Fibromialgia e l’associazione con l’artrite reumatoide e l’osteoartrosi

La fibromialgia (FM) è spesso associata ad altre malattie che agiscono come fattori confondenti o aggravanti quali l’artrite reumatoide (AR), le spondiloartrite (SpA), l’osteoartrosi (OA) e le malattie della tiroide

Questo articolo è stato scritto da un medico, dell’Unità Operativa Complessa di Reumatologia di Milano, nel 2016. Molte cose erano già note sulla Fibromialgia, esami da fare, come individuare bene la FM nei pazienti affetti da dolore cronico ma, soprattutto era chiaro, già in quell’anno come cercare di comprendere se il paziente avesse solo la Fibromialgia e/o ben altre malattie più “gravi” della Fibromialgia. Allora mi sono fatta tante domande ma, una su tutte è questa: perchè ancora si insiste sui solo “Tender Points” e pochissimi medici sottopongono questi pazienti ad altri e più specifici esami?

La risposta, con certezza non la conosco, posso solo immaginarla. Lascio a chi leggerà questo articolo, una propria opinione.

La fibromialgia (FM) è spesso associata ad altre malattie che agiscono come fattori confondenti o aggravanti quali l’artrite reumatoide (AR), le spondiloartrite (SpA), l’osteoartrosi (OA) e le malattie della tiroide.

I sintomi più comuni e caratteristici della FM sono il dolore diffuso, la rigidità, l’astenia e il sonno non ristoratore. Tuttavia, il sintomo patognomonico è il dolore muscoloscheletrico cronico diffuso presente consecutivamente da almeno 3 mesi e riferito ad entrambi gli emisomi, (una delle due metà del corpo umano, definite secondo un piano di simmetria sagittale) al di sopra ed al di sotto della vita, ed assiale, a carico di almeno uno dei tre segmenti, cervicale, dorsale e lombare.

Circa 2/3 dei pazienti riferiscono bruciore dappertutto e questo sintomo può essere utile per differenziare la FM da altre condizioni dolorose.

Il dolore può essere descritto con una combinazione di termini quali scottante, bruciante, vibrante, battente, martellante, profondo, tagliente e come la rigidità, spesso viene aggravato dal freddo o dal clima umido, dall’ansia o dallo stress, dall’attività fisica eccessiva, dal sonno non ristoratore e dal rumore. Tuttavia, il dolore muscoloscheletrico rappresenta un sintomo comune nei pazienti affetti da malattie reumatiche sistemiche, ma non è sempre facile scoprirne la causa.

Il dolore rappresenta il sintomo patognomonico per la diagnosi di FM, ma è associato ad una varietà di sintomi (come l’astenia, il fenomeno di Raynaud, i disturbi del sonno, la rigidità muscolare, la sindrome sicca (detta anche sindrome di Sjögren), la sindrome del colon irritabile, la depressione e l’ansia) che agiscono come fattori confondenti perché sono presenti in diverse condizioni dolorose, e la mancanza di esami di laboratorio specifici per la FM può facilmente portare ad una diagnosi errata.

La sua diagnosi clinica non è semplice poiché sintomi simili-FM sono facili da ritrovare, quindi la diagnosi differenziale con le altre cause di dolore cronico è fondamentale.

Quando il dolore coinvolge un ampio numero di articolazioni, può essere confuso con il dolore diffuso della FM, ma il grado di dolore misurato per mezzo della scala analogica visiva (VAS) non permette di distinguere la FM da altre condizioni dolorose quali la (AR) o (OA).

Inoltre, la FM può co-esistere con malattie immuno-infiammatorie, molte malattie reumatiche e non reumatiche possono essere erroneamente diagnosticate come FM. Attualmente non esistono test strumentali in grado di confermare la diagnosi, ma molte delle diagnosi differenziali vengono escluse attraverso un accurato esame clinico ed anamnestico.

Considerando la sovrapposizione della FM con le altre malattie, i medici dovrebbero essere piuttosto attenti: la radiografia del torace e l’ecografia dell’addome rappresentano i primi step per la valutazione dei pazienti con sospetta diagnosi di FM. Tuttavia, effettuare la diagnosi di FM può essere difficile a causa della natura multisfaccettata della sindrome e della sovrapposizione con le altre condizioni dolorose croniche.

FM associata a artrite reumatoide e osteoartrosi.

I meccanismi coinvolti nella FM sono molteplici e complessi. Alcuni di questi meccanismi coinvolgono la somatizzazione temporale (windup), il potenziamento a lungo termine (LTP), il potenziamento etero-sinaptico, una disfunzione delle vie inibitorie discendenti del dolore, e una attivazione del pathway facilitario discendente.

Il dolore nell’AR si riteneva fosse periferico e infiammatorio. Tuttavia, anche il dolore centrale può essere importante, i pazienti affetti da AR presentano in genere iperalgesia agli stimoli meccanici e termici in diverse aree del corpo, e non solamente nelle articolazioni infiammate.

I pazienti affetti da AR presentano anche una risposta al dolore dovuto ai valori del TNF (Inibitori del Fattore di Necrosi Tumorale) maggiore rispetto ai controlli. Gli stessi dati sono stati osservati nell’OA, nella quale è stato dimostrato il ruolo sul dolore di fattori centrali. Un piccolo studio ha riportato che i pazienti affetti da OA presentano iperalgesia diffusa secondaria a stimoli meccanici e al calore. Inoltre, per confermare questi dati, studi hanno dimostrato che composti che agiscono sui neurotrasmettitori del dolore centralmente quali la serotonina e la norepinefrina (es, duloxetina, triciclici) sono efficaci nell’OA.

Sulla base di questi risultati, il dato più importanti dell’associazione FM e malattie croniche è il suo riconoscimento al fine di trattarla in modo ottimale. Per esempio, quando i sintomi della FM associata ad un numero rilevante di Tender Points, sono presenti nell’AR, essi non dovrebbero essere automaticamente attribuiti ad una aumentata attività di malattia e non dovrebbe essere prescritte alte dosi di farmaco biologici o di corticosteroidi senza un adeguata valutazione dei TPs e degli esami di laboratorio.

Incertezza, insicurezza e dubbi che si sono insinuati in me, negli anni, dopo la diagnosi di fibromialgia.

Una cosa che mi sorprende continuamente quando si tratta di fibromialgia, è l’insicurezza. Sono facilitatrice di due gruppi di auto aiuto da diversi anni, e ho sempre sentito tutti coloro che partecipano ai gruppi che facilito, affermare che i tanti professionisti medici consultati lungo il percorso di diagnosi e “non cura”, ancora oggi, nonostante la letteratura immensa a disposizione, non credono che il nostro dolore sia reale. In alcuni casi nel racconto sento emergere che una parte, tutt’altro che irrisoria, di questi “luminari”, mette addirittura in dubbio l’esistenza della fibromialgia come vera e propria malattia fisica, ed afferma in maniera più o meno palese, che si tratti invece di un insieme di sintomi provocati da malattia psicosomatica, per cui psichiatrica. L’insicurezza, l’incredulità e la diffidenza non caratterizzano solo l’atteggiamento dei medici ma anche quello dei nostri amici e familiari, per non parlare poi del luogo di lavoro. E’ un continuo, è un tormentone che ci penalizza e ci abbatte, ci avvilisce ogni giorno.

