L’araba fenice

Questa è la mia storia, una parte della mia vita vissuta con una malattia cronica ed invalidante. L’ho scritta in pieno periodo del lockdown. Oggi, nel 2023, non siamo più chiusi in casa e il virus SARS-CoV-1 è diventato una semplice influenza, così dicono gli scienziati.

Ricordo che era il 31 dicembre 2019 e la Cina comunicava la diffusione di un “cluster” di polmoniti atipiche di origine virale. Da quella data, panico nel mondo. C’è chi minimizzava e chi enfatizzava. Alcuni Stati, come l’Italia, senza un Piano di Emergenza per una Pandemia, ci chiudono in casa ed io per non annoiarmi, oltre a lavorare da casa, mi mettevo a scrivere. Pensai che sarebbe stato interessante scrivere un libro sulla vita di chi vive con una malattia cronica, attraverso le testimonianze delle dirette interessate, cioè di chi, tutti i giorni, con i figli, con un lavoro o senza, vive, si fa per dire, con una malattia cronica ed invalidante, non riconosciuta dall’Italia ma definita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) come una malattia reumatica inclusa, nello stesso anno, 1992, nella decima revisione dello International Statistical Classification of Diseases and Related Health Problems con questo codice: ICD-10, codice M79-7, entrata in vigore poi il 1° gennaio 1993. Mi hanno sempre fatto credere che io avessi la fibromialgia per poi scoprire, in seguito, per puro caso, di non avere solo quella ma, altro, molto altro di più. Di quello che scoprirò dopo la fibromialgia, ho intenzione di raccontarlo in seguito, si comincia da qui, dalla Fibromialgia.

La mattina è sempre più difficile alzarsi: è durissima, ma devo lavorare. Non posso ancora andare in pensione: sono ancora troppo giovane secondo i regolamenti.

Compirò 61 a luglio del 2023, ma anche se lavoro da tanto tempo non ho i contributi sufficienti che mi permetterebbero finalmente di godermi un po’ di riposo.

Ho sempre contratto problematiche di salute da piccola. All’età di tre anni, sono stata operata alle tonsille perché non respiravo bene: mi hanno levato anche le adenoidi. Tra i dodici e i quindici anni ho accusato i primi mal di testa. Mio padre, comprensivo, mi portò da numerosi medici.

Per alcuni di loro, le mie condizioni erano dovute allo sviluppo del menarca precoce, sviluppato a dieci anni. Più tardi ho avuto problemi di vista, ed ho messo gli occhiali: certamente il tutto non soddisfaceva la mia famiglia che si adoperava a farmi fare più consulti per vedermi stare meglio ma poi altri problemi si ripresentavano. All’età di diciotto anni, mi rimossero dei polipi all’interno del naso perché avevo sempre dei forti raffreddori che duravano mesi. Forse poca cosa rispetto a problemi più gravi ma, in ogni modo, si andava avanti si sopportava una cosa dopo l’altra. Ero giovane e, vuoi l’età, vuoi qualche soluzione provvisoria, la mia vita scorreva così.

Nel 1985 mi sono sposata e sono andata a vivere in un’altra città. Sono nata a Napoli, sono una donna del sud e con mio marito mi sono trasferita in Toscana. Per quindici anni ho vissuto in provincia di Arezzo ma poi ci siamo trasferiti a Firenze: vivo in questa Regione ormai da quasi quaranta anni. Nel 1992 nasce il mio unico figlio, Davide, con parto cesareo.

Dal 1985 fino ai primi anni del ‘90 ho avuto problemi alla schiena. Discopatie, ernie che mi hanno portato forti dolori che risolvevo, quando mi era possibile (economicamente parlando) sia con esercizi inerenti alla ginnastica posturale sia con massaggi: quando i dolori erano insopportabili ricorrevo ad antidolorifici con prescrizione medica.

Inoltre come se non bastasse emersero problematiche di cefalee, che si presentavano e continuano a presentarsi frequentemente, spesso anche costringendomi a far riferimento al centro specializzato di un noto ospedale della città. Dopo la maternità, questa problematica è incrementata e non è mai andata via del tutto.

Iniziano poi i problemi allo stomaco. Gastriti, ulcere, mucosa di Barrett , problemi che mi costringono ancora oggi a gastroscopie da fare una volta all’anno o quando il gastroenterologo lo consiglia.

Non basta: analisi e rettoscopia mi diagnosticano il colon irritabile da stress.

Nell’anno 2016 subisco un intervento al braccio sinistro per compressione del nervo ulnare, fui costretta perché non avevo più l’uso del braccio.

Precedentemente ho avuto problemi anche alle spalle, soprattutto quella destra, ed oggi anche quella sinistra: per l’assottigliamento di un nervo, il reumatologo da me consultato voleva intervenire chirurgicamente.

Dopo essermi informata tramite colleghe col medesimo problema e constatato che, nonostante l’operazione, nessuna di loro aveva riscontrato miglioramenti, decisi di desistere. Ancora oggi ho fortissimi dolori.

Nel 2015 il mio primo contatto con la fibromialgia.

Iniziai a non sentirmi bene: ero particolarmente stanca e pensavo fosse influenza, oppure la stanchezza della mie frenetica routine.

Mi facevano male le gambe e facevo fatica a camminare: dolori ovunque.

Pensai ad un virus influenzale e presi il paracetamolo. Andai avanti così per qualche tempo ma i dolori aumentarono a tal punto che mi accorsi di non avere più sensibilità dal bacino in giù.

Purtroppo ricordo bene quel periodo, perché fu l’anno della tesi di mio figlio. Strano vero? Tuo figlio, sempre andato bene a scuola, borse di studio, premi, soddisfazioni enormi: arriva il giorno della laurea e tu sei più felice del solito, sei si stanca ma felice perché vedi realizzare un sogno, uno dei bei sogni del tuo ragazzo e di tutta la famiglia. Era il 1 dicembre del 2015: non posso dimenticare quello che è avvenuto dopo.

Mi portano così al pronto soccorso. Quel giorno lo ricordo bene. Avevo paura, tanta paura. Mi sottopongono a numerosi esami ma fortunatamente sono tutti buoni; gli stessi medici che mi visitano non sanno spiegarsi quei sintomi. Alla fine, il medico di turno mi disse che mi avrebbe fatto visitare da un neurologo e fece lui stesso le carte per affidarmi a questo specialista.

Fui fortunata: mi affidarono al primario di neurologia di quella struttura. Intanto la mia paura aumentò insieme ai miei dolori: quella sensazione di non avere sensibilità, quelle scosse che avvertivo quando mi toccavo le gambe erano sempre li : sentivo le gambe pesantissime come se fossero di cemento.

Passano 9 mesi tra esami di tutti i tipi, risonanze al cervello, radiografie, ecografie, esami ematici di tutto e di più. Nel frattempo perdo i capelli. Stress, confermato anche da un dermatologo al quale mi rivolgo.

9 mesi durante i quali mi imbottiscono di farmaci per alleviare i dolori, i quali si attenuano ma non di tanto, quel poco da permettermi di non stare ferma immobile nel letto.

Farmaci che mi portarono anche ad un notevole aumento di peso che non aiutava; mi si continuava a dire che non sapevano cosa darmi e che, soprattutto, non sapevano cosa io avessi.

Alla fine, quando tutti gli esami furono finiti e non vi era nulla che giustificasse quella condizione, il neurologo pronunciò la diagnosi: fibromialgia.

Ricordo ancora oggi la mia perplessità: chiesi subito al medico cosa fosse, che cos’era questa malattia, perché non ne avevo mai sentito il termine.

Non è una malattia, è una sindrome.” Sì, perché la fibromialgia non è riconosciuta come malattia.

La fibromialgia non è riconosciuta come malattia: per molti medici, sia per la scarsa formazione sulla malattia, sia per incredulità e sfiducia nei confronti di molti/e di noi, la fibromialgia non esiste per alcuni medici. Spesso si crede che sia un’invenzione, o comunque un surrogato utilizzato come capro espiatorio per altre problematiche.

Non ci sono farmaci che la curano e si sa poco o nulla; c’è, diciamo, una sorta di confusione scientifica, discordanze tra branche specialistiche della medicina.

La mia seconda domanda, lo ricordo come se fosse oggi, fu se questa sindrome fosse ereditaria: avendo un figlio mi preoccupai subito per lui, pensai che se fosse stata ereditaria io mi sarei sentita responsabile anche di aver trasmesso una malattia a mio figlio.

Il medico mi tranquillizzò. Ad oggi alcuni studi affermano che la sindrome è ereditaria ma su linea femminile. Tirai un sospiro di sollievo. La ricerca, la poca ricerca che è stata fatta su questa sindrome, ha rilevato nel mondo pochi casi di fibromialgia in soggetti maschi. Oggi che c’è più consapevolezza sulla sindrome, se ne parla e se ne discute di più e questa tesi è smentita da tantissimi esperti reumatologi, algologi e neurologi che se ne occupano: non solo sono colpiti in misura minori anche i maschi ma si è a conoscenza anche di casi di fibromialgia su bambini e adolescenti ma si continua a non conoscerne la causa.

Iniziò così la cura a base di farmaci che servirono solo ad alleviare i dolori. Sono farmaci che curano l’epilessia e la depressione. Questi farmaci agiscono sul sistema nervoso e alleviano i dolori. Altre cure non ce sono, esistono solo espedienti e rimedi farmacologici per alleviare i dolori.

Mi prepararono un piano terapeutico che ogni tre mesi dovevo rinnovare composto da Cymbalta 60 mg, (contiene la duloxetina, un principio attivo che serve per il trattamento delle depressioni maggiori, dei disturbi d’ansia e dei dolori causati da neuropatie periferiche) e da Lyrica 75 mg (Pregabalin è un antiepilettico-anticonvulsivante che trova indicazione specifica nel trattamento del dolore neuropatico centrale e periferico).

Tutto questo a vita, se volevo stare bene e condurre una vita normale.

Mi fu consigliato anche di condurre una vita normale senza stress e senza preoccupazioni.

Utopistico e irrealizzabile, ma furono queste le uniche raccomandazioni del neurologo al quale fui affidata quel 1 dicembre del 2015.

Sembrerà strano ma alla fine di questo calvario mi ero un po tranquillizzata, poiché sapevo cosa mi aveva colpito: nonostante fosse una sindrome sconosciuta e senza cura, sapevo. La mia mente non era più invasa da pensieri cattivi, non sarei morta, non era un male di quelli che fanno paura anche a parlarne: il cancro. No, nulla di tutto questo.

