti, a questo punto è evidente che la fibromialgia sia un argomento decisamente interessante. Ma non fa parte del business dei media tradizionali di oggi.

In pratica, afferma Pedrosa, è una storia invisibile.

Significa che la fibromialgia come notizia esiste ma è invisibile? In un certo senso è così; allo stesso modo in cui i suoi costi diretti e indiretti sono invisibili. La fibromialgia potrebbe non interessare i media. Perché la storia di questo problema di salute, come in tanti altri casi, è mutata e si è spostata di palcoscenico in palcoscenico: il pubblico si è frammentato e gli intermediari, che non si adattano, sono scomparsi. Questi sono tempi di nano – media e micro – politica. In altre parole, la fibromialgia è nella conversazione di persone che si sentono direttamente o indirettamente sfidate da questa malattia e nella sua espressione nel mondo di Internet e dei cosiddetti social network. Senza chiedere il permesso di farlo ai media o alle solite agende politiche.

Il 12 maggio si è celebrata, come negli anni precedenti, la Giornata Mondiale della Fibromialgia. L’interesse dei media, in Spagna, in questa occasione utile per dare visibilità alla malattia e alle persone che ne soffrono, è stato limitato. Tuttavia, in uno dei social network di riferimento, Twitter, l’hashtag #fibromialgia ha articolato un interessante mix conversazionale: quel giorno si sono generate 3.320 relazioni tra 2.378 utenti di Twitter che hanno condiviso messaggi sulla #fibromialgia organizzati in ben 426 diverse community. Senza addentrarci nell’enorme quantità di informazioni che possono essere estratte da queste reti attraverso tecniche di Social Network Analysis (ARS) con l’ausilio di software di estrazione e visualizzazione dei dati, analizzando i report prodotti dopo le ricerche a tema, si può affermare che quel giorno hanno parlato di fibromialgia in rete attori di diversi profili e vari interessi: persone interessate, associazioni di pazienti, politici, media specializzati in questo problema di salute, celebrità occasionali e, in generale, chiunque volesse condividere un messaggio in merito. Indubbiamente, se, come dice il Manifesto Cluetrain (uno dei testi eponimi della cultura collaborativa della Rete), i mercati sono conversazioni, lo è anche la fibromialgia.

Internet apre sempre nuove arene per la conversazione, le storie non si raccontano più a bassa voce nella cattedrale di chi custodisce il cosiddetto sapere: ora si possono gridare anche al bazar dietro l’angolo, o comodamente seduti in poltrona nella propria casa.

Chiunque senta di avere qualcosa da contribuire a rendere il mondo un posto migliore, ha la stessa responsabilità, in questo processo di cambiamento culturale, degli stessi cittadini che non si sono evoluti”.

Questo caso è un ulteriore esempio del potere di Internet come catalizzatore tecnologico del profondo processo di cambiamento culturale vissuto soprattutto dalle società occidentali consapevoli di vivere in un mondo globalizzato. E dà un’idea del potere che in questo passaggio alla società in rete (Castells) hanno in mano le persone, compresi coloro che soffrono di fibromialgia, di intervenire efficacemente sulla realtà. Anche se nella maggior parte dei casi non ne sono consapevoli. Pertanto, è di fondamentale importanza non solo l’immersione digitale delle voci che vogliono intervenire nella conversazione sulla fibromialgia, ma l’accompagnamento delle persone nella sfida della vera partecipazione dei cittadini nel prendere decisioni importanti per la società; tenendo sempre presente, senza dubbio, che la partecipazione è un trasferimento di potere e il potere non viene mai ceduto volontariamente da chi lo detiene. Si apre così un’opportunità per trasfondere informazioni che germogliano in conoscenza, in coscienza critica, in consapevolezza critica, nella disponibilità ad intervenire efficacemente nella realtà.

I miei amici filosofi del seminario sulla fibromialgia sono rimasti sorpresi dalla descrizione di questo scenario: c’è vita fuori dall’Accademia, mi hanno detto, ottimisticamente. Il che implica che l’Università, senza dubbio, e in generale chiunque senta di avere qualcosa da contribuire per rendere il mondo un posto migliore, ha tanta responsabilità di fronte a questo processo di cambiamento culturale quanto la stessa cittadinanza che non si è ancora risvegliata.

Questa è la situazione in Spagna descritta da Pedrosa. Come è vista la fibromialgia in Italia?

Ho fatto la stessa cosa, con un software gratuito, che mi ha permesso di verificare quante volte è stato cercato il termine “fibromialgia” in Italia: sono riuscita ad ottenere una classifica per Regioni e i vari termini secondari più o meno collegati al termine stesso. Come ultima elaborazione statistica ho messo a confronto, all’interno del medesimo arco temporale, la quantità di ricerca in rete del termine “Fibromialgia” con quella del termine “Influenza Stagionale”.