Penso che l’insicurezza e l’incertezza da parte dei medici sia sicuramente “frutto” delle poliedriche teorie sull’origine della malattia, tanto che si sono sviluppate, nel tempo, decine di correnti di pensiero al riguardo, facendo sì che idee e preconcetti si moltiplicassero senza limiti nella confusione generale. È risaputo che non esiste ancora un test ematico che possa rilevare, tramite marcatore specifico, che ci si trovi inconfutabilmente in presenza di Fibromialgia, e nemmeno esiste un esame diagnostico che attesti che noi siamo affetti da questa malattia.

Il medico, spesso un reumatologo, ti rivolge qualche domanda sul dolore che provi, e tu racconti che lo senti martellante, sordo, a tratti insopportabile. Se l’uomo che ti sta davanti con il suo bel camice bianco ne ha voglia, allora si alza dalla scrivania, ti tocca in alcuni punti del corpo, e se toccandoli reagisci rientrando in “certi canoni”, emette la fatidica diagnosi: fibromialgia, punto. Punto? Sì, punto. Perché tutto finisce lì, nonostante in scienza e coscienza ed anche in base ad un tacito accordo, quasi un protocollo, prima di formulare detta diagnosi, l’uomo con il camice dovrebbe indagare per cercare di escludere tutte le altre malattie che possano avere identici sintomi, hai visto mai che si possa prendere in tempo una malattia diversa da quella del sacco contenitore, quello con il marchio Fibromialgia, dove finiscono tutti coloro che non avranno mai una cura. In pratica, i sintomi di malattia che tu riferisci di provare bastano a far scattare nello specialista il desiderio di fermarsi, per risparmiarsi le prescrizioni di altre indagini. Ciò che spinge il medico a refertare la diagnosi è la presenza di alcuni sintomi, fra quelli annoverati in un lunghissimo elenco, genericamente da associarsi, per convenzione, alla fibromialgia. Quindi è l’appartenenza di un sintomo a questo elenco a scatenare una diagnosi, quasi sempre molto affrettata, e non un esame di laboratorio.

Altra cosa sono i parenti, amici e datori di lavoro che mettono costantemente in dubbio il tuo provare dolore, il tuo stare male, la tua stanchezza cronica, la tua affaticabilità, la tua scarsa concentrazione. Ecco allora che nascono tutti gli epiteti più cattivi e ingiusti. Sei una fannullona, non hai voglia di fare nulla, sei depressa, vatti a fare una camminata, fatti una vacanza, trovati un buon compagno, e vedrai che ti passa, etc, etc.

Ci isoliamo, ma al tempo stesso siamo evitati, fino al punto di essere completamente emarginati, rischiamo di essere licenziati da un datore di lavoro che guarda la produzione e che se ne infischia della tua fatica quotidiana nel gestire tutta la devastazione del tuo corpo ad opera di una malattia subdola, che quando ti prende sei sua per sempre, avvolta nelle sue spire sempre più strette. Per noi la vita diventa l’inferno. E’ un cane che si morde la coda, non hai scampo. Soffri per il dolore che nessuno vede, e in più sei anche stigmatizzato.

Tutto questo l’ho vissuto in prima persona e l’ho rivissuto ascoltando nei gruppi di auto aiuto, le testimonianze di altre/i nelle mie stesse condizioni. Quelle testimonianze erano copie conformi della mia situazione di malattia e sofferenza, uguali identiche.

Qualcuno riesce ad uscire da questo impasse, altri no, ma come biasimare questi ultimi. Noi siamo esseri umani e non siamo tutti uguali, ogni soggetto reagisce in modo diverso agli stimoli esterni, fisici e patologici, e le cure vengono sopportate da ciascuno in modo tutt’altro che standardizzato. È il motivo per cui a contatto con una certa sostanza c’è chi va in anafilassi e chi la tollera tranquillamente. Dovrebbe essere normale saperlo, per un medico, ma non è sempre così. Probabilmente perché molti medici si sono talmente abituati ad avere nel cassetto della loro scrivania il manuale dei protocolli al posto del giuramento di Ippocrate, che si sono disabituati al ragionamento preferendo agire prevedendo una loro tutela giuridica in caso nascesse una controversia legale nei loro confronti a causa di un errore medico.

Tutto quello che ho descritto, immaginate, per me è iniziato nel 2015, anno della diagnosi di Fibromialgia.

Premetto che la “sentenza” mi venne fatta da un neurologo. Fui colpita, in quel momento orribile della mia vita, da forti parestesie alle gambe. Non avevo sensibilità dal bacino in giù, le mie gambe non erano più fatte di carne, ma dure come cemento, al punto che non camminavo più e mi trascinavo letteralmente. Dopo circa un anno passato in quel modo, il neurologo emise il fatidico verdetto: “Fibromialgia”. Nella vita di chi riceve questa diagnosi, esiste una “vita prima” e una “vita dopo” la diagnosi, completamente stravolta rispetto alla prima. Da quel momento ad oggi, i vari medici che ho consultato mi hanno prescritto e consigliato di tutto, ed anche l’esatto contrario di quel tutto. Consigliato e prescritto a seconda della teoria del momento. Hanno seguito alla lettera tutto ciò che i “famosi” protocolli indicavano per il trattamento del paziente con fibromialgia. Per cercare di mascherare o attenuare il dolore, non hanno prescritto altro che farmaci presi a prestito da altri protocolli di cura, e che servirebbero per trattare ben altro, visto che, come noto, non c’è cura, non c’è nulla che possa risolvere i sintomi della fibromialgia.

I farmaci che di prassi si prescrivono in quest’ambito, poiché non curano ma cercano solo di tenere a bada un sintomo senza risolverne la causa, non impediscono a quest’ultima di continuare imperterrita a manifestarsi tramite il dolore, ed il dosaggio del farmaco, creando assuefazione, dev’essere aumentato sempre più, fintanto che anziché essere efficace, crea solo danno e dev’essere sospeso. Si prova un altro farmaco, e l’epilogo è lo stesso di quello precedente. Se paragonassimo banalmente la malattia all’acqua che sgorga dal rubinetto senza poterne chiudere il flusso, e fingessimo che il tappo del lavandino fosse il farmaco, ci accorgeremmo che il tappo non potrà nulla se l’acqua continuerà a scorrere nel lavandino, che si riempirà fino a far fuoriuscire l’acqua che continuerà imperterrita a scorrere fino ad allagare prima la cucina (un organo), e poi la casa (l’intero corpo umano).

A dimostrazione dell’immenso danno che provoca una delle regole stabilite nel protocollo di diagnosi della fibromialgia, che impone al medico, dopo la diagnosi, di non prescrivere più alcun accertamento diagnostico, nel corso di questi anni, in via del tutto accidentale, mi sono state diagnosticate via via altre patologie, croniche ed autoimmuni. Farò l’elenco, attenzione però, non a scopo vittimistico, lo farò perché mi sono sorti dei dubbi, dubbi che si rafforzano anche con il sentire, conoscere storie come la mia tramite il racconto di altri malati che si sono trovati nelle mie stesse condizioni, cioè aver avuto la diagnosi, il marchio “fibromialgia”, ed aver trovato, da quel momento in poi, un muro di gomma di fronte ad ogni richiesta di aiuto, perennemente inascoltati, marchiati come pazienti con diagnosi di malattia incurabile o immaginaria. Mentre subivo tutto questo, covavo ben altre malattie dentro di me, che purtroppo si sono evidenziate quando ormai non potevano più essere ignorate nemmeno dal più stolto degli uomini con il camice bianco.

Ecco l’elenco, non in ordine di diagnosi medica:

Fibromialgia, Artrite Psoriasica, Psoriasi, Tiroidite di Hashimoto, Sindrome di Reynaud, Osteocondrite di 4° livello alle caviglie , Spasmofilia, Artrosi mani e piedi.