La fibromialgia, detta anche sindrome fibromialgica o sindrome di Atlante, è una sindrome reumatica idiopatica e multifattoriale che causa l’aumento della tensione muscolare, specie durante l’utilizzo degli stessi, ed è caratterizzata da dolore muscolare e ai tessuti fibrosi (tendini e legamenti) di tipo cronico – diffuso, fluttuante e migrante – associato a rigidità, astenia (calo di forza con affaticabilità), insonnia o disturbi del sonno, alterazioni della sensibilità (come eccessiva percezione degli stimoli) e calo dei livelli di serotonina, con possibili disturbi d’ansia e depressivi in parte dei pazienti. E’ conosciuta anche come la malattia dei 200 sintomi.

Ecco cosa mi aveva colpito. Sono una donna molto curiosa, mi piace leggere, mi piace documentarmi, mi piace studiare e comincio le mie ricerche su questa sindrome.

Mi imbatto in diverse associazioni o presunte tali. Li contatto, scrivo lettere per documentarmi, per avere delle risposte, informazioni più dettagliate, più “fresche”.

Vorrei fare una premessa, mi sento in dovere di farla. Non conoscevo il mondo delle associazioni dei malati ma, già dal mio primo contatto che prendo con il presidente di una di queste, capisco che sarà dura interagire con esse.

Noi malati di fibromialgia proviamo in tanti modi a farci sentire ma essendo una malattia di cui ancora la scienza non ha scoperto la causa non c’è attualmente nessun esame diagnostico che ne dimostra la presenza nell’individuo: siamo poco ascoltati, non considerati e in molti casi non creduti. In più i medici tendono a pensare che sia una malattia da depressione, il che può essere anche vero visto che con dolori continui tutto il giorno in depressione è possibile caderci davvero. E’ ovvio che c’è qualcosa di più. Ma cosa sia attualmente ancora non si sa.

La prima di queste associazioni nella veste del presidente mi chiama anche sul cellulare. Quando scrivo a qualcuno, lascio sempre tutti i miei recapiti, desidero essere “visibile” e rintracciabile. Dice che capisce tutto, comprende perché in casa sua lui vive la stessa condizione con la moglie, insomma un sacco di parole ma non è che mi soddisfi più di tanto. Comincio a documentarmi da sola con Internet. L’inferno, la confusione più totale, trovo di tutto, santoni o presunti tali che affermano di guarirla, che promettono miracoli con prodotti naturali, insomma il caos assoluto.

Nel frattempo i farmaci che assumo incominciano a darmi noia allo stomaco. Mi rivolgo al medico e questi ne aggiunge un altro. Un “salva stomaco”, si chiamano comunemente così, servono a questo, proteggono la mucosa dello stomaco per non fartelo “bucare” ma per il mio corpo, è un farmaco aggiunto.

Tra le mie ricerche nel mondo della rete, mi imbatto in un sito dove si parla di cannabis terapeutica.

La cannabis terapeutica, definita anche “l’oro verde”, viene utilizzata in tante patologie.

Si va dall’emicrania alla sclerosi multipla, passando per glaucoma, Parkinson, Alzheimer, dolori cronici e neuropatici, anoressia, cachessia, diverse forme di epilessia e molte altre patologie.

Insomma, era interessante e mi sono detta perché non provarla? Mi informo sulle strutture dove viene prescritta e trovo quella più vicina a me.

Incontro un medico il quale, dopo avergli raccontato tutto il mio calvario, mi propone la cannabis terapeutica. In quella struttura c’era e vi è ancora un protocollo da seguire.

Mi attengo al protocollo. Inizio l’assunzione della cannabis terapeutica, prima in decotto dal sapore discutibile e poi successivamente, sempre attenendomi al protocollo, inizio con l’olio di cannabis.

Betrocan in olio, da assumere una volta al giorno, la sera, per 15 gocce al giorno THC 19%. Via via sospendo interamente tutti i farmaci.

Devo ammettere che per i primi mesi cominciai a star molto meglio. Non sentivo più la stanchezza, mi sentivo più in forma, avevo sempre i miei dolori ma in modo molto più attenuati. Faccio tanto, mi dedico all’attività di volontariato per la mia sindrome, raccolgo firme, invio email a tutte le testate giornalistiche, mi occupo come sindacalista delle problematiche sul lavoro per tutti quelli che sono nella mia stessa condizione, dormo bene e meglio: insomma, la vita scorre, va avanti. I farmaci ormai sembrano un lontano ricordo ma non vengono sospesi del tutto.

Ecco però che incominciano i primi problemi.

Iniziano i primi mal di testa. Come accennavo prima, ho sempre sofferto di cefalee, ma questi dolori alla testa erano diversi. Io la cefalea la conoscevo bene, questi dolori non erano simili a quelli che ricordavo aver avuto.

Avevo la sensazione di avere dei chiodi piantati, una volta in fronte e altre volte alle tempie ed erano dolorosissimi.

La frequenza inizialmente era di una o due volte al mese, poi diventarono sempre più numerosi fino ad arrivare tutti i santi giorni.

Per non parlare poi dei cambi di umore, della rabbia per futili motivi, della pressione alta, delle palpitazioni, della sincope che mi colpì, dell’aumento della pressione oculare, insomma una serie di sintomi che via via accusavo e che non avevo mai avuto prima, una problematica alla volta, si presentano una alla volta e me li dovevo tenere e curare naturalmente.

Soldi spesi tra visite specialistiche e nuovi farmaci da assumere.

Sono ancora in contatto con il medico che mi aveva prescritto e continuava a prescrivermi la cannabis confermando il piano terapeutico anche se al corrente di tutti questi numerosi effetti collaterali.

Continuo ad attenermi alle regole, seguo tutte le indicazioni: alla fine, dopo l’ennesimo mal di testa della giornata, non resisto più e rinuncio alla cannabis, perché gli effetti collaterali da me elencati, sono tutti da imputare alla cannabis terapeutica secondo a quanto dicevano i medici ai quali mi rivolgevo per i miei problemi di salute. Quindi inizio la sospensione della cannabis: alla fine cede, dietro mia insistenza, anche il medico che mi aveva suggerito di assumerla, non senza polemiche.

Ormai ero distrutta.

Ritorno mio malgrado ai farmaci con gradualità e dietro naturalmente prescrizione medica. Non stavo benissimo, avvertivo rigidità alle gambe, pesantezza, difficoltà nella deambulazione, mi sembrava di essere tornata allo stato iniziale della malattia.

A marzo del 2018 cambio medico e struttura ospedaliera. Da lì a poco avrei dovuto rifare tutti gli esami: già tre giorni fissati in una nuova struttura ospedaliera per degli day service dove sarei stata sottoposta nuovamente a tutti gli esami. Qualcuno potrebbe chiedersi il perché mi sia sottoposta a tutti gli esami sapendo di avere questa sindrome.

Questa è seriamente è una delle cose più tristi di questo mio calvario.

Quando mi sono recata in questa nuova struttura ospedaliera per il mio caso e faccio presente che sono anni che convivo con questa condizione , il medico che mi è stato affidato dal S.S.N., dopo avergli fatto vedere tutte la lunga documentazione riconducibile alla mia sindrome e dopo avergli detto che stavo malissimo, che avevo dolori ovunque nonostante i farmaci che assumevo elencati sopra, disse che lui non metteva in discussione le certificazioni dei professionisti che mi avevano visto in tre anni prima di lui, ma suggerì di ricominciare dall’inizio.

Le sue parole furono queste:

Vede signora, non metto in dubbio tutto quelle che lei mi riferisce circa la sua condizione di salute ma di solito i medici quando i pazienti dopo i vari esami ai quali li sottopongono, non riscontrano nulla, affermano che è fibromialgia. Se permette, vorrei ricominciare dall’inizio per essere certo che lei, seriamente non abbia nulla oppure potremmo scoprire qualcosa che è sfuggito ai miei colleghi che mi hanno preceduto o ancora, ultima ipotesi il suo problema è di ben altra natura”.

Non voglio e non ho voluto sapere a quale natura stesse pensando quel medico, non voglio, mi rifiuto di pensare, mi rifiuto.

Quando sono uscita da quella struttura, mi sono venute in mente le parole del primo medico al quale mi affidarono, ricordo che era il primario di neurologia dell’ospedale dove fui portata la prima volta.

Signora, non si preoccupi, non si allarmi, lei deve solo condurre una vita normale, il più normale possibile ma soprattutto, mi raccomando, conduca una vita quanto più serena possibile, senza troppi stress e senza troppe ansie”.

Dopo i tre giorni di day service in questa struttura, dai numerosi esami alla quale fui sottoposta è risultato che, oltre ad essere affetta dalla sindrome fibromialgica, sono affetta da spasmofiliaca concomitante e ipovitaminosi D (carenza di vitamina D).

Ebbene, oggi alla luce di tutto quanto mi è accaduto mi sta accadendo e non so ancora quanto finirà questa storia, io vi chiedo: può una donna che ha passato gli ultimi anni in queste condizioni, rimanere tranquilla e serena? Voi lo sareste?

Lascio la risposta a chi leggerà questa mia storia, nel frattempo io vado avanti, cerco di fare tutto quello che la mia poca forza mi permette di fare ma credetemi, rimanere serena in questo modo, è la cosa più difficile che io possa fare. Io non ci riesco, ma mi sforzo tantissimo!

Però, come dice sempre una mia carissima amica, io riesco sempre in tutto, sono forte, lei mi dice che sono come la “fenice”.

L’ araba fenice è un essere mitologico. Un uccello che vive 1000 anni, poi emigra in Africa in Etiopia dove prende fuoco e brucia. Quando il fuoco si spegne restano solo le ceneri che al sorgere del sole fanno nascere una nuova fenice. Essere una fenice significa non abbattersi, significa rialzarsi quando ti danno già per spacciato.

Non voglio deludere la mia amica, in fondo credo che abbia ragione. Sono come l’araba fenice. Mi sono sempre rimboccata le maniche, mi sono sempre rialzata e ho sempre combattuto per le ingiustizie, per i più deboli, ho fatto tanto e voglio continuare a combattere anche nelle mie condizioni di salute non del tutto buone.

Oggi, purtroppo il mio stato di salute è peggiorato. Sono sopraggiunti altri sintomi ed è ricominciato per me, per la mia famiglia, nuovamente, il travagliato girovagare tra medici, esami e strutture ospedaliere alla ricerca di una cura, di risposte che spesso, molto spesso, contrastanti tra loro.