Il dato riportato nel grafico riguarda la ricerca confrontando due termini nello stesso periodo temporale

Come si può osservare dal grafico, la linea di colore blu indica la fibromialgia, quella rossa, l’altro termine ricercato cioè, influenza stagionale. In un solo anno, è questo l’arco temporale, il termine fibromialgia è nettamente superiore.

Analizziamo ora la ricerca dello stesso termine, fibromialgia, diviso per Regioni:

Periodo di riferimento: 01/02/2022 – 01/02/2023 Ricerca per Regione del termine Fibromialgia
Regione
Molise100
Sardegna90
Calabria89
Abruzzo78
Basilicata77
Valle d’Aosta74
Sicilia73
Puglia70
Liguria69
Umbria66
Campania66
Marche65
Toscana64
Emilia-Romagna63
Piemonte58
Lazio57
Veneto56
Friuli-Venezia Giulia56
Trentino-Alto Adige54
Lombardia49

Come si può notare dalla tabella, la regione Molise è quella che ha fatto più ricerca rispetto alle altre, fanalino di coda, la Lombardia.

Analizziamo ora la tabella che elenca i vari termini più o meno collegati alla parola “fibromialgia”. FATE ATTENZIONE, QUESTA E’ QUELLA PIU’ INTERESSANTE

Fibromialgia: 01/02/22 – 01/02/23 e Termini Associati più cercati solo in Italia
TOP
fibromialgia100
fibromialgia sintomi22
la fibromialgia12
fibromialgia sintomi iniziali3
fibromialgia cura3
fibromialgia cure3
fibromyalgia3
artrite2
reumatologo2
fibromialgia cause2
fibromalgia2
fibromialgia gambe sintomi2
sintomi della fibromialgia2
diagnosi fibromialgia1
fibromialgia terapia1
dolori muscolari1
fibromialgia autoimmune1
fibromialgia tender points1
fibromialgia muscolare1
tender points1
artrite reumatoide1
fibromialgia reumatica1
fibrosi cistica1
fibromialgia non curata conseguenze1
fibromialgia invalidità civile 2022< 1
RISING (Termini in Crescita)
fibromialgia non curata conseguenzeImpennata
fibromialgia invalidità civile 2022Impennata
tizanidinaImpennata
visita reumatologicaImpennata
fibromialgia riconoscimento invalidità 2022Impennata
fibrosi polmonareImpennata
spondiloartriteImpennata
sindrome gambe senza riposoImpennata
fibrofogImpennata
reumatologo cosa curaImpennata
fibromi penduli+4.950%
come diagnosticare la fibromialgia+300%
fibromialgia gambe sintomi+110%
sintomi della fibromialgia+60%
fibromialgia terapia+50%
fibrosi cistica+40%

Guardate quali sono i termini indicati nella tabella (IN CRESCITA). Sono molto significati e parlano da soli

Cosa aggiungere di più. C’è un proverbio molto famoso che recita così:

Paese che vai, usanza che trovi

Ogni Paese ha le proprie usanze e i propri costumi. In senso lato, ciascun Paese ha il proprio modo di affrontare una determinata vicenda. Per quanto riguarda la fibromialgia, chissà perché, l’atteggiamento è lo stesso.

Rosaria Mastronardo

Giù la maschera

Nelle trasmissioni televisive a descrivere le sofferenze di un malato fibromialgico dovrebbero essere invitati i malati, mentre in medici, seduti di fronte, relegati ad ascoltare le loro testimonianze e le numerose domande, rimaste senza risposte ormai da anni.

Ieri in una nota trasmissione su RAI3, che si occupa di salute, si è parlato della fibromialgia ed è stato invitato in trasmissione un noto professore, dicasi esperto della malattia.

È stato anche mandato in onda un breve filmato con relativa intervista ad una donna fibromialgica, presentandola con nome e cognome, ma dimenticando di menzionare che la signora è la Vicepresidente della stessa associazione citata in trasmissione dal noto professore, che ne è invece il presidente. Tutto preparato e finalizzato all’assimilazione del concetto: “aiutati che il ciel ti aiuta”.

Non commento quello che il noto professore “fibrostar” ha riferito sulla malattia, io non sono un medico, sono una donna affetta da questa malattia dal 2015 e, come subìto dalla signora del filmato, la fibromialgia mi paralizzò le gambe. Trascorse quasi un anno prima di avere una diagnosi, perché, ripetendo le testuali parole usate dai medici durante il mio ricovero in ospedale, ero “sana come un pesce”. Avevo solo la fibromialgia. Mi dissero anche che non sarei guarita, mi dissero che non vi erano farmaci per curarla, che non sapevano cos’avesse scatenato la malattia e che era cronica. Ricordo che “cronica” significa: tutta la vita da convivere con una determinata malattia.