Quali sono i dubbi che oggi mi assalgono?

Sono fibromialgica e tutte queste malattie sono correlate ad essa?

Non sono fibromialgica e quel giorno, il giorno in cui le mie gambe erano diventate di cemento e avevo perso la sensibilità, non erano altro che una sorte di “campanello di allarme” di tutto quello che poi è venuto dopo?

Come sapete tutti, non sono un medico, non ho studiato medicina, ma da malata mi pongo tante domande, ragiono tanto su tutti questi anni, 8 lunghissimi anni passati con dolori sempre più forti, anni in cui ho dovuto necessariamente gestire e sopportare incomprensioni, accrescere consapevolezza e coltivare pazienza, in mezzo a visite, esami e tanto tanto altro che non mi va di raccontare, ma che purtroppo ho vissuto. Sono giunta ad una conclusione e ripensando ad un proverbio che recita “E’ un gran medico chi conosce il suo male” ho maturato l’idea che la fibromialgia sia solo un campanello d’allarme, un’avvisaglia, e come tale sia la punta dell’iceberg di altre malattie.

E non essendo un medico, da anni parlo e scrivo solo per raccontare la mia esperienza personale, e quando nei gruppi che facilito, ascolto le storie di persone che soffrono come me, mi accorgo che in maniera simile a me, negli anni della loro vita di “fibromialgici” hanno sviluppato ben altre malattie, molte di esse di origine autoimmune.

Quindi ciò che mi domando sempre più insistentemente è: la Fibromialgia esiste come malattia a sé stante, oppure è una sindrome vera e propria, un insieme di sintomi che si manifestano in presenza di altre malattie che per comodo non vengono più ricercate, coperte dal mantello Fibromialgia, lasciando che esse stesse progrediscano fintanto che non esplodono nella loro gravità?

Sono dubbi legittimi, di una malata cronica che non ne può più di sopportare il male che non passa mai, e l’immobilismo, l’ignoranza, la mancanza di empatia e di ascolto.

Rosaria Mastronardo

Le mie scuse ai miei pazienti affetti da fibromialgia.

Le scuse di un medico che si è ammalata di fibromialgia

Questa è la storia di Amanda Shelly, assistente medico, mamma single che vive in Arizona. Amanda, ha compiuto 40 anni da poco e sta lavorando per trovare, in tutti i modi, ad affrontare la malattia cronica, la fibromialgia, per godersi ancora la vita.

Ho delle scuse da fare.

Vorrei scusarmi con tutti i pazienti che ho visto nei miei anni di lavoro in pronto soccorso che soffrivano di dolore cronico dovuto a fibromialgia o malattia autoimmune.

Vorrei scusarmi per non sapere, capire e in alcuni casi nemmeno credere a quello che stavi passando.

Vedi, nella scuola per assistenti medici, proprio come la scuola di medicina, non ci insegnano come queste malattie influiscono sulla vita dei nostri pazienti. Non ci dicono che è stato incredibilmente estenuante per il nostro paziente arrivare in ufficio o che probabilmente dovranno riposare e riprendersi i giorni successivi. Non ci dicono che stare seduti sulla sedia nella sala d’attesa fa male ad ogni parte del tuo corpo, non ci dicono che possono darvi dolore anche quello che indossate che siano essi vestiti o scarpe. Non ci insegnano come la tua famiglia sia influenzata dalla tua incapacità di partecipare alla vita sociale, dare cure e attenzioni al proprio coniuge o figli o persino preparare la cena.

Ma ora lo so. E mi dispiace.

Lo so perché da alcuni anni combatto con la fibromialgia e qualche altro problema autoimmune ancora da identificare. Lo so perché ho dovuto insegnare a mio figlio piccolo come abbracciare dolcemente. Lo so perché ho sentito i suoi amici commentare su quanto sono pigra, per il tanto tempo che passo a letto. Lo so perché non riesco più fisicamente a tenere il passo con i pazienti in ambulatorio, per fortuna ho potuto lavorare da casa grazie alla telemedicina. E lo so perché quella cara vecchia “nebbia fibrosa” spesso fa sembrare che il mio cervello si stia spegnendo, faccio fatica a ricordare le parole che volevo dire al paziente che sto cercando di aiutare.

All’inizio volevo nascondere la mia diagnosi ai miei colleghi. C’erano ancora così tanti colleghi là fuori che non credevano nemmeno che la fibromialgia fosse un vero disturbo (io ero uno di loro). Ma negli ultimi due anni di ininterrotte visite di specialisti, test con risposte bizzarre ma non chiare, prove di un farmaco dopo l’altro, ho imparato che anche se la comunità medica si sta aprendo alla realtà che questo è reale, “loro” , alcuni di loro, continuano a non capirlo.

Questo mi ha colpito di nuovo due giorni fa ad un appuntamento con un reumatologo che ha detto: “Non vedo nulla di preoccupante” quattro volte ha ripetuto la stessa frase, durante la nostra visita. Veramente? Non pensi che dover fare il mio lavoro dal mio letto in alcuni giorni sia preoccupante? Non pensi che l’isolamento causato dal non poter andare a fare e vedere cose con la mia famiglia sia preoccupante?

È giunto il momento che i medici smettano di guardare i risultati di laboratorio e inizino a guardare l’intero quadro. Anche se la scienza non ha scoperto una cura, solo un semplice riconoscimento di ciò che i pazienti stanno effettivamente attraversando sarebbe un enorme passo avanti verso il superamento del divario tra la tua realtà e la mia.

Prima di giudicare la mia vita o il mio carattere mettiti le mie scarpe, percorri il cammino che ho percorso io. Vivi il mio dolore, i miei dubbi, le mie risate. Vivi gli anni che ho vissuto io e cadi là dove sono caduto io e rialzati come ho fatto io.” (Luigi Pirandello)

I sintomi della fibromialgia peggiorano nel tempo?

N.B.

Tutte le informazioni mediche incluse in questo testo si basano su esperienze personali. Per domande o dubbi riguardanti la salute, si prega di consultare un medico o un professionista, SEMPRE.

La fibromialgia è una condizione progressiva?

È una domanda controversa che circola frequentemente nella comunità dei fibromialgici. Molti professionisti medici dicono di no, ma molti pazienti tendono a non essere d’accordo. Questo articolo non intende “prendere una posizione“, ma piuttosto avviare una discussione condividendo sia la ricerca che le esperienze vissute di chi soffre di fibromialgia.

Innanzitutto, è importante chiarire esattamente cosa significa “progressiva“. Secondo la National Library of Medicine degli Stati Uniti , una malattia progressiva è definita come: “Una malattia o disturbo fisico il cui decorso nella maggior parte dei casi è il peggioramento, la crescita o la diffusione della malattia.” Le malattie possono essere rapidamente progressive (in genere da giorni a settimane) o lentamente progressive (da mesi ad anni). Diverse malattie che sono state ufficialmente riconosciute come progressive sono la fibrosi cistica, l’artrosi, il morbo di Alzheimer e alcuni tipi di sclerosi multipla. In breve, una malattia progressiva peggiora nel tempo e fa sì che la persona peggiori dal punto di vista della salute e della sua capacità funzionale.

Anche se molti pazienti con fibromialgia hanno dichiarato che i loro sintomi sono peggiorati nel tempo, molti professionisti medici ritengono che la fibromialgia non possa essere definita una condizione progressiva, poiché non segue sempre la stessa traiettoria per ogni paziente.