Quello che ho scoperto, hanno scoperto i medici ai quali mi sono rivolta, in un prossimo racconto, se avrete la voglia di seguirmi e di leggerlo, sarà interessante, intrigante, e stimolante.

A questo punto del racconto, mi piace ricordare, non solo per non deludere la mia amica ma per chi leggerà, una frase di Antonio Gramsci:

Anche quando tutto è o pare perduto, bisogna rimettersi tranquillamente all’opera, ricominciando dall’inizio“.

L’ho fatto, purtroppo. Tutto è ricominciato e lo scoprirete in un successivo post.

Rosaria Mastronardo

Gli antidepressivi usati contro il dolore cronico funzionano? Dipende…

Uno studio sul Bmj (https://www.bmj.com/) fa chiarezza sull’uso degli antidepressivi nel trattamento del dolore cronico. Invitando a prescrivere il farmaco giusto al paziente giusto. Perché l’efficacia della terapia dipende dal tipo di farmaco e dal tipo di dolore

Il boom di vendite di antidepressivi in molti Paesi del mondo registrato negli ultimi anni (nei Paesi dell’Ocse il consumo di questa categoria di psicofarmaci è raddoppiato tra il 2000 e il 2015) non indica necessariamente un aumento equivalente dei casi di depressione.

Il disturbo dell’umore resta, ovviamente, la principale ragione per cui si ricorrere a un antidepressivo, ma non è l’unica. Sta infatti aumentando notevolmente l’utilizzo degli psicofarmaci per il trattamento del dolore cronico. Gli antidepressivi vengono prescritti per calmare le sofferenze causate da malattie reumatiche, emicrania, mal di schiena, fibromialgia, sindrome dell’intestino irritabile e altri dolori difficili da gestire con i farmaci analgesici. È vero che spesso il dolore cronico è associato alla depressione, ma gli antidepressivi vengono prescritti anche in assenza di disturbi mentali o dell’umore, solo ed esclusivamente a scopo antalgico. La maggior parte delle prescrizioni avviene “off label”. Le eccezioni sono poche: c’è la duloxetine, che in Australia è approvata per il dolore neuropatico diabetico, o l’amitriptilina approvata nel Regno Unito per il dolore neuropatico, la cefalea tensiva e l’emicrania. Ma questa strategia, che sia “on” oppure “off-label”, è sicura? È efficace?

La risposta si trova nell’indagine appena pubblicata sul British Medical Journal secondo la quale la prescrizione degli antidepressivi nella terapia del dolore cronico dovrebbe avvenire cercando di dare il farmaco giusto al paziente giusto. Perché non tutti gli psicofarmaci funzionano per ogni condizione. I ricercatori dell’Università di Sidney che hanno realizzato lo studio, per esempio, criticano le linee guida redatte nel 2021 dal National Institute for Health and Care Excellence (NICE) britannico che raccomandano indiscriminatamente diversi tipi di antidepressivi per gli adulti che vivono con dolore cronico. L’elenco comprende l’amitriptilina, il citalopram, la duloxetina, la fluoxetina, la paroxetina o la sertralina.

«Raccomandare un elenco di antidepressivi senza un’attenta considerazione delle prove per ciascun farmaco in rapporto alle diverse condizioni di dolore può indurre erroneamente medici e pazienti a pensare che tutti gli antidepressivi abbiano la stessa efficacia per tutte le condizioni di dolore. Abbiamo dimostrato che non è così», ha dichiarato Giovanni Ferreira autore principale dello studio.

Per fare i dovuti distinguo, i ricercatori hanno condotto una revisione sistematica di studi condotti tra il 2012 e il 2022 che avevano coinvolto in tutto 25mila partecipanti testando 8 classi di antidepressivi e 22 tipi di dolore cronico (mal di schiena, fibromialgia, mal di testa, dolore postoperatorio e sindrome dell’intestino irritabile).

Dall’analisi dei risultati è emerso che alcuni antidepressivi sono effettivamente efficaci nella gestione del dolore. Gli inibitori della ricaptazione della serotonina-norepinefrina (SNRI) come la duloxetina hanno mostrato un potere analgesico per un gran numero di condizioni, come mal di schiena, artrosi del ginocchio, dolore postoperatorio, fibromialgia e dolore neuropatico (dolore ai nervi).

Al contrario, gli antidepressivi triciclici, come l’amitriptilina, che sono gli antidepressivi più usati per il trattamento del dolore nella pratica clinica, non hanno dato chiare evidenze di una loro efficacia.

«Questa revisione, per la prima volta, riunisce tutte le prove esistenti sull’efficacia degli antidepressivi nel trattamento del dolore cronico in un documento completo», ha commentato Ferreira.

Gli scienziati hanno inserito alla fine del loro studio una nota con un invito alla prudenza: «Gli antidepressivi sono medicinali soggetti a prescrizione medica. Non usare antidepressivi se non sotto consiglio medico. È molto importante non interrompere bruscamente il trattamento per evitare effetti di astinenza che possono essere angoscianti e talvolta presentarsi come gravi problemi di salute. Questi effetti di astinenza includono vertigini, nausea, ansia, agitazione, tremore, sudorazione, confusione e disturbi del sonno», avvertono i ricercatori.

Questo articolo è stato scritto il 6 Febbraio 2023

Post Covid: fibromialgia per una donna su quattro.

Articolo apparso su : https://www.healthdesk.it/ il 10 marzo 2023, ore 18:20.

Dopo un ricovero per infezione da SARS-CoV-2, il 15% dei pazienti sviluppa fibromialgia, percentuale che sale al 26% nel sesso femminile.

È quanto risulta dai dati raccolti da ricercatori dello Sheba Medical Center in Israele e pubblicati di recente su PLOS One analizzando circa 200 pazienti ricoverati per Covid-19 nel 2020: l’87% ha avuto almeno un sintomo correlato alla fibromialgia dopo essere guarito dall’infezione, il 15% ha sviluppato la sindrome nei cinque mesi successivi. Fra le donne l’incidenza è stata del 26%, sei volte maggiore rispetto alla popolazione generale; i sintomi più comuni, presenti ciascuno in oltre un caso su due, sono stanchezza, disturbi del sonno e dolori muscolari e articolari.

Se ne è parlato in occasione del Corso sul dolore acuto e cronico, dalla ricerca alla clinica organizzato dall’Istituto tumori Pascale di Napoli dal 9 all’11 marzo.

Anche in Italia l’incidenza della sindrome è in forte aumento nella popolazione generale e dopo la pandemia i casi di fibromialgia sono in continua crescita: oggi si stimano circa 2 milioni di casi.

«La fibromialgia è una sindrome “misteriosa” – spiega Arturo Cuomo, direttore della Struttura complessa di Anestesia, rianimazione e terapia antalgica del Pascale – di cui per lungo tempo è stata messa in dubbio perfino l’esistenza. Oggi è riconosciuta come patologia reumatica extra-articolare, ma resta un problema spesso diagnosticato con grande ritardo e qui al Pascale siamo fortemente impegnati a scongiurare che accada, evitando che i pazienti per mesi o anni si sottopongano a visite da diversi specialisti prima di dare un nome al proprio disturbo».

La fibromialgia giovanile colpisce il 2-6% di bambini e adolescenti, soprattutto femmine, e «in questi casi – sottolinea Marco Cascella, responsabile dell’HUB del dolore del Pascale – è ancora più essenziale intervenire per garantire una buona qualità di vita e per scongiurare conseguenze sul benessere psicologico: ricerche recenti hanno dimostrato alterazioni nelle aree cerebrali deputate all’elaborazione del dolore e nella corteccia frontale, in zone connesse alla regolazione ed elaborazione delle emozioni».

La cura della fibromialgia può includere anche miorilassanti e antidolorifici, ma i trattamenti sono per lo più non farmacologici e soprattutto personalizzati, con interventi sullo stile di vita, educativi e psicoterapeutici. Purtroppo, però, la fibromialgia non è inclusa nell’elenco delle patologie croniche e quindi nei Lea: «I pazienti non hanno diritto a esenzioni per visite, esami e terapie – osserva Cuomo – e questo complica non poco la gestione della sindrome, per la quale sarebbe importante creare percorsi adeguati così da ridurre i tempi per la diagnosi e garantire una presa in carico assistenziale adeguata in centri con esperienza nel campo».

La sottoscritta, aveva già pubblicato un articolo, lo trovate qui:

http://www.cittadinanzattivatoscana.it/?s=long+covid

dove, io e l’amica Tiziana Lazzari avevamo fatto emergere questo problema, si scriveva già a maggio del 2021 che : “Tutti i Paesi dell’UE sono colpiti da questo nuovo fenomeno”.

Speriamo si prendano provvedimenti al più presto, nel campo della ricerca per una soluzione scientifica valida, per evitare che il numero della percentuale aumenti a dismisura.

Prendersi cura

Questo testo, che vi invito a leggere ATTENTAMENTE, è tratto dalla collana Le BricioleCESVOT numero 56, “Le Malattie Invisibili – Le barriere dell’invisibilità” che potete scaricare dal sito del CESVOT: https://www.cesvot.it/

previa registrazione.

La collana è gratuita. La registrazione non ha nessun vincolo.

L’autrice è Ilaria Bagnulo è psicologa psicoterapeuta. Fa parte dello staff di direzione della SOSD Psicologia Clinica Ospedaliera dell’Azienda Usl Toscana Centro. L’attività che svolge all’interno dei presidi ospedalieri è duplice: con i pazienti trapiantati e in lista di attesa per il trapianto, con il sostegno psicologico e/o la psicoterapia, e nella chirurgia bariatrica, con la valutazione preliminare del trattamento chirurgico dell’obesità e la gestione del follow up a medio e lungo termine nel post-intervento chirurgico. Oltre all’attività in ospedale svolge la libera professione.

Questo bellissimo, interessantissimo e esaustivo testo, per i numerosi aspetti che l’autrice ha voluto esaminare, con profonda attenzione sugli aspetti psicologici e sociologici del paziente cronico, verrà diviso in capitoli.