Piano terapeutico trimestrale con farmaci che dovevano solo alleviare il dolore. Farmaci con principi attivi come il pregabalin utilizzato per trattare l’epilessia, il dolore neuropatico e il disturbo d’ansia generalizzata negli adulti e la duloxetina, che è un inibitore della ricaptazione di serotonina e noradrenalina. Agisce impedendo ai neurotrasmettitori 5-idrossitriptamina (chiamata anche serotonina) e noradrenalina di essere riassorbiti dalle cellule nervose di cervello e midollo spinale.

Ecco cosa prescrivono ai fibromialgici, questo non è stato detto in trasmissione e non è neppure stato detto che questi farmaci creano dipendenza. Non è stato detto che non esistono farmaci specifici per la fibromialgia e che per questo motivo (forse) il mondo della medicina ha pensato di prendere a prestito i farmaci usati nella sfera psichiatrica, e non si voglia approfondire il motivo che ha fatto ricadere su questa scelta. Si comincia con piccole dosi e poi, via via, il corpo si abitua al farmaco, ma il dolore non passa, e se ritorni dal medico per riferirglielo, lui aumenta la dose. Alla fine, diventi completamente dipendente dal pregabalin e dalla duloxetina e ti riduci come uno “zombie”, con seri problemi di movimento e di attenzione, che possono arrivare ad incidere, anche pesantemente, sulla guida di veicoli e la conduzione di macchinari.

Con tutte queste sostanze in circolo nel tuo corpo e con il dolore che non si è affatto affievolito, tu, donna, uomo, devi continuare a fare tutto quello che facevi prima.

Nessuno ci riesce, nessuno. Questo, NON È STATO DETTO. Non sono state dette tante cose, tantissime, e come sempre invece di dare voce ai malati si dà voce al medico/specialista, presidente di una associazione che dovrebbe tutelare i malati, anche facendosene portavoce davanti allo Stato.

NON SI È PARLATO: delle difficoltà negli ambienti di lavoro;

NON SI È PARLATO: della rinuncia al posto di lavoro, dei licenziamenti “per giusta causa”;

NON SI È PARLATO: dell’isolamento ai quali sono relegati i fibromialgici;

NON SI È PARLATO: delle difficoltà in famiglia;

NON SI È PARLATO: del costo che le famiglie devono sostenere a causa dell’assenza dell’aiuto sanitario.

Il professore ha omesso di dire che l’OMS, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, istituita nel 1948, che è l’Agenzia delle Nazioni Unite specializzata per le questioni sanitarie e tanto nominata durante la pandemia, definì la fibromialgia come una malattia reumatica riconosciuta cronica nel 1992, anno in cui venne inclusa nella decima revisione dello International Statistical Classification of Diseases and Related Health Problems (ICD-10, codice M79-7), entrata in vigore il 1° gennaio 1993. L’OMS in tale frangente indicò a tutti gli Stati membri, di prendersi carico della cura e del miglioramento della vita quotidiana di questo tipo di malato, lasciandone però liberi i percorsi da attuarsi.

NON SI È DETTO che sono passati più di 30 anni da allora, e che le Istituzioni italiane in tutto questo tempo non hanno MAI riconosciuto questa malattia cronica ed invalidante.

Sia la signora in collegamento da Roma, che il professore in studio, hanno fatto riferimento, per “sollevare” i fibromialgici dal peso del loro dolore cronico, all’”autogestione” del paziente. La signora del filmato, inoltre, invitava al movimento. Avete provato a camminare anche lentamente con i dolori della fibromialgia? Io sì. E vi posso assicurare che non è affatto piacevole, anzi è un tormento quasi insopportabile. Lo faccio anch’io, perché è l’unico consiglio che danno a tutti i malati affetti da fibromialgia, ma nessuno capisce la fatica e il dolore che si prova nel sollecitare piedi e arti colpiti da fibromialgia.

Non si è detto neppure che la fibromialgia NON è una malattia causata da uno stato d’animo mutevole, e che non è solo una malattia che produce dolore; provoca stanchezza, insonnia e numerosi altri sintomi, tanti, tantissimi, forse quest’ultima cosa mi sembra di averla sentita, molto sommariamente, ma nessuno ha detto in studio che i sintomi sono più di 200.