Alla domanda se la fibromialgia è progressiva, il dottor Kevin Fleming della Mayo Clinic Fibromyalgia and Chronic Fatigue Clinic ha dichiarato al National Pain Report :

In breve, no. La fibromialgia (FM) è considerata un disturbo dell’elaborazione del dolore nel sistema nervoso centrale, in particolare nel cervello. I sintomi della FM aumentano e diminuiscono e possono progressivamente peggiorare in alcuni pazienti, ma la FM non è progressiva nel senso medico che è non deformante, non degenerativa e non fatale (a differenza, ad esempio, del lupus o del morbo di Parkinson).

Più a lungo si hanno sintomi di dolore, maggiore è stato il dolore e più sono presenti anche sintomi fisici non dolorosi, più è probabile che i sintomi rimangano cronici. Ma i sintomi possono e migliorano, consentendo la normale funzione quotidiana, anche se i sintomi del dolore non si risolvono mai completamente. Sebbene l’origine della FM rimanga poco chiara, la fibromialgia è probabilmente in parte una risposta a fattori ambientali in individui geneticamente predisposti“.

Il Dr. Richard Podell invece, del The Podell Medical Practice nel New Jersey ha aggiunto:

Per la maggior parte delle persone con fibromialgia moderata o grave, ci sono periodi migliori e peggiori, ma di solito non è una progressione importante. Per altri si verifica la progressione. Per questo motivo il medico dovrebbe controllare se vi sono altre condizioni coinvolte nel peggioramento, ad esempio diagnosi come Lyme, problemi di sonno, depressione, dischi spinali, ecc.

Gli studi hanno dimostrato che quelli con fibromialgia possono sperimentare sintomi fluttuanti per tutta la vita. È possibile che le condizioni di una persona diminuiscano, quindi migliorino e così via, ed è anche possibile che le persone affette da fibro sperimentino periodi di remissione. Ognuno è diverso, quindi ne consegue che non esistono due persone che condividono lo stesso identico viaggio con la loro condizione.

Ma anche se molti professionisti medici potrebbero non credere che sia corretto classificare la fibromialgia come progressiva, ciò non significa che siano tutti contrari all’idea che i sintomi della fibromialgia possano peggiorare nel tempo per alcune persone. Alcuni medici ritengono che una progressione dei sintomi possa essere attribuita a fattori quali:

  • Sintomi non ben gestiti;
  • Alcune cause sottostanti (sono necessarie ulteriori ricerche);
  • Non essere in grado di essere auto-sufficiente a causa del dolore;
  • Mancanza di educazione sulla condizione;
  • Condizioni di comorbidità;
  • Fattori di rischio come stress cronico, depressione o disturbi del sonno.

La mia opinione personale che dettaglierò, nasce dalla mia esperienza con la FM. Almeno così sembrava essere la diagnosi dei medici, la prima volta che fui portata al Pronto Soccorso nell’anno 2015, per parestesie alle gambe.

Chi ha letto la mia storia con questa “bestia”, così ho sempre definito la FM, conosce bene cosa è accaduto dal 2015 ad oggi. Mi hanno visto tanti medici, reumatologi, neurologi, ortopedici, algologi, immunologi, tantissimi; ho fatto analisi di ogni tipo, farmaci a quantità smisurata che, oggi mi hanno reso farmaco-resistente, non si placa il dolore, il mio dolore, nessun antidolorifico se non iniettato in vena ma, anche quello, svanisce dopo appena 24 ore; ho assunto anche cannabis terapeutica, Bedrocan con 19% di THC, mi ha quasi ucciso; ho avuto dopo circa 9 mesi, un episodio di sincope. Oggi, nel 2023 come stanno le cose? Sono sempre fibromialgica? La malattia, nel mio caso, è peggiorata nel tempo?

Come nel 2015 la mia fibromialgia è sempre uguale; I tender points (o punti tender, punti fibromialgia o ancora tender points da fibromialgia) che ricordo, sono aree di dolore localizzato appartenenti a muscoli, tendini, legamenti, nelle giunzioni mio-tendinee (strutture “di passaggio” tra tendini e muscoli) o a livello delle borse, quando il tender points è presente, ovvero il paziente riferisce dolore alla palpazione di tale punto, lo specialista, spesso un reumatologo, considera positiva la presenza della FM, nel mio caso, nel 2015 questi tender erano 18 e 18 sono oggi nel 2023. Qua l’è la differenza tra il 2015 e il 2023 di questa manovra che, oggi il medico che mi segue, controlla sempre? L’intensità. Per me, quel toccare il punto dolente, è diventato INSOPPORTABILE. E’ talmente forte che il dolore arriva al cervello, è fa malissimo. In questi 8 anni, non c’è solo questo forte, insopportabile dolore causato dalla “manovra” dei tender points, c’è molto altro che, voglio sottolineare, non è emerso dal medico che in quel momento, mi seguiva ma, per casualità.

In alcuni casi, non si è voluto accertare, si leggete bene. NON SI E’ VOLUTO accertare la presenza di una malattia cronica e degenerativa solo perché, il medico di turno, si atteneva ad un protocollo vecchio, obsoleto, sorpassato, superato, si perché io risultavo essere negativa agli esami ematici (presenza di anticorpi, proteine deputate alla risposta immunitaria) peccato che il maledetto medico ha ignorato anche tutte le RM, ecografie ed RX che mostravano chiaramente gonfiore a livello articolare, alterazioni a livello ungueale, dolore ai talloni e caviglie, gonfiore delle estremità come caviglie, ginocchia e gomiti, tendini di spalle e caviglie lesionati, cartilagine assente e persino un buco nell’osso della caviglia, neppure queste chiari ed evidenti segnali hanno spinto questo maledetto dottore a non volere accettare/capire/ammettere che io avessi anche l’artrite psoriasica perché siero negativa. Ad oggi mi domando ancora se questo medico ignorasse che un paziente può avere l’artrite psoriasica ed essere siero negativo. Nell’ordine, da quel 2015, hanno della diagnosi di FM, sono in queste condizioni croniche, invalidanti e devastanti per me ma, non solo, per tutta la mia famiglia che mi ha vista, letteralmente, cambiata:

Fibromialgia;

Artrite Psoriasica;

Tiroidite di Hashimoto;

Sindrome di Reynaud;

Osteoartrite di 4° livello alle caviglie che ha danneggiato gradualmente cartilagine e tessuti circostanti, tanto da non riuscire più a camminare;

Neurolisi del nervo ulnare bilaterale, già operata una volta al braccio sinistro;

Spasmofilia;

Psoriasi;

Tendinosi spalle, entrambe;

Conflitto subacromiale con lesione tendine sovra-spinoso entrambe le spalle;

Formazione di tipo cistico spalla sinistra che deforma il sovraspinato già di per se lesionato;

Sindrome del tunnel carpale bilaterale.

Per ritornare al quesito di questo documento: I sintomi della FM possono peggiorare nel tempo? Io rispondo come ha risposto il Dr. Richard Podell del The Podell Medical Practice nel New Jersey:

Per la maggior parte delle persone con fibromialgia moderata o grave, ci sono periodi migliori e peggiori, ma di solito non è una progressione importante. Per altri si verifica la progressione. Per questo motivo il medico dovrebbe controllare se vi sono altre condizioni coinvolte nel peggioramento”.

Nel mio caso c’erano, eccome se c’erano ma, non sono state considerate. Sono state totalmente ignorate, tanto da rendere la mia vita, solo dolore. E’ una NON VITA, questa mia.

Siete liberi, se volete, di raccontare la vostra esperienza.

