Le “amiche” invisibili.

Hai la fibromialgia ma, non solo quella.”

Le parole che hanno cambiato completamente la mia vita.

Vuoi dire che non è una malattia terminale? Oh bene, perché fino a quel momento pensavo davvero di morire! Aspetta cosa? Ma è solo una malattia? Si, è cronica, significa per tutta la vita. Così un giorno mi sono ammalata e mi ci è voluto molto tempo per accettare il fatto che non sarei mai guarita. Mai. Quindi, non è terminale, ma la mia vita come la conoscevo una volta era finita, non ero più la stessa.

Con la fibromialgia, soprattutto all’inizio, non mi sentivo viva, vedevo svanire il mio futuro, i miei sogni, si era preso tutto, tutto il mio respiro. Quella “bestia” non è venuta da sola. NO! È come un soldato in guerra, arriva con le truppe. Una dietro l’altra, nel corso di circa otto anni, una “schiera di soldati”: Artrite Psoriasica, Psoriasi, Tiroidite di Hashimoto, Sindrome di Reynaud, Osteocondrite di 4° livello alle caviglie, Spasmofilia, Artrosi mani e piedi e non è questo l’ordine. Alcune di queste malattie prevedono qualche piccola esenzione, le prime due, per tutte le altre, compresa la Fibromialgia, NON C’È’ NULLA, si paga tutto ed inoltre, non essendo neppure “considerate” dal SSN devi continuare a lavorare senza “sconti”, riduzione dell’orario, riposo anticipato, etc, etc.

Se pensate che queste condizioni siano le peggiori, vi sbagliate, non lo sono. È un’orribile condizione di dolore cronico che colpisce i miei muscoli, i nervi, articolazioni e persino i tendini. Emicrania, sciatica, sensibilità al caldo e al freddo e intorpidimento. La lista potrebbe continuare all’infinito. Non mi sentivo normale da anni, non posso essere neppure toccata. Anche il graffio più leggero fa male ed è fastidioso. Indosso sempre abiti, pantaloni prevalentemente, larghi, perché arrivano giorni che anche i vestiti che indosso fanno male, bruciano la pelle. La depressione e l’ansia sono le “cuginette” di chi vive questa vita con questa “bestia” e le sue “truppe”. E mentre penso che sia un dato di fatto sviluppare ansia e depressione con tutte queste malattie croniche, qualche medico, afferma che sono queste che scaturiscono le altre. Mentirei a me stessa se dicessi che non ce l’ho perché provate entrambe.

Alla malattia cronica nella mia vita, non ci pensavo, credo che nessuno si aspetta mai di ammalarsi e scoprire che non migliorerà mai. La parte più difficile per me è stata quella di realizzare di non essere in grado di prendermi cura di me stessa, della mia vita, di perdere il controllo di tutto. Non mi riconoscevo nemmeno più: chi era quella persona nello specchio?

Forse ho tralasciato qualcosa. Di sicuro, perché quando si è particolarmente stanchi, quando quella stanchezza cronica prende il sopravvento sento un po’ della famosa “nebbia fibrosa” o “fibro-fog”. Sono sincera, nel mio caso, non è stata molto presente ma, ultimamente, l’avverto di più e per come sono, per come ero, è bene dire, per la mia “vecchia me”, è la cosa più fastidiosa che possa provare.

Non riesco nemmeno a parlare con i dottori senza sentirmi come se stessi mentendo. Devo portare con me una lista, altrimenti non ricordo nemmeno perché sono lì, e nemmeno le mie stesse parole.

Ormai, faccio liste per tutto, non solo per la spesa e per i medici ma anche per quello che devo fare durante il giorno. Faccio così. Sulla scrivania nel soggiorno ho dei foglietti ritagliati a questo scopo, ogni volta che ricordo quella cosa che volevo fare ma che poi ho dimenticato, la scrivo immediatamente, come si dice: “A mali estremi, rimedi estremi” o se preferite “extremis malis, extrema remedia“.

I medici?

Quelli poi, non ascoltano nemmeno, trattano i pazienti con malattie croniche come se fossero pazzi, bugiardi e lì per avere la droga. È così ridicolo. È divertente, in un certo senso. A volte mi guardano come per dire, “Bene, cosa ti aspetti che faccia per te?” Che vuoi che ti dica caro dottore, non ti posso aiutare come, del resto, non puoi fare tu, almeno fai una faccia di quello che capisce e comprende, non quella a cxxxx di cane.