Oggi, gli ultimi due capitoli: “Prendersi cura” e “Metafore nutrienti

Prendersi cura

Sono diversi i contesti in cui ci si può occupare di tutte quelle dinamiche di tipo psicologico cui si è fatto cenno fino a ora. Tra questi vi è senza dubbio quello del sostegno psicologico o della psicoterapia, e cioè di un percorso ad hoc in cui il paziente (o il nucleo familiare) riesca non solo a occuparsi del proprio mondo emotivo ma anche a riappropriarsi, magari in modo differente, della propria esistenza. Chi si ammala di una patologia cronica deve infatti affrontare, oltre alle cure mediche, anche tutta una serie di disagi psicologici legati ai possibili cambiamenti fisici, agli effetti collaterali dei farmaci, a un modo di vivere che può essere diverso da prima. Può capitare che la sofferenza per i cambiamenti legati alla malattia impedisca alla persona di sfruttare pienamente le proprie potenzialità che restano come imprigionate all’interno di un groviglio emotivo. Nella dimensione intersoggettiva che viene costantemente costruita e co-costruita, il paziente e lo psicologo s’incontrano e si alleano per percorrere insieme un tratto di strada più o meno lungo, dov’è possibile sperimentare un nuovo sguardo su ciò che accade (o è accaduto) e con esso dare anche nuovi significati. Lo psicologo può essere uno degli interlocutori, anche se non il solo, con cui è possibile condividere la sofferenza e il dolore che caratterizzano il rapporto con la dimensione cronica della malattia, oltre che essere colui che si occupa degli eventuali disturbi di natura psicologica, delle difficoltà di adattamento, delle crisi emotive sia che esse riguardino il paziente, i caregiver o i familiari.

È importante che nel tempo il paziente, all’interno di uno spazio a lui dedicato, possa comprendere e diventare cosciente che la malattia è una dimensione della propria realtà, è un aspetto della propria vita come lo sono molti altri, ed è con tutti gli ambiti che la caratterizzano, siano essi limiti o risorse, che questa vita sarà vissuta d’ora in avanti. Questa consapevolezza aiuta il paziente anche a dare una nuova dislocazione alle proprie risorse ed energie su diverse aree della propria esistenza: è un’occasione per ripensare alla propria vita, alle relazioni interpersonali, agli obblighi e, soprattutto, alle proprie priorità. La pratica clinica ha messo in evidenza come, per molti pazienti, il confronto con la cronicità abbia permesso loro di entrare in contatto con parti di sé che ignoravano (Giuntoli, 2013). Mi sembra importante condividere alcuni frammenti dei colloqui che ho tratto dalle sedute coi miei pazienti in psicoterapia:

«Ora sono diventato consapevole dei miei limiti, imparando a capire fin dove potermi spingere e come raggiungere un determinato obiettivo, aggirando l’ostacolo della malattia».

«Mi fa vivere l’oggi intensamente e i colori sono più netti».

«Sì, inizialmente mi aveva indebolita ora invece mi ha resa più forte. Non mi sono fatta sconfiggere dalla malattia ma ho preso la mia vita in mano facendo le cose che tutti i comuni mortali fanno senza togliermi nulla».

Questi fotogrammi di vita vissuta ci insegnano un’importante verità: benessere non significa assenza di malattia fisica e/o psicologica, bensì il perseguimento di obiettivi e scopi di vita, pur in una condizione di malattia, o di disagio. In tali condizioni le risorse psicologiche assumono un ruolo ancora più centrale per la promozione di un benessere che va oltre, e al di là, delle difficoltà o dei limiti.

Metafore nutrienti

La parola ‘limite’, o ciò che noi consideriamo essere tale, mi richiama alla mente la mia infanzia. Quando ero bambina vivevo a Ostuni, un piccolo paese della Puglia, dai più conosciuta come la “città bianca”. Erano gli anni 80 e di fronte alla mia casa si trovava un negozio di elettrodomestici a conduzione familiare. Non mi riferisco di certo alle grandi catene di distribuzione a cui l’incedere veloce della tecnologia ci ha abituati, ma a quei negozietti che c’erano una volta e che vendevano un po’ di tutto: dal cavo per la TV allo spremiagrumi. In quest’accozzaglia di cose c’erano anche le lampadine, quelle a incandescenza col filamento di tungsteno, e i miei genitori mi mandavano a comprarle. Di preciso non mi ricordo quanti anni avevo, forse sette o otto, ma ricordo bene due cose: la prima, è che arrivavo a malapena al bancone del negozio; la seconda, invece, non riguarda me, ma la signorina che c’era dietro quello stesso bancone e che, prima di vendermi la lampadina, la provava su una pila. Era una di quelle pile piatte e rettangolari con due alette metalliche nella parte superiore. È ormai da tempo che non me ne capita una tra le mani, pensavo che non fossero più in produzione, invece le producono ancora. Documentandomi ho scoperto che la pila in questione era da 4.5 volt.

Dunque, per provare se la lampadina fosse funzionante, la base veniva messa a contatto con le due alette metalliche della pila. Se la lampadina si accendeva veniva venduta, altrimenti era sostituita. Che una lampadina si accendesse a contatto con una pila, incantava allora i miei occhi di bambina. Negli anni però la magia di allora mi ha fatto riflettere. Come è fatta una pila? Una pila è composta da un polo positivo e da uno negativo. Ho poi scoperto che l’aletta metallica che corrisponde al polo negativo della pila è più lunga di quella che corrisponde al polo positivo. Se io decidessi di sostituire il polo negativo con quello positivo, la lampadina si accenderebbe oppure no? No, la lampadina non si accenderebbe. Perché la lampadina si accenda sono necessari il polo positivo e quello negativo: non ce n’è uno più importante dell’altro, entrambi hanno la stessa identica funzione, ovvero far sì che la lampadina si accenda. Quel compito che mi veniva affidato da bambina, e che mi faceva sentire grande, mi ha regalato oggi, che lo sono davvero, un’importante consapevolezza: i nostri limiti, i nostri disagi, le nostre difficoltà, i nostri poli negativi sono importanti tanto quanto quelli positivi, come le nostre risorse e i nostri punti di forza, perché entrambi fanno sì che la nostra ‘lampadina’ si possa accendere. Allora il mio invito è proprio questo: abbiate cura di tutto ciò che vive dentro di voi, sia esso positivo o negativo, solo così la vostra ‘lampadina’ si potrà accendere!

Dottoressa Ilaria Bagnulo

Cosa mi aiuta a vivere la vita con le mie malattie e sindrome croniche?

Non sempre funzionano, però ci provo.

Come molti altri nella mia situazione, ho dovuto imparare a convivere con delle malattie e sindrome debilitanti. La fibromialgia, l’Artrite Psoriasica, la Tiroidite di Hashimoto, la Sindrome di Reynaud, una Osteoartrite di 4° livello alle caviglie che ha danneggiato gradualmente cartilagine e tessuti circostanti, tanto da impedirmi di fare le mie belle passeggiate, la Spasmofilia, la Psoriasi, Neuropatie varie, carpale, ulnare e alle spalle, che hanno tutti influenzato il mio modo di vivere.

Cosa faccio per superare tutte le difficoltà legate a queste condizioni di cronicità?

Mi rilasso:

Non mi rilasso con nessuna tecnica nota a tanti di voi, come fare Yoga, Respirazione o altro, io mi rilasso leggendo e scrivendo, nonostante faccia moltissima fatica con le varie neuropatie. Ho provato anche a fare Pilates ma, non fanno per me, ho scelto quello che mi dava più risultati positivi per la mia persona, scrivere e leggere. Sono e rimango una donna dinamica e fare esercizi di Yoga, Respirazione e tutta quella roba li, non facevano per me; Ho desistito.

Assumo dei farmaci:

La cosa non mi fa piacere. Non faccio i salti di gioia, anche perché di “saltare”, nelle mie condizioni, non è il caso, però, li devo prendere. Non sono tanti. Assumo quelli per la fibromialgia e poi, ultimamente, perché i farmaci più comuni per l’Artrite Psoriasica non facevano nessun effetto, assumo un biologico. Mi attengo, rigorosamente, a quanto detto e prescritto dai medici, oltre, non vado, anche perché, diciamola tutta, per i dolori a me, non c’è farmaco che tenga;

Semplificare al massimo:

Una piccola confessione per questo concetto. Ho una macchina per caffè espresso, è costata poco, è di quelle che fanno il caffè come al bar. Parte del mio concetto di semplificazione al massimo, è mantenere solo le cose che mi rendono felice. Il caffè mi rende molto felice! A te che leggi, ti chiedo: Cosa ti rende felice? Tienilo e sbarazzati di tutto il resto, ti fa bene, credimi;

Socializzo:

Sono fortunata ad avere una meravigliosa cerchia di familiari e amici che capiscono quando cancello all’ultimo minuto o rifiuto delle buone opportunità perché so come probabilmente mi sentirei dopo. A volte sono in grado di partecipare e a volte no, però se una cosa mi interessa molto, ho adottato un sistema. Mi metto a letto e cerco di riposarmi, così da non stare malissimo i giorni a seguire. Lo faccio se ne vale la pena, se non vale la pena, desisto, tanto non muore nessuno;

Faccio volontariato:

Diversi anni fa, ebbi una bellissima idea, volevo far nascere un gruppo di auto aiuto sulla fibromialgia. Mi sono formata e oggi sono la facilitatrice di due gruppi di auto aiuto. E’ la seconda cosa più bella che io abbia mai realizzato, la prima è stata quella di aver messo al mondo un figlio, che adoro. La forza di andare avanti è in questi due gruppi, io trovo un po di forza nei gruppi. Nei gruppi di auto aiuto, le persone affette da una malattia cronica, possono trovare un sostegno emotivo da parte degli altri membri che comprendono la tua sofferenza e il tuo disagio, puoi condividere emozioni e preoccupazioni, puoi confrontarti sulla gestione della tua quotidianità, aumentando la sicurezza in te e l’autostima, riducendo l’isolamento e favorendo un percorso di accettazione ed elaborazione della tua condizione. Nei gruppi si ascoltano e si raccontano le esperienze di vita; questa condivisione permette di imparare a gestire il proprio problema e a trovare nuove strategie che consentono di migliorare la qualità della propria vita. Sono gratuiti. I gruppi, sono luoghi dove nessuno è giudicato, nei gruppi si trovano quei sostegni reciproci che restituiscono fiducia.

Durante questa esperienza, ho trovato donne e uomini uguali a me, nei gruppi ci confrontiamo, organizziamo, creiamo, ci divertiamo, ridiamo e piangiamo, ed è tutto condiviso. Ho trovato nuovi amici, nuove emozioni. Non tutti i giorni sono uguali, però quelle energie che sprigiona il gruppo, mi fa stare bene, mi aiuta. Certo, non guarirò da tutte le malattie e sindrome elencate sopra ma, quel dolore, quella sofferenza è in egual misura ripartito in quel cerchio e ha meno peso per me e per tutti quelli all’interno di quel cerchio.