Rosaria Mastronardo

159 giorni di attesa. Inaccettabile.

nulla è più ingiusto che far parti uguali tra disuguali” Don Milani

Una mia lettera al Presidente della Regione Toscana e all’assessore alla Sanità Toscana

Buongiorno,

mi chiamo Rosaria Mastronardo, vivo a Firenze. Sono una donna, una mamma, una lavoratrice e volontaria, nonostante le mie precarie condizioni di salute.

Sì, perché sono affetta da: Artrite Psoriasica Sieronegativa, Fibromialgia, Tiroidite di Hashimoto, Sindrome di Reynaud, Osteoartrite di 4° livello alle caviglie, che ha danneggiato gradualmente cartilagine e tessuti circostanti, tanto da non riuscire più a camminare che per pochi brevi tratti; in più affetta da Neurolisi (già operata una volta), da Spasmofilia e da una leggera Psoriasi. Infine, si fa per dire, sono in lista di attesa per un intervento “complesso” alla spalla sinistra, compromessa da Artrosi, problemi del sovraspinato e da una formazione di tipo cistico, plurisettata e pluriconcamerata che deforma il muscolo stesso e non mi permette di sollevare il braccio.

Vi scrivo per manifestarvi tutta la mia rabbia, la mia incredulità, il mio disappunto, la mia delusione, il mio dispiacere, il mio rammarico e rincrescimento per la questione che illustrerò, che mi riguarda personalmente, ma che deduco, dai fatti che racconterò, possa riguardare tanti cittadini nelle mie stesse condizioni.

Per la mia condizione di disabile cronica ho fatto richiesta nel 2021 del contrassegno del parcheggio per disabili.

La prima volta, nel 2020, dopo una prima visita presso il distretto sanitario dell’Azienda Usl Toscana Centro, in via Lungarno Santa Rosa a Firenze, presso l’ambulatorio della medicina legale, la dottoressa ritenne opportuno rilasciarmi solo per 1 anno il contrassegno, che ritirai presso la sede del Parterre, sempre a Firenze. Dopo un anno la mia condizione è peggiorata, tant’è che, dopo essere ritornata nella stessa struttura e con la stessa dottoressa, quest’ultima firmò un documento per il secondo contrassegno con validità triennale.

Come mio solito, avendo tante scadenze, tra visite mediche, esami ematici e diagnostici, ancora di più attualmente poiché seguo una terapia biologica, pensai fosse utile occuparmi del contrassegno ben prima della scadenza, anzi, MOLTO PRIMA DELLA DATA DI SCADENZA indicata sul secondo contrassegno, numero 061520 con scadenza 19 marzo 2023: chiamo il numero unico di prenotazione del CUP metropolitano e chiedo l’appuntamento per il rinnovo del contrassegno. La chiamata al CUP viene fatta il giorno 21 novembre 2022, AVETE LETTO BENE, 21 novembre del 2022. L’operatrice che prese la mia chiamata, dispiaciuta, quasi non voleva dirmelo, mi comunicò che il primo appuntamento libero per la “TERZA” visita presso il distretto sanitario alla medicina legale era per il giorno 29 aprile del 2023 (159 giorni dopo); quando le feci presente che sul contrassegno la data di scadenza era il 19 marzo 2023 e che la sottoscritta per ben 41 giorni doveva sospenderne l’utilizzo, dispiaciuta, mi rispose che non poteva fare altro; mi suggerì di richiamare il CUP per verificare altre disponibilità liberatesi per disdette e/o altro, cosa che ho ripetutamente fatto senza successo, rimanendo pertanto con la mia data originale di appuntamento: 29 aprile 2023

Io vi chiedo se questa incresciosa deplorevole, deprecabile, fastidiosa, seccante e sgradevole, situazione, si possa accettare.

Aspettare 159 giorni per una visita legale che mi serve per avere un contrassegno di parcheggio per disabili nelle mie condizioni? NON E’ ACCETTABILE. Ho cercato di capire, chiamando il numero verde 800339891 (numero di Firenze per Permessi ZTL Invalidi e Posto Personalizzato), cosa poter fare per avere una sorta di “copertura” per quei 41 giorni che mi separavano dalla visita medica; sono stati gentilissimi, erano al corrente di questi ritardi, ma la risposta è comunque stata che non potevano far nulla, perché questa struttura è tenuta al rilascio dei contrassegni solo dopo una visita alla medicina legale. Sono venuta a conoscenza, successivamente, che questo enorme ritardo nell’evasione degli appuntamenti, a carico della medicina legale, era dovuto al fatto che a Firenze, vi era solo 1 (UNO) medico che si occupava, presso il distretto di Lungarno Santa Rosa, di fare gli accertamenti in ambulatorio monocratico, e che anche andando fuori dalla città di Firenze, la situazione non cambiava più di tanto.

Tutti sapevano, tutti erano al corrente di questa situazione, ma NESSUNO ha provveduto a porvi rimedio.

Ora, per carità, non “attaccatevi” alla solita giustificazione del Covid, no, vi prego, non offendete la mia intelligenza. Durante la pandemia, tutti a dire le stesse cose: dobbiamo cambiare, più medici, più infermieri, più fondi alla ricerca, più di tutto nella Sanità. TUTTO DISATTESO, anzi è TUTTO peggiorato, si sta peggio oggi che durante il periodo pandemico.

Forse aveva ragione don Milani che diceva: “nulla è più ingiusto che far parti uguali tra disuguali

Spiegatemi, cortesemente perché una donna affetta da una serie di malattie croniche CERTIFICATE debba essere sottoposta a questa via crucis burocratica periodicamente? Si pensa forse che io guarisca? Che io migliori nel tempo?

Qualcuno ancora crede che dalle malattie croniche e degenerative si possa guarire? Io sono una malata cronica e cronica rimango perché non c’è nulla che faccia guarire dalle malattie croniche, altrimenti verrebbero chiamate in altro modo.

In attesa di una vostra cortese risposta, saluto.

Rosaria Mastronardo

Post Covid: fibromialgia per una donna su quattro.

Articolo apparso su : https://www.healthdesk.it/ il 10 marzo 2023, ore 18:20.

Dopo un ricovero per infezione da SARS-CoV-2, il 15% dei pazienti sviluppa fibromialgia, percentuale che sale al 26% nel sesso femminile.

È quanto risulta dai dati raccolti da ricercatori dello Sheba Medical Center in Israele e pubblicati di recente su PLOS One analizzando circa 200 pazienti ricoverati per Covid-19 nel 2020: l’87% ha avuto almeno un sintomo correlato alla fibromialgia dopo essere guarito dall’infezione, il 15% ha sviluppato la sindrome nei cinque mesi successivi. Fra le donne l’incidenza è stata del 26%, sei volte maggiore rispetto alla popolazione generale; i sintomi più comuni, presenti ciascuno in oltre un caso su due, sono stanchezza, disturbi del sonno e dolori muscolari e articolari.

Se ne è parlato in occasione del Corso sul dolore acuto e cronico, dalla ricerca alla clinica organizzato dall’Istituto tumori Pascale di Napoli dal 9 all’11 marzo.

Anche in Italia l’incidenza della sindrome è in forte aumento nella popolazione generale e dopo la pandemia i casi di fibromialgia sono in continua crescita: oggi si stimano circa 2 milioni di casi.

«La fibromialgia è una sindrome “misteriosa” – spiega Arturo Cuomo, direttore della Struttura complessa di Anestesia, rianimazione e terapia antalgica del Pascale – di cui per lungo tempo è stata messa in dubbio perfino l’esistenza. Oggi è riconosciuta come patologia reumatica extra-articolare, ma resta un problema spesso diagnosticato con grande ritardo e qui al Pascale siamo fortemente impegnati a scongiurare che accada, evitando che i pazienti per mesi o anni si sottopongano a visite da diversi specialisti prima di dare un nome al proprio disturbo».