Questa maledetta malattia colpisce anche con diversi livelli di incomprensione dal mondo esterno, fra quelli più rilevanti e importanti si trova l’incomprensione da parte di una serie di medici che rifiutano di aggiornarsi ed approfondire le conoscenze professionali sulla patologia fibromialgica, e che continuano a conservare antichi preconcetti nati nei secoli scorsi, quando la malattia era considerata di origine psicosomatica, come si soleva dire, di etiologia “non organica”. Non essendo ancora partita la famosa formazione dei medici di medicina generale, va da sé che chi di noi si imbatte in questo tipo di medico, subisce un approccio velatamente psichiatrico, come se la malattia fosse davvero mentale. A parte l’affronto psicologico subìto in ambulatorio, che può fare danni a livello di autostima, si tratta di un vero e proprio errore concettuale diagnostico. La scarsa conoscenza della malattia da parte di questi medici può essere letale. Sono medici che di fibromialgia ne sanno meno dei pazienti stessi, medici che applicando i soliti protocolli standard, se ne lavano le mani, prescrivendo le solite terapie a tutti in barba agli insegnamenti di Ippocrate, medici che non si aggiornano sulla letteratura scientifica da decenni, e nonostante ciò si permettono di pontificare sulla nostra responsabilità di autogestione della malattia e ci raccomandano di risollevarci il morale facendo passeggiate all’aria aperta, che ci suggeriscono di fare nuoto, ginnastica dolce, yoga, pilates, o di integrare con terapie non convenzionali come ad esempio la cannabis terapeutica (e qui si aprirebbe un mondo a parte).

Un altro importante livello di incomprensione è quello della responsabilità amministrativa e politica dello Stato, che sta da anni trascurando, anzi ignorando, attraverso le Istituzioni preposte, questi malati mantenendo una perenne inerzia fatta da un passo avanti e uno indietro, come si trattasse del famoso filo di Arianna. Tutto ciò aggravato dalla presenza di 20 autonomie legislative regionali in materia sanitaria, che creano discriminazione e privilegi a seconda della regione di residenza. Di ciò ha accennato anche il professore in studio. La cosa peggiore è che per opporsi a questa ingiustizia, devi prima essere in grado di alzarti e lottare, ma purtroppo molti pazienti non sono fisicamente in grado di farlo, ricordiamoci che i farmaci prescritti a dosi sempre più alte annichiliscono il paziente, e consapevoli di ciò, in molti se ne approfittano, a cominciare dal “ciarlatanaggio svuota-tasche” di ogni tipo: cure miracolose, diete miracolose, integratori miracolosi, soprattutto terapie miracolose. C’è tutta un’eletta schiera di avvoltoi che gira sulle nostre teste, che ci considera galline dalle uova d’oro, e molto spesso, si sa, i lupi portano i vestiti dell’agnello.

Personalmente, come malata ma anche come volontaria e facilitatrice di gruppi di auto-aiuto a tema fibromialgia, in cui incontro ed ascolto tante donne e uomini nelle stesse mie difficoltà, mi sarei aspettata qualcosa di più dal servizio mandato in onda, dal professore e dalla vicepresidente dell’associazione. Forse quei dieci minuti di servizio creano più danno che guadagno alla nostra situazione.

Basta “vetrine” pubblicitarie acchiappa-soci per le associazioni, basta chiacchiere da salotto tv, siamo stanche di essere prese in giro.

Un riconoscimento che tarda da 30 anni è una vergogna per il Paese, di QUESTO dovete parlare, si tratta di una vera e propria omissione di soccorso verso una schiera di almeno due milioni di concittadini malati fibromialgici considerati dalla legge normo-abili al lavoro. Se l’articolo 1 della nostra amatissima Costituzione sancisce che l’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro, nel nostro caso questo dettato costituzionale non ha applicazione pratica, non viene tutt’ora fatto nulla affinché possiamo godere di tutte le tutele di cui abbiamo diritto come lavoratori, al pari di altri malati cronici normalmente valutati in commissione disabilità INPS, a cominciare dal diritto negato di poter essere inseriti nelle liste di collocamento mirato in base alla legge 68/99, per finire con l’avere rispetto della nostra effettiva, spesso grave riduzione della capacità lavorativa, mai quantificata, poichè allo stato attuale dell’arte, normativamente parlando, ci si colloca nell’invisibilità totale, nell’oblio, nell’indifferenza.

Basta commedie teatrali, basta fingere interesse per la questione fibromialgica. Non la si può più liquidare sommariamente in dieci minuti di trasmissione.

Il proverbio dice “Fra il dire e il fare…”

Ebbene, abbiamo permesso tanto DIRE, anche a sproposito, ma ora è il momento di FARE qualcosa per noi, ed anche il giornalismo di stampo nazionale ed istituzionale se ne deve prendere ampiamente carico, è una questione di coscienza, il vero giornalismo di cronaca ce l’ha, la coscienza.

Rosaria Mastronardo