Sentiti gratificato:

È facile cadere nel buco dell’autocommiserazione. Succede, qualche volta, anche me, vi ricordo che sono un comune essere umano, succede anche a me. Ma alzarmi presto al mattino, perché non riesco a dormire la notte e leggendo articoli di ogni genere che mi aiutano a scrivere, comunicare qualcosa sui problemi della vita di un malato cronico; prendere il mio caffè come se stessi al bar, pensare ad organizzare la mia giornata, sarà schiocco ma, mi aiuta a non pensare ai tanti dolori che provo.

Questi sono solo alcune cosa mi aiutano a vivere la vita con le mie malattie e sindrome croniche. Non sempre funzionano, però ci provo. Un giorno, ne scelgo uno e lo seguo fino in fondo. Per me sono come una “cassetta degli attrezzi” che decido di usare quando ne ho più bisogno.

Ecco, voglio terminare con un suggerimento. Prepara anche tu la tua “cassetta degli attrezzi”, mettici dentro quello che tu ritieni giusto per te, per vivere al meglio la tua vita.

Non solo per vivere, ma per vivere bene .

Rosaria Mastronardo

Vorrei che tu lo sapessi

Vorrei, vorremmo essere ascoltati e creduti

La fibromialgia è definita come: una condizione che provoca dolore e stanchezza diffusi, eppure c’è molto di più.

Tante cose che vorrei tu sapessi, vorremmo, noi affette da questa malattia, che tu lo sapessi.

Che vorremmo poter essere di nuovo felici e spensierati;

Che il dolore ruba le vite che avevamo;

Com’è camminare un giorno nei nostri panni;

Che usiamo trucco e maschere per nasconderci e far finta di stare bene;

Nessuna quantità di sonniferi o antidolorifici ci curerà o migliorerà le cose;

Usiamo ogni grammo di forza e determinazione per stare in piedi e rimanere in piedi;

Quanto ci sentiamo soli e isolati;

Come la malattia o sindrome, come preferiscono definirla, ha rubato le nostre vite;

Ci ha portato via dalle nostre famiglie e dai nostri amici;

Solo perché sto bene oggi non significa che staremo bene domani;

Non ci sono mai due giorni uguali;

Il senso di colpa che portiamo quando non possiamo più fare le cose a cui eravamo abituati;

Quanto è difficile a volte andare avanti;

Come ascoltarci piuttosto che giudicare;

Solo perché non puoi vederlo il nostro dolore, non lo rende meno reale;

Quando diciamo che stiamo soffrendo, lo intendiamo davvero;

Quanta forza ci vuole per svolgere i compiti più semplici che gli altri danno per scontati;

Vorremmo essere ascoltati, conosciamo noi, benissimo, i nostri corpi;

Non siamo pigri quando abbiamo bisogno di riposare, corriamo davvero a vuoto;

Anche quando non diciamo nulla, qualcosa dentro di noi sta accadendo;

Semplicemente non vogliamo appesantirvi e annoiarvi;

Non intendiamo dimenticare le cose;

Cosa sta facendo alla mia mente e alla mia testa questa malattia?;

Come ora siamo la metà della persona che eravamo;

Come non abbiamo chiesto di essere così;

Il nostro dolore è reale;

La distrazione e la frustazione che questo può causare a noi e agli altri intorno a noi;

Stavo già lottando prima che la fibromialgia prendesse quel poco che è rimasto;

La fibromialgia non è una scelta;

Non è inventata;

È una malattia devastante, che cambia la vita, ed è incurabile;

Non vogliamo compassione;

Solo il desiderio che gli altri capiscano;

Il 12 maggio è la giornata di sensibilizzazione sulla fibromialgia;

Una giornata per diffondere consapevolezza;

Una giornata per diffondere la verità;

Una giornata per le nostre voci;

Vorremmo anche che non fosse solo il 12 maggio il giorno in cui voi dobbiate ricordare tutte queste cose, il dolore non dura un giorno ma, tutta la vita.

Vorrei, vorremmo essere ascoltati.

Se vuoi aggiungere altro, fallo pure, ci sono così tanti sintomi correlati a questa malattia che le richieste possono essere infinite.

Rosaria Mastronardo

Quando una malattia cronica ti costringere a cambiare i tuoi progetti di vita.

Testimonianza di una di noi, Vittoria Campbell.

La vita è imprevedibile. Puoi completamente essere sano e in un minuto, improvvisamente, malato un minuto dopo. Almeno questo è quello che mi è capitato. Al mio primo anno di università, tutto è iniziato con un tipico caso di tendinite al braccio che non è mai migliorato nonostante facessi tutto quello mi suggerivano i dottori. Alla fine, tutto il mio corpo è stato coinvolto nel giro di un mese e pochi mesi dopo è iniziato il mio viaggio con la malattia cronica.

Il mio sogno è diventare un insegnante di musica, in particolare un direttore di orchestra e continuare ad insegnare flauto. Ho iniziato il college come specialista in educazione musicale e i miei professori hanno lavorato con me per assicurarsi che riuscissi a superare il programma di studi, ma quest’anno, il mio ultimo anno, ho dovuto prendere una decisione difficile. Continuo e rischio di fallire l’insegnamento? Oppure cambio la mia specializzazione e mi laureo e aspetto che la mia salute si stabilizzi per tornare a prendere la mia licenza di insegnamento?

Dopo aver parlato con molte persone, ho deciso per quest’ultima perché mi sentivo più in pace seguendo questa strada invece di sopportare lo stress e non farcela. Vedi, la mia malattia cronica in questo momento è la fibromialgia e ho anche la nevralgia occipitale, ma sono stata indirizzata da diversi medici perché c’è il sospetto che qui sia in gioco qualcos’altro perché non rispondo ai trattamenti che mi vengono dati. Con questo, ho la tendenza ad avere attacchi di vertigini e debolezza innescati dallo stare in piedi troppo a lungo, ma le vertigini sono anche innescate da suoni e ambienti forti. Devo sedermi su uno sgabello con un leggio quando suono in coro e quando suono il mio strumento, devo sperare per il meglio. A partire da ora, non sono adatta per insegnare spero solo che i medici capiscano cosa ho che non va e che mi rimettano in sesto, lo spero seriamente.

Con questa “deviazione” sulla strada della mia vita mi si aprono nuove porte, ma anche un leggero disagio perché devo aspettare molto di più affinché i miei sogni si realizzino. Durante questo periodo in cui cerco di capire cosa sta succedendo, sono in grado però di insegnare privatamente, ma spero di potermi riprendere e ottenere la mia licenza entro un anno.

Non aver paura di fare delle pause e prendere delle strade diverse nella tua vita se vivi con la malattia cronica. Non so dove mi condurrà questo nuovo percorso, ma so di sperare che i miei sogni si realizzino nonostante le mie malattie e che sarò in grado di incoraggiare gli altri con le mie stesse condizioni a inseguire i loro sogni, qualunque cosa accada. Anche se ci vuole più tempo del previsto.

A quanti di voi è capitato di aspettare oppure di cambiare completamento i tuoi progetti, i tuoi sogni? Abbiate pazienza, non correte, date tempo al tempo, cercate di capire cosa c’è che non va nella vostra salute e poi riprendete da dove avete lasciato. Ho cambiato anch’io ultimamente. Ero sempre in movimento, nel fare, nell’ideare, nel progettare, oggi no. La mia mente “viaggia” alla velocità della luce ma, il corpo mi fa capire che non posso. Sono ferma, la mente “galoppa” fortunatamente ma, io non corro più. Aspetto. Sapete una cosa? E’ bello anche aspettare.

Cosa è la Fibromialgia? Chi è la persona fibromialgica? Quali sono i sintomi? Qual è la causa? Diagnosi e terapia. Impatto sulla vita lavorativa. L’informazione alla persona affetta da Fibromialgia

Tante domande. Facciamo un po di chiarezza, scopriamola di più.

Chi è la persona fibromialgica?

Il fibromialgico è una persona che prima di approdare ad una diagnosi certa rimbalza per mesi, a volte anche per anni, da uno specialista all’altro: neurologo, ortopedico, infettivologo, psichiatra, reumatologo, ecc. Il problema vero è diagnostico. Le cause di questa sindrome non sono del tutto chiare e altrettanto incerti i suoi meccanismi. Difficile distinguere la Fibromialgia da altre patologie, visto che i sintomi riguardano più organi e più apparati, e non esistono test biologici. La persona affetta da Fibromialgia, per la particolare sintomatologia che si trova ad affrontare, spesso si sente attribuire la definizione di “malato immaginario”. Il dato fortemente emerso è proprio quello legato al persistere del dolore che non influisce solo direttamente sulla persona, ma coinvolge l’individuo anche nei suoi aspetti esterni come il lavoro, la famiglia, l’amicizia e i rapporti sociali.

Cosa è la Fibromialgia?

Il termine Fibromialgia (FM) deriva dal latino “fibra” che indica i tessuti fibrosi (come tendini e legamenti) e dal greco “mya” (muscolo) unito ad “algos” (dolore) e pertanto significa dolore muscolare. La FM è una forma reumatica extra-articolare caratterizzata non solo da dolore muscolo scheletrico diffuso, ma anche da profondo affaticamento e da numerose altre manifestazioni cliniche a carico di diversi organi ed apparati. Sono tanti i sintomi associati alla malattia che comunque ha prognosi benigna ossia non è una malattia degenerativa o fatale.

La medicina la definisce: “una sindrome da sensibilizzazione centrale caratterizzata dalla disfunzione dei neurocircuiti preposti alla percezione, trasmissione e processazione delle afferenze nocicettive, con prevalente estrinsecazione del dolore a livello dell’apparato muscoloscheletrico”.

In Italia, la FM, ha una incidenza fra il 2% e il 4% della popolazione e colpisce principalmente le donne in età fertile e lavorativa, con un rapporto di 9:1 nei confronti degli uomini, oggi il rapporto è cambiato, 7:3.

Quali sono i sintomi?