La fibromialgia giovanile colpisce il 2-6% di bambini e adolescenti, soprattutto femmine, e «in questi casi – sottolinea Marco Cascella, responsabile dell’HUB del dolore del Pascale – è ancora più essenziale intervenire per garantire una buona qualità di vita e per scongiurare conseguenze sul benessere psicologico: ricerche recenti hanno dimostrato alterazioni nelle aree cerebrali deputate all’elaborazione del dolore e nella corteccia frontale, in zone connesse alla regolazione ed elaborazione delle emozioni».

La cura della fibromialgia può includere anche miorilassanti e antidolorifici, ma i trattamenti sono per lo più non farmacologici e soprattutto personalizzati, con interventi sullo stile di vita, educativi e psicoterapeutici. Purtroppo, però, la fibromialgia non è inclusa nell’elenco delle patologie croniche e quindi nei Lea: «I pazienti non hanno diritto a esenzioni per visite, esami e terapie – osserva Cuomo – e questo complica non poco la gestione della sindrome, per la quale sarebbe importante creare percorsi adeguati così da ridurre i tempi per la diagnosi e garantire una presa in carico assistenziale adeguata in centri con esperienza nel campo».

La sottoscritta, aveva già pubblicato un articolo, lo trovate qui:

http://www.cittadinanzattivatoscana.it/?s=long+covid

dove, io e l’amica Tiziana Lazzari avevamo fatto emergere questo problema, si scriveva già a maggio del 2021 che : “Tutti i Paesi dell’UE sono colpiti da questo nuovo fenomeno”.

Speriamo si prendano provvedimenti al più presto, nel campo della ricerca per una soluzione scientifica valida, per evitare che il numero della percentuale aumenti a dismisura.

Essere felice dopo una diagnosi di fibromialgia, è possibile?

Una testimonianza di Tammy Freeman che scrive delle sue esperienze in una community dando voce alla popolazione di malati cronici.

Tre giorni fa sono andata da un nuovo specialista, un reumatologo. Ero preoccupata, poiché questo sarebbe stato il mio settimo specialista, ma volevo davvero capire cosa stesse causando la mia stanchezza e il mio dolore diffuso. Mi era già stata diagnosticata l’Hashimoto, e questo da sola poteva causare affaticamento e dolore ma non ha spiegato completamente perché, ad esempio, posso dormire per 15 ore e svegliarmi ancora stanca e per niente riposata. Perché ho un dolore quotidiano che mi distrae dalle mie attività quotidiane. Perché il mio corpo si sente solo pesante come un’ancora.

Quindi, sono entrata nervosamente nell’ambulatorio del reumatologo e, per fortuna, mi ha preso sul serio, anche quando ho fatto una battuta imbarazzante sull’essere una ipocondriaca. Ha fatto un esame fisico completo, ha rivisto il mio precedente esame del sangue, ha discusso la storia familiare, e poi abbiamo avuto una lunga conversazione su come mi sento, quali sono i miei sintomi, cosa sto già facendo per controllare quei sintomi, e così via. Ha trascorso molto tempo con me. E sulla base di tutti questi elementi, e escludendo alcuni altri come la malattia di Lyme e l’artrite, ha detto che è fibromialgia.

Che peccato, mi disse il reumatologo e non capii subito, poi ridacchiò un po, tornando serio, aggiunse: “Leggerai che non è una vera malattia, ma lo è. È una vera malattia e non è nella tua testa”.

La mia reazione? Sono scoppiata in lacrime e senza fermarmi gli ho confidato quanto mi mancasse la persona che ero prima, quella che si poteva alzare alle 6 del mattino e che si teneva occupata fino alle 23 e che era in grado di rifare tutto il giorno successivo. Gli ho confidato della mia pigrizia insorta negli ultimi quattro anni, cioè quando sono iniziati i miei problemi di salute e come la mia salute emotiva fosse stata influenzata, e come mi sentivo in colpa per quello che vivevo. Ha ascoltato con calma e mi ha detto che questi sentimenti spesso sono causa della fibromialgia e mi ha detto con fermezza che non sono affatto pigra. Ha detto anche che, dal nostro colloquio, da quanto raccontato in quel giorno, che io ero in grado, per la determinazione, di prendermi cura di me stessa.

Ho lasciato quell’ambulatorio sentendomi rinata. Certo, faceva piacere che tutto quanto mi stesse capitanando avesse un nome e non fosse frutto della mia pigrizia o ipocondria.

Anche giorni dopo, ho continuato a provare un sollievo assoluto. Ho un nome per la stanchezza travolgente e ho una ragione per cui i miei fianchi, la schiena, le spalle fanno costantemente male e ho quelle sensazioni di spilli e aghi nelle mie mani. Ancora non cambia nulla ma di certo non è nella mia testa, non è un riflesso di chi sono, non è un fallimento da parte mia, non è a causa di qualcosa che sto facendo male o non facendo bene. Non l’ho fatto a me stessa. Sono sollevata dal fatto che sebbene questa sia una malattia che dura tutta la vita, posso smettere di inseguire specialisti e nuovi esami del sangue e infinite ricerche su Google e posso smettere di cercare di capire tutto: Perché mi fa male la testa? Sono disidratata? È un mal di testa da stress? Mi fa male la schiena? Ho esagerato quando sono andato a fare la spesa e ho pulito la casa lo stesso giorno? Perché dormo così tanto? Sono depressa? non mi sento depressa, ma dormo mezza giornata, quindi forse ho bisogno di parlare con qualcuno. Perché la mia mano è di nuovo formicolante? Sto bene. Non è nella mia testa. C’è una ragione per tutto questo. Non può essere curato, ma può essere controllato, ma soprattutto, non è nella mia testa e posso smettere di cercare costantemente risposte. Ora, basta.

E sono grata per questo. Non fraintendetemi. Non lo augurerei a nessuno. Ma è un sollievo avere una ragione medica, scientifica, ufficiale per tutti questi sintomi.. Non è nella mia testa. Sto andanda avanti. Posso prendermi cura di me stessa, e questo è un enorme sollievo. Quindi oggi sono felice.

Devo andare avanti, andiamo avanti.

Cosa mi aiuta a vivere la vita con le mie malattie e sindrome croniche?

Non sempre funzionano, però ci provo.

Come molti altri nella mia situazione, ho dovuto imparare a convivere con delle malattie e sindrome debilitanti. La fibromialgia, l’Artrite Psoriasica, la Tiroidite di Hashimoto, la Sindrome di Reynaud, una Osteoartrite di 4° livello alle caviglie che ha danneggiato gradualmente cartilagine e tessuti circostanti, tanto da impedirmi di fare le mie belle passeggiate, la Spasmofilia, la Psoriasi, Neuropatie varie, carpale, ulnare e alle spalle, che hanno tutti influenzato il mio modo di vivere.

Cosa faccio per superare tutte le difficoltà legate a queste condizioni di cronicità?

Mi rilasso:

Non mi rilasso con nessuna tecnica nota a tanti di voi, come fare Yoga, Respirazione o altro, io mi rilasso leggendo e scrivendo, nonostante faccia moltissima fatica con le varie neuropatie. Ho provato anche a fare Pilates ma, non fanno per me, ho scelto quello che mi dava più risultati positivi per la mia persona, scrivere e leggere. Sono e rimango una donna dinamica e fare esercizi di Yoga, Respirazione e tutta quella roba li, non facevano per me; Ho desistito.