Dolore cronico diffuso

La FM comporta una tensione muscolare che provoca dolore, che in alcuni casi è localizzato (le sedi più frequenti sono il collo, le spalle, la schiena, le gambe), ma talvolta è diffuso in tutto il corpo e non ha limiti per intensità e diffusione. Può manifestarsi come dolore continuo, ma anche variare a seconda della parte del corpo affetta; secondo la durata e la frequenza, può manifestarsi come sindrome del “tutto fa male” oppure come dolori migranti. I pazienti lo descrivono come un profondo dolore muscolare, bruciore, crampo, dolore lancinante, come un colpo di coltello o come un coltello conficcato. In alcuni casi il dolore può diventare così intenso da interferire con l’esecuzione di normali attività di vita quotidiana come ad esempio compiere lavori domestici, vestirsi, lavarsi…

Rigidità

La sensazione di difficoltà nel movimento, generalizzata oppure localizzata al dorso o a livello lombare, è solitamente presente al risveglio, ma anche se si resta per qualche tempo fermi nella stessa posizione (seduti o in piedi). Alcuni fattori esterni come microclima e l’umidità possono peggiorarla. I muscoli tesi provocano rigidità e possono limitare i movimenti o dare una sensazione di gonfiore a livello delle articolazioni; è come se lavorassero costantemente per cui sono sempre stanchi e si “esauriscono” con grande facilità. Generalmente questa condizione non permette di riposare in modo adeguato: chi è affetto da FM ha un sonno molto leggero, si sveglia più volte durante la notte e alla mattina, anche se gli sembra di avere dormito, si sente più stanco di quando si è coricato.

Affaticamento ed astenia

La gran parte delle persone affette da Sindrome Fibromialgica riferisce astenia (affaticamento) moderata o severa, ridotta resistenza alla fatica, e/o comunque quella tipica stanchezza che ricorda quella riferita in corso di influenza.

Disturbi del sonno

Oltre che la difficoltà ad addormentarsi, il riposo notturno è caratterizzato da frequenti risvegli tanto da essere definito “sonno non ristoratore”.

Mal di testa e dolore facciale

Il mal di testa si caratterizza come cefalea nucale, temporale o sovra-orbitaria oppure emicrania, molto spesso ad andamento cronico (cioè la persona affetta da FM dichiara di soffrire di mal di testa da sempre). Frequentemente i fibromialgici presentano dolore a livello mascellare o mandibolare e in questi casi la sintomatologia viene confusa con una artrosi o una disfunzione della articolazione temporo-mandibolare.

Disturbi della sensibilità

Vista: annebbiamenti, difficoltà di messa a fuoco, facile affaticabilità, fastidio per esposizione a sorgenti di luci intense, naturali o artificiali.

Tatto: in particolare formicolii, diffusi in tutto il corpo oppure limitati ad un emisoma (cioè la metà destra o la metà sinistra del corpo) o ai soli arti. Inoltre è presente diminuzione della sensibilità, senso di intorpidimento o di “addormentamento” con la stessa distribuzione.

Udito: acufeni, fischi o vibrazioni possono essere percepiti all’interno delle orecchie, originati da spasmi dei muscoli tensivi del timpano.

Disturbi gastrointestinali

Difficoltà digestive, acidità gastrica, reflusso gastroesofageo, gastrite e dolori addominali spesso si manifestano in persone con FM anche in relazione ai cambiamenti climatici o a fattori stressanti. A questa condizione si associa generalmente la sindrome del colon irritabile (la cosiddetta “colite spastica”): alternanza di stipsi e diarrea con dolori addominali e meteorismo.

Disturbi urinari

Caratteristica della FM è una aumentata frequenza dello stimolo ad urinare o una vera e propria urgenza minzionale (in assenza di infezione delle vie urinarie). Più raramente si può sviluppare una condizione cronica con dolore a livello vescicale.

Dismenorrea

Molte delle dismenorree di notevole entità e scarsamente responsive alla terapia sono giustificate da una FM non diagnosticata. Anche il vaginismo (dolore durante il rapporto sessuale) è caratteristico della FM.

Alterazioni della temperatura corporea

Alcune persone affette da Fibromialgia riferiscono sensazioni anomale (non condivise dalle altre persone che stanno intorno a loro) di freddo o caldo intenso diffuso a tutto il corpo o agli arti. Non è rara una eccessiva sensibilità al freddo delle mani e dei piedi, con cambiamento di colore delle dita che possono diventare inizialmente pallide e quindi scure, cianotiche.

Alterazioni dell’equilibrio

Caratteristici il senso di instabilità, di sbandamento, vere e proprie vertigini spesso ad andamento cronico e che vengono spesso imputate all’artrosi cervicale o a problemi dell’orecchio. Poiché la FM coinvolge anche i muscoli oculari e pupillari, i pazienti possono presentare nausea e visione sfuocata quando leggono o guidano l’automobile.

Tachicardia

Episodi di tachicardia con cardiopalmo portano spesso i pazienti con FM a chiamare il Pronto Soccorso, per paura di una malattia cardiaca, soprattutto se si associa dolore nella regione sternale (costocondralgia), frequente nella FM.

Disturbi cognitivi

Difficoltà a concentrarsi sul lavoro o nello studio, “testa confusa”, perdita di memoria a breve termine (in inglese tali manifestazioni vengono definite “fibro-fog”, cioè annebbiamento fibromialgico).

Sintomi a carico degli arti inferiori

A carico delle gambe ci sono i sintomi rappresentati spesso da crampi, meno frequentemente da movimenti incontrollati, che si manifestano soprattutto di notte. Caratteristica nei pazienti con fibromialgia è la “sindrome delle gambe senza riposo”.

Sensazione di gonfiore

La soggettiva sensazione di tumefazione, dei tessuti molli descritta dai fibromialgici, può indirizzare erroneamente la diagnosi nel senso di una forma artica iniziale. Coinvolge per lo più le dita delle mani, ma anche i piedi e le ginocchia.

Parestesie

Questo termine indica una alterazione della sensibilità cutanea che determina,anche in assenza di stimoli, la percezione di sensazioni fastidiose quali formicolii o trafitture di spilli agli arti, alle mani o al tronco; bruciore e calore.

Allergie/Intolleranze

Una buona parte delle persone fibromialgiche riferiscono ipersensibilità a numerosi farmaci, allergie alimentari di vario tipo, allergie stagionali. Pur essendo queste manifestazioni comuni nella popolazione generale, in alcuni pazienti affetti da FM le allergie sono molteplici e rappresentano un aspetto preminente della malattia tale da impedire la normale alimentazione, lo svolgimento della attività lavorativa, ecc. In questi casi viene a configurarsi il quadro della cosiddetta “Multiple Chemical Sensitivity Sindrome”, o Sindrome da Intolleranza Chimica Multipla, nella quale i pazienti risultano ipersensibili a moltissime sostanze, dai farmaci ai cibi a sostanze chimiche di vario tipo, con gravi limitazioni nella vita quotidiana.

Aspetti psicologici

A volte, si arriva a scoprire di avere la Fibromialgia dopo lunghi pellegrinaggi tra medici specialisti, e questo, paradossalmente, porta a sperimentare una sorta di sollievo al momento della diagnosi: la sofferenza ha finalmente un nome, un’etichetta. Tuttavia, subito dopo, i sentimenti di tristezza, paura, rabbia, frustrazione, sconforto, incertezza, caratterizzano il vissuto emotivo di quasi tutte le persone che affrontano il momento nel quale si apprende di avere una malattia a carattere cronico. Ovviamente non esiste un modo unico di reagire, e spesso i disturbi psicologici derivano dalla difficoltà a gestire emozioni forti e assolutamente soggettive, che dipendono dalla capacità di adattamento alla patologia, dalle possibili modificazioni allo stile di vita e relazioni con gli altri, dalla propria storia personale e dalla capacità di comprensione da parte dei parenti. In questo senso, conoscere e distinguere le proprie emozioni, sapere che possono essere normali, può aiutare a rimodularle e non riversarle su sé stessi o su chi è accanto. Per questo è fondamentale condividere con partner, familiari e caregiver (ovvero coloro che assistono e prestano cure) informazioni corrette e complete sugli aspetti più salienti legati alla malattia, rafforzando e interpretando la propria situazione, attivando risorse personali e sociali, ed eventualmente ricorrere all’aiuto di professionisti.

Ansia e Depressione

Termini quali ansia e depressione sono spesso abusati, ed utilizzati nel linguaggio comune per definire stati di tristezza o agitazione. Definire queste due condizioni da un punto di vista psicodiagnostico e clinico è però complesso, e implica necessariamente la presenza di un quadro di sintomi per un certo periodo di tempo. Molte persone affette da FM raccontano di manifestazioni ansiose e/o depressive (a volte con attacchi di panico). Questa associazione ha fatto sì che in passato la Fibromialgia venisse considerata come un processo di somatizzazione, e purtroppo, ancora oggi, molti medici sono legati a questa ormai superata definizione. I numerosi studi sul rapporto tra ansia/depressione e FM hanno dimostrato inequivocabilmente che gli eventuali sintomi depressivi o ansiosi sono un effetto piuttosto che una causa della malattia. È infatti fondamentale distinguere tra depressione reattiva e depressione maggiore: la prima è una ‘’risposta” ad un evento doloroso (es. un lutto o appunto la diagnosi di malattia cronica), la seconda ha aspetti più accentuati ma difficilmente legati ad un fattore chiaro e scatenante. In alcuni casi, ad esempio, la depressione è legata a quel senso di solitudine che molte persone con FM raccontano, a causa della non visibilità della maggior parte dei sintomi da parte di chi condivide con loro l’ambito familiare, sociale o lavorativo. Spesso infatti ci si sente dire: ‘’Ma ti trovo benissimo!”, con gravi ripercussione sull’umore, sul senso di identità, dei rapporti di fiducia. Anche ansia e stress sono tipici delle fasi di acquisizione e riadattamento alla malattia, e non è raro che insorgano come manifestazioni tipiche ‘’anticipatorie”. È utile comprendere, però, se la risposta d’ansia si attiva in presenza reale di pericolo, se è proporzionata alla sua entità, e se, in assenza di quel pericolo, essa scompare. Ogni persona sperimenta ansia in diversi momenti della vita, ma per alcuni questa emozione può diventare un problema. L’ansia, generata dalla percezione di un pericolo, di una minaccia, implica una attivazione fisiologica fisica e mentale che sottrae energie al normale svolgimento delle proprie attività, e tutta la capacità di concentrarsi ed essere attenti è diretta alla fonte di paura. In tutti i casi, ciò che è fondamentale, è non reprimere le proprie emozioni, anche se sono negative, comprendere quali sono i propri bisogni, ed attivarsi nella ricerca di un sostegno ed un supporto, anche immaginando un percorso psicologico che aiuti ad affrontare la situazione in senso globale ed in ragione della sua complessità.

Qual è la causa?

Molte persone non sono in grado di identificare un particolare evento che abbia determinato l’insorgenza dei sintomi; nei casi in cui sia possibile risalire all’evento scatenante, questo è solitamente attribuito ad un trauma fisico o psichico, oppure fasi e periodi di particolare stress. Gli studi volti a capire le cause della malattia hanno documentato numerose alterazioni dei neurotrasmettitori a livello del sistema nervoso centrale, cioè di quelle sostanze di fondamentale importanza nella comunicazione tra le cellule nervose. Le due caratteristiche principali della FM sono infatti la iperalgesia e la allodinia. Per iperalgesia si intende la percezione di dolore molto intenso in risposta a stimoli dolorosi lievi; per allodinia si intende la percezione di dolore in risposta a stimoli che normalmente non sono dolorosi. Uno degli effetti della disfunzione dei neurotrasmettitori è la iperattività del Sistema Nervoso Neurovegetativo (una parte del nostro sistema nervoso che controlla con meccanismi riflessi numerose funzioni dell’organismo tra cui la contrazione dei muscoli, ma anche la sudorazione, la vasodilatazione e la vasocostrizione, ecc.) che comporta un deficit di irrorazione sanguigna a livello muscolare, con insorgenza di dolore ed astenia e tensione. Tipico della FM, come di altri disturbi neurovegetativi, è che l’andamento dei sintomi varia in rapporto a numerosi fattori esterni che sono in grado di provocarne un peggioramento: c’è una evidente influenza dei fattori climatici (i dolori peggiorano nelle stagioni “di passaggio”, cioè primavera e autunno e nei periodi di grande umidità), dei fattori ormonali (peggioramento nel periodo premestruale, peggioramento in caso di disfunzioni della tiroide), dei fattori stressanti (discussioni, litigi, tensioni sul lavoro e in famiglia).

Diagnosi e terapia

La diagnosi può essere formulata sia con i vecchi criteri classificativi del 1990, che richiedono la presenza di dolore muscoloscheletrico diffuso da almeno 3 mesi e la positività di almeno 11 trigger points sui 18 previsti, sia con i più recenti criteri diagnostici, formulati dall’ACR nel 2010, in cui, oltre al dolore cronico diffuso, viene attribuita maggiore importanza ai sintomi extra-scheletrici. Fino ad una decina di anni fa la FM veniva raramente diagnosticata, anche perché si riteneva che tale diagnosi non fosse di alcuna utilità, in quanto, si considerava la FM una patologia di natura psicogena e pertanto difficilmente curabile. Grazie alla scoperta dei meccanismi alla base della FM possiamo oggi utilizzare farmaci in grado di correggere i deficit implicati nella malattia (in particolare il deficit di serotonina). L’impostazione di un programma terapeutico per il paziente fibromialgico non può, però, essere basato solo sul sintomo cardine, ossia il dolore muscoloscheletrico; in alcuni casi i sintomi extrascheletrici, come le alterazioni del sonno e l’astenia, possono rappresentare, più del dolore, la causa del peggioramento della qualità della vita. È necessario considerare, inoltre, nel singolo paziente, i diversi sintomi e la variabilità temporale degli stessi. La terapia, pertanto, deve essere individualizzata e deve rappresentare un processo in continuo divenire; solo l’esperienza e la sensibilità del medico possono trovare il giusto mix per “quel paziente”. Un approccio terapeutico combinato ai problemi “mente-corpo” (ad esempio terapia farmacologia associata ad una psicoterapia e ad un adeguato esercizio fisico) potrebbe avere un effetto sinergico.

Impatto sulla vita lavorativa

La disabilità afferente al fibromialgico è ampiamente dimostrata da vari studi, disabilità che incide significativamente sull’attività lavorativa. Il dolore e l’astenia cronica sono elementi che generano disabilità e deficit, da semplici limitazioni (ad esempio per orario di lavoro) a limitazioni più complesse e sostanziali che possono portare anche alla perdita del lavoro stesso per scelta indotta. Tutto è reso più difficile anche e soprattutto perché, sulla quasi totalità del territorio italiano, la FM non è riconosciuta; per tanto è auspicabile che i nostri organi di Governo e i responsabili delle politiche sociali, rivolgano una maggiore attenzione al paziente FM, troppo spesso non valutato nella sua disabilità e nella sua non ottimale qualità di vita, con interventi finalizzati a migliorare tale svantaggio sociale.

L’informazione alla persona affetta da Fibromialgia

La richiesta più ricorrente espressa da chi soffre di FM, ribadiamo spesso etichettati come malati “immaginari”, è una maggiore attenzione all’ascolto, il riconoscimento di persona affetta da una patologia invalidante, accedere a percorsi multidisciplinari per affrontare, accettare e convivere al meglio con la cronicità legata alla malattia. Per ricostruire o conservare il senso di fiducia e un controllo sulla propria vita, è infatti fondamentale raccogliere informazioni, confrontarsi con altre persone con Fibromialgia, approfondire con letture certe e fonti attendibili, chiarire dubbi con professionisti, ed assumere un ruolo attivo senza identificarsi mai completamente nel ruolo di malato.

La cura di questo testo è del Dr Antonio Marsico e del Dr Angelo Semeraro (Reumatologi) e della Dr.ssa Ilaria Cinieri (Psicologa e Psicoterapeuta)

Fibromialgia e potere

Quanto interessa la fibromialgia ai mezzi di comunicazione di massa.

Ho letto di questo argomento su una piattaforma spagnola, l’articolo è di Alfonso Pedrosa, un giornalista specializzato in ambito sanitario, consulente in intelligenza applicata e innovazione sociale nella salute, editore della piattaforma Synaptica.es dove si raccontano storie legati all’informazione sanitaria e all’innovazione sociale.

Nell’articolo il giornalista racconta di una sua esperienza durante un seminario sulla fibromialgia organizzato da filosofi delle Università del Cile e di Siviglia. Si trattava di riflettere da diverse prospettive professionali, clinica compresa, su questa sconcertante malattia che colpisce in larga parte le donne. Gli fu chiesto di condividere alcune idee su come questo tema viene trattato nel mondo del giornalismo. Pedrosa ha scritto di essere rimasto sorpreso dal fatto che alcune delle persone con le quali ha condiviso una sessione di lavoro, tutte di riconosciuto livello intellettuale, non si fossero rese conto, fino a quel momento, che la fibromialgia non è rilevante per i mezzi di comunicazione di massa dell’ecosistema dell’informazione spagnola. Tiene a precisare però che, nonostante la fibromialgia non fosse presente nelle grandi agende del settore della comunicazione, non significa che non ci sia sempre stato un interesse sociale su questo problema.

Secondo Pedrosa, la fibromialgia non è un grosso problema mediatico, per diversi motivi. Tra questi, vale la pena evidenziare gli stessi profili imprecisi della descrizione clinica della malattia, che rendono difficile semplificare i messaggi, un processo fondamentale per l’esistenza di un racconto mediatico. Inoltre, la fibromialgia attualmente non ha un’eziologia identificata o un trattamento farmacologico di riferimento che abbia efficacia curativa. Ciò implica che tale patologia esuli dal circuito degli interessi che associano una certa malattia al mercato della farmacologia e ai servizi sanitari, che la separa dalle aspettative imprenditoriali dei media, che sono società che hanno un costo economico. La Spagna è affondata e sta attraversando gravi difficoltà di sostenibilità finanziaria nel campo del giornalismo, carta stampata si intende; una situazione che ha causato la distruzione di circa 12.000 posti di lavoro nei media spagnoli tra il 2008 e il 2014. Si può semplicemente dire che non c’è nessuno, eccezioni a parte, che con un livello minimo di competenza e il necessario grado di specializzazione, possa parlare di fibromialgia nei media con continuità. D’altra parte, i media hanno agito da specchio dell’agenda politica, un ruolo che si è intensificato negli ultimi tempi date le difficoltà finanziarie. Vale la pena puntualizzare, in questo senso, che la scarsa (seppure esistente) presenza della fibromialgia negli argomenti trattati dai grandi media sia senz’altro determinata dall’interesse della politica verso il mondo delle associazioni di pazienti legate a questa patologia.

La fibromialgia non è rilevante per i media nell’ecosistema informativo spagnolo e, tuttavia, suscita interesse sociale“.

La fibromialgia interessa il pubblico, afferma Pedrosa, infatti le ricerche del termine “fibromialgia” su Google effettuate in Spagna superano di gran lunga le 40.000 al mese. Se questo interesse viene confrontato con quello per il termine “diabete”, ad alta incidenza e prevalenza, con una numerosa schiera farmacologica, inclusione standardizzata nel portafoglio dei servizi delle organizzazioni sanitarie, esistenza di un forte movimento associativo di pazienti, presenza mediatica consolidata, ecc., il numero di ricerche mensili è approssimativamente lo stesso. In effetti, a questo punto è evidente che la fibromialgia sia un argomento decisamente interessante. Ma non fa parte del business dei media tradizionali di oggi.

In pratica, afferma Pedrosa, è una storia invisibile.

Significa che la fibromialgia come notizia esiste ma è invisibile? In un certo senso è così; allo stesso modo in cui i suoi costi diretti e indiretti sono invisibili. La fibromialgia potrebbe non interessare i media. Perché la storia di questo problema di salute, come in tanti altri casi, è mutata e si è spostata di palcoscenico in palcoscenico: il pubblico si è frammentato e gli intermediari, che non si adattano, sono scomparsi. Questi sono tempi di nano – media e micro – politica. In altre parole, la fibromialgia è nella conversazione di persone che si sentono direttamente o indirettamente sfidate da questa malattia e nella sua espressione nel mondo di Internet e dei cosiddetti social network. Senza chiedere il permesso di farlo ai media o alle solite agende politiche.

Il 12 maggio si è celebrata, come negli anni precedenti, la Giornata Mondiale della Fibromialgia. L’interesse dei media, in Spagna, in questa occasione utile per dare visibilità alla malattia e alle persone che ne soffrono, è stato limitato. Tuttavia, in uno dei social network di riferimento, Twitter, l’hashtag #fibromialgia ha articolato un interessante mix conversazionale: quel giorno si sono generate 3.320 relazioni tra 2.378 utenti di Twitter che hanno condiviso messaggi sulla #fibromialgia organizzati in ben 426 diverse community. Senza addentrarci nell’enorme quantità di informazioni che possono essere estratte da queste reti attraverso tecniche di Social Network Analysis (ARS) con l’ausilio di software di estrazione e visualizzazione dei dati, analizzando i report prodotti dopo le ricerche a tema, si può affermare che quel giorno hanno parlato di fibromialgia in rete attori di diversi profili e vari interessi: persone interessate, associazioni di pazienti, politici, media specializzati in questo problema di salute, celebrità occasionali e, in generale, chiunque volesse condividere un messaggio in merito. Indubbiamente, se, come dice il Manifesto Cluetrain (uno dei testi eponimi della cultura collaborativa della Rete), i mercati sono conversazioni, lo è anche la fibromialgia.