Assumo dei farmaci:

La cosa non mi fa piacere. Non faccio i salti di gioia, anche perché di “saltare”, nelle mie condizioni, non è il caso, però, li devo prendere. Non sono tanti. Assumo quelli per la fibromialgia e poi, ultimamente, perché i farmaci più comuni per l’Artrite Psoriasica non facevano nessun effetto, assumo un biologico. Mi attengo, rigorosamente, a quanto detto e prescritto dai medici, oltre, non vado, anche perché, diciamola tutta, per i dolori a me, non c’è farmaco che tenga;

Semplificare al massimo:

Una piccola confessione per questo concetto. Ho una macchina per caffè espresso, è costata poco, è di quelle che fanno il caffè come al bar. Parte del mio concetto di semplificazione al massimo, è mantenere solo le cose che mi rendono felice. Il caffè mi rende molto felice! A te che leggi, ti chiedo: Cosa ti rende felice? Tienilo e sbarazzati di tutto il resto, ti fa bene, credimi;

Socializzo:

Sono fortunata ad avere una meravigliosa cerchia di familiari e amici che capiscono quando cancello all’ultimo minuto o rifiuto delle buone opportunità perché so come probabilmente mi sentirei dopo. A volte sono in grado di partecipare e a volte no, però se una cosa mi interessa molto, ho adottato un sistema. Mi metto a letto e cerco di riposarmi, così da non stare malissimo i giorni a seguire. Lo faccio se ne vale la pena, se non vale la pena, desisto, tanto non muore nessuno;

Faccio volontariato:

Diversi anni fa, ebbi una bellissima idea, volevo far nascere un gruppo di auto aiuto sulla fibromialgia. Mi sono formata e oggi sono la facilitatrice di due gruppi di auto aiuto. E’ la seconda cosa più bella che io abbia mai realizzato, la prima è stata quella di aver messo al mondo un figlio, che adoro. La forza di andare avanti è in questi due gruppi, io trovo un po di forza nei gruppi. Nei gruppi di auto aiuto, le persone affette da una malattia cronica, possono trovare un sostegno emotivo da parte degli altri membri che comprendono la tua sofferenza e il tuo disagio, puoi condividere emozioni e preoccupazioni, puoi confrontarti sulla gestione della tua quotidianità, aumentando la sicurezza in te e l’autostima, riducendo l’isolamento e favorendo un percorso di accettazione ed elaborazione della tua condizione. Nei gruppi si ascoltano e si raccontano le esperienze di vita; questa condivisione permette di imparare a gestire il proprio problema e a trovare nuove strategie che consentono di migliorare la qualità della propria vita. Sono gratuiti. I gruppi, sono luoghi dove nessuno è giudicato, nei gruppi si trovano quei sostegni reciproci che restituiscono fiducia.

Durante questa esperienza, ho trovato donne e uomini uguali a me, nei gruppi ci confrontiamo, organizziamo, creiamo, ci divertiamo, ridiamo e piangiamo, ed è tutto condiviso. Ho trovato nuovi amici, nuove emozioni. Non tutti i giorni sono uguali, però quelle energie che sprigiona il gruppo, mi fa stare bene, mi aiuta. Certo, non guarirò da tutte le malattie e sindrome elencate sopra ma, quel dolore, quella sofferenza è in egual misura ripartito in quel cerchio e ha meno peso per me e per tutti quelli all’interno di quel cerchio.

Sentiti gratificato:

È facile cadere nel buco dell’autocommiserazione. Succede, qualche volta, anche me, vi ricordo che sono un comune essere umano, succede anche a me. Ma alzarmi presto al mattino, perché non riesco a dormire la notte e leggendo articoli di ogni genere che mi aiutano a scrivere, comunicare qualcosa sui problemi della vita di un malato cronico; prendere il mio caffè come se stessi al bar, pensare ad organizzare la mia giornata, sarà schiocco ma, mi aiuta a non pensare ai tanti dolori che provo.

Questi sono solo alcune cosa mi aiutano a vivere la vita con le mie malattie e sindrome croniche. Non sempre funzionano, però ci provo. Un giorno, ne scelgo uno e lo seguo fino in fondo. Per me sono come una “cassetta degli attrezzi” che decido di usare quando ne ho più bisogno.

Ecco, voglio terminare con un suggerimento. Prepara anche tu la tua “cassetta degli attrezzi”, mettici dentro quello che tu ritieni giusto per te, per vivere al meglio la tua vita.

Non solo per vivere, ma per vivere bene .

Rosaria Mastronardo

Faber est suae quisque fortunae

ciascuno è artefice della propria sorte

Ogni persona è responsabile del proprio destino e della scelta della propria vita, giusto? Che strano però, non ricordo di aver scelto di vivere con delle malattie croniche!!! Questa cosa è strana, è divertente, si fa per dire. La maggior parte dei giorni, mi sento come se il destino si fosse scagliato contro di me. Vivo la mia vita con le mie compagne sempre presente, la fibromialgia e tutte e altre patologie croniche, ebbene si, diciamolo, sono una donna pluripatologica. Delle bastarde e subdole malattie delle quali nessuno si accorge mai, a volte anche chi ti sta accanto, ti incontra per caso, si accorgono che sono sola e godo di ottima salute. Molti medici non hanno rilevato la presenza di queste compagne di vita e nel caso della fibromialgia, l’hanno attribuita a ipocondria o ad una malattia mentale. La fibromialgia, è una delle malattie, poi ci sono le altre, artrite psoriasica, psoriasi e ancora ma, poi ci sono tutte quelle che sono legate solo alla fibromialgia, la lista è lunga: ansia, emicrania, nebbia del cervello, stanchezza cronica… l’elenco, ripeto, è lungo.

Noi fibromialgiche, forse è capitato a qualcuna di voi, siamo il bersaglio di barzellette, di scherni “sei solo vecchia“, “ormai, hai raggiunto una certa età”. Quelli che si rivolgono a noi in questo modo, non sanno che ci sono donne e anche uomini giovani che vivono con la fibromialgia fin dall’età adolescenziale. A quell’età invece, ti senti dire che sei pigra, che non hai voglia di fare nulla, che trovi sempre delle scuse. Non è così, ci vuole molta forza per realizzare quello che facciamo in un giorno. Non avete la più pallida idea di quello che proviamo; state zitti e non giudicateci. C’è chi prova di tutto per non sentire più dolore, quel dolore si, perché il dolore della fibromialgia, non è il solito dolore alla testa che ti prende perché, magari sei stanco, no, non è quello, oppure il dolore su tutto il corpo quando hai l’influenza. Il dolore fibromialgico è fluttuante, è bruciante, è tagliente, ti toglie il respiro.

Cerco di stare attenta a quello che mangio, cerco di dormire regolarmente, sto sempre attenta a non “strafare” anche perché se vado oltre le mie possibilità so benissimo che domani le mie compagne me la faranno pagare per quelle trasgressioni. Purtroppo, mi capita di pagare delle trasgressione senza accorgermene. Mi è capitato ieri. Mi ha chiamato una cara amica. Andiamo fino ai giardini, è uscito un bel sole, dai ci farà bene. Avevo voglia di uscire, avevo voglia di stare con la mia amica. Ci siamo incamminate verso i giardini ma, senza accorgersene, mentre si chiacchierava ci siamo allontanate troppo. Lei, stava bene. Io, no. Gli ho chiesto di tornare indietro, perché ho avvertito un forte dolore all’anca. Il ritorno verso casa è stato dolorosissimo. Mi sono buttata sul letto e svegliata più volte durante la notte dai dolori. Oggi al mio risveglio, mi sento tutta rotta come se mi avessero investita.