Internet apre sempre nuove arene per la conversazione, le storie non si raccontano più a bassa voce nella cattedrale di chi custodisce il cosiddetto sapere: ora si possono gridare anche al bazar dietro l’angolo, o comodamente seduti in poltrona nella propria casa.

Chiunque senta di avere qualcosa da contribuire a rendere il mondo un posto migliore, ha la stessa responsabilità, in questo processo di cambiamento culturale, degli stessi cittadini che non si sono evoluti”.

Questo caso è un ulteriore esempio del potere di Internet come catalizzatore tecnologico del profondo processo di cambiamento culturale vissuto soprattutto dalle società occidentali consapevoli di vivere in un mondo globalizzato. E dà un’idea del potere che in questo passaggio alla società in rete (Castells) hanno in mano le persone, compresi coloro che soffrono di fibromialgia, di intervenire efficacemente sulla realtà. Anche se nella maggior parte dei casi non ne sono consapevoli. Pertanto, è di fondamentale importanza non solo l’immersione digitale delle voci che vogliono intervenire nella conversazione sulla fibromialgia, ma l’accompagnamento delle persone nella sfida della vera partecipazione dei cittadini nel prendere decisioni importanti per la società; tenendo sempre presente, senza dubbio, che la partecipazione è un trasferimento di potere e il potere non viene mai ceduto volontariamente da chi lo detiene. Si apre così un’opportunità per trasfondere informazioni che germogliano in conoscenza, in coscienza critica, in consapevolezza critica, nella disponibilità ad intervenire efficacemente nella realtà.

I miei amici filosofi del seminario sulla fibromialgia sono rimasti sorpresi dalla descrizione di questo scenario: c’è vita fuori dall’Accademia, mi hanno detto, ottimisticamente. Il che implica che l’Università, senza dubbio, e in generale chiunque senta di avere qualcosa da contribuire per rendere il mondo un posto migliore, ha tanta responsabilità di fronte a questo processo di cambiamento culturale quanto la stessa cittadinanza che non si è ancora risvegliata.

Questa è la situazione in Spagna descritta da Pedrosa. Come è vista la fibromialgia in Italia?

Ho fatto la stessa cosa, con un software gratuito, che mi ha permesso di verificare quante volte è stato cercato il termine “fibromialgia” in Italia: sono riuscita ad ottenere una classifica per Regioni e i vari termini secondari più o meno collegati al termine stesso. Come ultima elaborazione statistica ho messo a confronto, all’interno del medesimo arco temporale, la quantità di ricerca in rete del termine “Fibromialgia” con quella del termine “Influenza Stagionale”.

Il dato riportato nel grafico riguarda la ricerca confrontando due termini nello stesso periodo temporale

Come si può osservare dal grafico, la linea di colore blu indica la fibromialgia, quella rossa, l’altro termine ricercato cioè, influenza stagionale. In un solo anno, è questo l’arco temporale, il termine fibromialgia è nettamente superiore.

Analizziamo ora la ricerca dello stesso termine, fibromialgia, diviso per Regioni:

Periodo di riferimento: 01/02/2022 – 01/02/2023 Ricerca per Regione del termine Fibromialgia
Regione
Molise100
Sardegna90
Calabria89
Abruzzo78
Basilicata77
Valle d’Aosta74
Sicilia73
Puglia70
Liguria69
Umbria66
Campania66
Marche65
Toscana64
Emilia-Romagna63
Piemonte58
Lazio57
Veneto56
Friuli-Venezia Giulia56
Trentino-Alto Adige54
Lombardia49

Come si può notare dalla tabella, la regione Molise è quella che ha fatto più ricerca rispetto alle altre, fanalino di coda, la Lombardia.

Analizziamo ora la tabella che elenca i vari termini più o meno collegati alla parola “fibromialgia”. FATE ATTENZIONE, QUESTA E’ QUELLA PIU’ INTERESSANTE

Fibromialgia: 01/02/22 – 01/02/23 e Termini Associati più cercati solo in Italia
TOP
fibromialgia100
fibromialgia sintomi22
la fibromialgia12
fibromialgia sintomi iniziali3
fibromialgia cura3
fibromialgia cure3
fibromyalgia3
artrite2
reumatologo2
fibromialgia cause2
fibromalgia2
fibromialgia gambe sintomi2
sintomi della fibromialgia2
diagnosi fibromialgia1
fibromialgia terapia1
dolori muscolari1
fibromialgia autoimmune1
fibromialgia tender points1
fibromialgia muscolare1
tender points1
artrite reumatoide1
fibromialgia reumatica1
fibrosi cistica1
fibromialgia non curata conseguenze1
fibromialgia invalidità civile 2022< 1
RISING (Termini in Crescita)
fibromialgia non curata conseguenzeImpennata
fibromialgia invalidità civile 2022Impennata
tizanidinaImpennata
visita reumatologicaImpennata
fibromialgia riconoscimento invalidità 2022Impennata
fibrosi polmonareImpennata
spondiloartriteImpennata
sindrome gambe senza riposoImpennata
fibrofogImpennata
reumatologo cosa curaImpennata
fibromi penduli+4.950%
come diagnosticare la fibromialgia+300%
fibromialgia gambe sintomi+110%
sintomi della fibromialgia+60%
fibromialgia terapia+50%
fibrosi cistica+40%

Guardate quali sono i termini indicati nella tabella (IN CRESCITA). Sono molto significati e parlano da soli

Cosa aggiungere di più. C’è un proverbio molto famoso che recita così:

Paese che vai, usanza che trovi

Ogni Paese ha le proprie usanze e i propri costumi. In senso lato, ciascun Paese ha il proprio modo di affrontare una determinata vicenda. Per quanto riguarda la fibromialgia, chissà perché, l’atteggiamento è lo stesso.

Rosaria Mastronardo

Come è di difficile spiegare la fibromialgia

Succede spesso quando discuto delle mie malattie croniche, come la fibromialgia e tutte le altre con uno qualunque, che non mi conosce bene e prova a mettere in relazione la propria esperienza personale e i suoi acciacchi con le mie malattie croniche; ho sempre l’impressione che non ha idea di come io mi senta veramente, sento questo “qualunque”, lontano chilometri e chilometri. Da un lato, apprezzo che stia almeno tentando di mettere in relazione la/le sue problematiche con le mie per potermi capire, dall’altro mi sento frustrata perché sembra proprio che accondiscende come se quello che racconto, non fosse vero e non faccia così male.

La fibromialgia non è “solo dolori muscolari“, come quello che provi dopo una giornata di lavoro pesante. È un dolore diffuso – su tutto il corpo, la maggior parte delle volte, è grave, è forte e ti lascia senza fiato. E’ un dolore “anormale”. Dolore , non solo dolori. “Il mio dolore cronico, da fibromialgia e tutto il resto, è molto di più che quel “solo dolore”.

La fibromialgia non è “solo stanchezza”, quella stanchezza che provi anche se ti diverti ballando o saltellando. È l’ estremo affaticamento e esaurimento delle tue forze fisiche, e non importa quanto tu possa riposarti o quanti farmaci prendi insieme a tutti gli integratori del mondo farmaceutico, quella stanchezza, quell’affaticamento saranno sempre lì anche dopo un mese di vacanza senza fare nulla, perché i nostri corpi non riposano come quelli degli altri.

La fibromialgia non è “solo avere problemi a dormire“. È una grave interruzione del ritmo del sonno, e talvolta una grave insonnia, che i farmaci non aiutano, senza considerare i numerosi effetti collaterali di questi farmaci. Non puoi lavorare o fare commissioni, perchè il giorno dopo rischieresti di addormentarti alla scrivania o al volante.

La fibromialgia non è “come avere l’influenza“. Sì, alcuni dei sintomi possono sembrare simili ma, i dolori e quel tipo di dolore sono molto peggio di quelli che avverti quando hai l’influenza, sono un po simili a quelli che avvertono tutti o quasi tutti, dopo una caduta da un dirupo oppure investiti da un’auto, però i tuoi, quelli della fibromialgia, non passano.

La fibromialgia non è “solo depressione“. La depressione stessa può essere debilitante, quindi non è una cosa facile da gestire, ma troppe persone pensano che quelli di noi con la fibromialgia abbiano solo bisogno di cure per la salute mentale invece di capire che questa malattia è principalmente fisica. A mio parere personale, l’aspetto depressivo è causato dai sintomi fisici che proviamo. È piuttosto difficile soffrire 24 ore su 24, 7 giorni su 7 con uno schema del sonno costantemente interrotto, e non finire depresso. Quando la pensi in questo modo, sembra piuttosto sciocco pensare che sia il contrario, specialmente quando così tanti di noi hanno dimostrato di essere in grado di stare bene mentalmente prima che i sintomi fisici diventassero troppo gravi. Molti con fibromialgia si spingono a fare tutto bene a un livello superiore a quello che dovrebbero per paura di deludere le persone. Le malattie invisibili sono più difficili da accettare e riconoscere per le persone.

La fibromialgia non è “una scusa“. È il motivo per cui non siamo in grado di fare tutto ciò che può fare una persona sana. Possiamo ancora vivere, dobbiamo solo farlo in un modo molto diverso da quello che la società ci impone.

Le malattie croniche, sia fisiche che mentali, ad esempio, non sono solo “malattie normali“. Sono implacabili. Colpiscono tutti gli aspetti della nostra vita, ogni giorno. Alcune sono invisibili, causando ancora più complicazioni. Dobbiamo imparare a convivere con loro perché non ci sono cure e, a volte, pochissimi trattamenti. Viviamo una vita complicata sotto tutti i punti di vista, ed è stancante, credetemi, vivere questa vita tentando anche di far capire quello che gli altri non vedono con gli occhi o toccano con mano, il “dolore”.

La malattia cronica non è “una scusa“. È il motivo per cui non siamo in grado di essere operativi come quelle persone sane.

La fibromialgia e il dolore ad essa collegato è difficile da spiegare. Spero di aver dato un piccolo contributo per comprenderla un pò meglio.

Rosaria Mastronardo