Lavoro a tempo pieno anche se da casa, sono in telelavoro. Questa modalità di lavoro mi aiuta molto ma, ho perso i contatti con i miei colleghi che sento solo al telefono oppure in una video chat, e credetemi, non è la stessa cosa. Ho la fortuna di fare volontariato, sono facilitatrice di gruppi di auto aiuto per la fibromialgia e questo mi ha permesso di “rinascere”. Non solo mi aiuto ma aiuto l’altro/a uguale a me. Con il volontariato ho evitato l’isolamento. Molte persone con la Fibromailgia, si isolano, perdono amici, in alcuni casi anche la famiglia. Fortunatamente ho una buona resilienza e ne vado fiera.

Sono padrona del mio destino? Sinceramente, non lo so. E’ un dubbio che mi perseguita. Sono, almeno credo, una donna intelligente, energica, e quindi capace di utilizzare al meglio ciò che la natura mi offre per essere artefice del mio destino. Nel mio destino è compresa anche la pluripatologia? A quanto pare, è così. La scienza non ha ancora capito perché ci ammaliamo, non ha ancora capito perché tanto dolore e tanti sintomi collegati alla fibromialgia mettono in ginocchio tanta gente. Mentre studiosi, chiusi nei loro laboratori, in giro per il mondo alla ricerca di un qualcosa che allievi le nostre sofferenze, io mi sento ancora in grado di fare qualcosa su questa terra e lo desidero fortissimamente, lo voglio ma, aiutatemi a farlo senza sentirmi come se un tir mi avesse preso in pieno.

Grazie

Rosaria Mastronardo

Come relazionarti con la tua disabilità invisibile.

Incominciamo da noi.

Siamo fratelli, figli, amanti, amici, e colleghi. Se apprezzi l’equità e l’inclusione, questi valori dovrebbero estendersi anche nelle tue relazioni, non ti pare? Spesso, con chi ha una disabilità, soprattutto invisibile, non sempre questi valori emergono. Gli esseri umani prosperano nelle relazioni e in queste relazioni però si ignora la disabilità. Bisogna ricordarsi invece che come, genitori, sorelle, amici e datori di lavoro, avete l’opportunità di aiutare a rimuovere le barriere che si frappongono al vivere pienamente le vite delle persone che vivono la disabilità, sia essa visibile che non visibile.

Vivere una vita con disabilità, sia essa visibile o invisibile è una dannata sfida. È sicuramente la cosa più difficile che io abbia mai affrontata. Più difficile che crescere in una casa non sicura, vivere una relazione violenta, vivere al di sotto della soglia di povertà, non lo so, so però com’è vivere la mia vita con una disabilità invisibile. Nel 2015, mi è stata diagnosticata la fibromialgia, poi via via tante altre malattie autoimmuni una dietro l’altra. Ho vissuto con i sintomi di queste malattie per molto tempo, malattie che tendono a fluttuare a seconda anche dei fattori di stress, dal clima e quant’altro e che, attualmente mi stanno destabilizzando. Durante le riacutizzazioni, il dolore è più difficile di quanto si possa descrivere e i sintomi cognitivi ed emotivi che le accompagnano mi fanno sentire malissimo.

Per un po di tempo, all’inizio, temendo il rifiuto, mi sono chiusa molto, evitavo i rapporti con gli altri. Avevo tanta paura, non capivo cosa stesse succedendo. Ho faticato a condividere i miei sintomi, le mie sfide e persino il nome della mia prima diagnosi, la fibromialgia.

Questo timore non era infondato. Quando ho iniziato questa mia “via crucis” ho scoperto la completa assenza di un sistema di supporto. In famiglia ti guardavano in modo diverso, non eri più la stessa di prima, non capivano, cercavano di aiutarti ma, erano in difficoltà anche loro; con le associazioni, non ne parliamo, tante pacche sulle spalle, tanti: “ti comprendiamo” e poi…. Il nulla. A lavoro, eri diventata la fannullona e non importava tutto quanto fatto negli anni precedenti, ai loro occhi, eri quella che non voleva più lavorare. L’isolamento veniva da se. Poi, capisci e comprendi che se continui così, sei come “morta” ed io non ero morta, ero solo una “malata invisibile” agli occhi di tanti, di molti. Ho capito, ad un certo punto che dovevo “difendermi” difendere me stessa. Questo sai, è difficile quasi quanto vivere con il dolore perché comunicare i miei bisogni, le mie richieste di aiuto, i miei diritti poteva essere accolto con il rifiuto, la negazione e chi sa cos’altro. Ne sono stato testimone nella mia vita così come tutti quelli che mi sono stati vicini. E’ stato un altro grosso fardello che ho sopportato.

Ho pensato, ad un certo punto che dovevo fare qualcosa. Chi vive una condizione di disabilità, senza rendersene conto, ha il potere di essere più inclusivo rispetto ad altri che non vivono la stessa condizione. Tu, hai il potere di educare te stesso, in primis, poi con la conversazione, con la partecipazione attiva, quanto ti puoi permettere di esserlo, devi sforzarti di cercare di rimuovere le barriere che si sono alzate davanti a te, devi cercare l’accessibilità ove possibile. La comunicazione negli ambienti di lavoro è importante. Ho fatto anche quello. La cosa importante è cercare di far conoscere a quante più persone possibili la condizione di “disabile invisibile”. Sensibilizzare in ogni modalità che ritiene possa essere di aiuto, fallo. Sensibilizza, fai. Esistono molte patologie invalidanti ma poco evidenti, questo porta ancora troppe persone a pensar male. Ci sono purtroppo tantissime persone che ogni giorno affrontano la propria lotta in silenzio, vivendo con patologie croniche o condizioni che limitano le attività del quotidiano. Oltre alle problematiche di dover gestire quotidianamente la patologia, queste persone affrontano stigmatizzazione e fraintendimenti sociali, poiché gli altri spesso non riconoscono la loro difficoltà, anche nel compiere semplici azioni come fare la fila al supermercato, sui mezzi pubblici….

Purtroppo, tutti noi “partiamo sempre” in quarta di fronte a quelle che crediamo ingiustizie e nel caso di un disabile invisibile rischiamo di metterlo a disagio; la disabilità in quella persona esiste, ma non è così evidente. L’abitudine a persone che si comportano in maniera scorretta induce a pensare che tutti siano in malafede. Le persone con malattie invisibili ci educano a non fermarci all’apparenza, a non giudicare un libro solo dalla copertina. Come sempre, le realtà vanno conosciute a fondo prima di esprimere giudizi. Oggi, purtroppo si è spesso portati a pensare che la disabilità sia un problema solo di chi la vive, che deve sempre far valere i propri diritti, anche quando sono evidenti. Figuriamoci cosa accade quando la disabilità non è neanche visibile!

Ecco perché, noi in primis, malati invisibili, dobbiamo metterci in prima fila e sensibilizzare il più possibile e se ci aiutano anche chi ci sta accanto, in famiglia, nella società, a lavoro, in chiesa, è apprezzato.

Vivere in questo mondo con disabilità è già abbastanza impegnativo, per favore non renderlo più arduo. Credo che tu abbia il potere e l’umanità per istruirti, imparare quali disposizioni sarebbero apprezzate e aiutare ad abbattere le barriere che dobbiamo affrontare. Come genitori, sorelle, amici e datori di lavoro, vi imploro di cogliere questa opportunità e di darci la possibilità di vivere le nostre vite al massimo.

Rosaria Mastronardo