Cosa ti aspetti che faccia per te?” Non guardarci e dirci che la fibromialgia non è reale dopo anni di lotta e di essere a malapena in grado di muoversi, mangiare, respirare e vivere. Non dirci di fare esercizio quando abbiamo provato a farlo! Non raccontateci “chiacchiere”, diteci semplicemente la verità. Vogliamo sentirci dire che è difficile vivere con una malattia cronica figurarsi con più di una e che tu, medico, ti adopererai in tutti i modi per alleviare il nostro dolore avendo cura di non danneggiare il resto, che non sponsorizzerai associazioni e strutture per farci fare quella ginnastica “miracolosa” che fa bene, hai giurato ricordi? Ricordati della dignità del malato, ricordati del rispetto della sua vita, della diligenza nell’esercizio della professione, dei doveri inseriti nel Codice che ogni medico è tenuto a rispettare.

Non posso affrontare il mio passato, i ricordi della mia vita, di quando ero sana. Ho dovuto affrontare un processo di lutto completo con tutta questa faccenda e mi sono davvero stancata di dover spiegare a tutti cosa c’è “che non va in me“.

Oggi la mia vita è cambiata. Mi sono dedicata all’auto aiuto, facilito due gruppi di auto aiuto sulla fibromialgia, leggo, scrivo, continuo a lavorare. Sono mamma e moglie. Quando posso, esco. Non sono sola però, nella maggior parte delle volte sono in compagnia delle donne che fanno parte dei gruppi che facilito, amiche che comprendono bene le mie difficoltà. Scrivo sul mio blog e poi condivido sui vari Social Network. Devo concentrarmi su quello che sto facendo oggi e non pensare al domani, vivere giorno dopo giorno, cercando di non farmi soccombere dai tanti pensieri negativi.

Ieri mi sono sentita orgogliosa di me. Sapete perchè? In una settimana, sono riusciuta a pulire da sola, contro il volere di mio marito, sempre preoccupato per me, 6 finestre della mia casa. Erano settimane che le guardavo così sporche ed ero desiderosa di volerle pulire ma, ogni volta che ci pensavo, ero già stanca. Un giorno, inizio e finisco dopo una settimana. Sono 6 finestre da 60×130. Oggi sono pulite e sono riusciuta a farcela da sola. La mia vita oggi è così. Faccio quello che mi sento di fare, quando il mio corpo mi fa capire che posso. All’inizio era pesante sopportare tutto questo, una volta che capisci che non puoi fare quello che facevi prima, ti senti meglio e persino orgogliosa di essere riusciuta a portare a termine quel lavoro. Vi confesso però che, nonostante il lungo tempo per realizzare questa cosa, mi sono riempieta di cerotti medicati, ho comprato quelli colorati, così è stato anche divertente coprirsi di cerotti colorati.

Per finire. Penso seriamente che chi vive con malattie croniche e degenerative deve trovare un supporto. Il “proprio supporto”; il supporto è soggettivo e può essere diverso dagli altri. Bisogna sforzarsi di trovare quello che fa bene a te in quel momento. Non seguire l’esempio di altri, ascoltati e cerca di capire cosa è giusto per te. Sento che questo è molto importante perché per alcune persone con malattie croniche, la mancanza di supporto e comprensione porta al suicidio. La nostra malattia è invisibile solo se lasciamo che sia. Educare, sperare e non smettere mai di pensare che un giorno una cura ci sarà.!

Rosaria Mastronardo

l Medico Competente. Scarsa formazione e conflitto di interesse.

Ho letto stamani, questo articolo, lo trovate a questo link:

e ho deciso di scrivere una lettera alla direzione o meglio al Medico di riferimento, indicato sul sito:

Dott. Andrea Giuliano Verga Medicina del lavoro, perché mi ha colpito non solo l’argomento, molto interessante ma, come lo conclude l’autore, cito :

E’ bello che in occasione di questa giornata mondiale, dedicata alla riflessione sui temi della sicurezza e salute al lavoro, si possa pensare non solo in termini negativi cioè contro gli infortuni e le malattie professionali, ma anche in modo propositivo, cercando di avvicinarsi un po’ di più all’obbiettivo di salute, proposto forse in modo un po’ utopico dall’OMS, che definisce la salute come “ uno stato di benessere fisico, mentale e sociale, non consistente solo in assenza di malattia o di infermità”. Quindi non solo la doverosa prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali è prioritaria, ma anche la gestione dei fattori di rischio psicosociali è ugualmente indispensabile, così da assicurare non solo ambienti di lavoro sicuri ma anche fonte di benessere e di soddisfazione

Un po’ di storia.

La figura del medico competente, all’interno del panorama legislativo in materia di sicurezza, e all’interno del Servizio di Prevenzione e Protezione aziendale, gioca un ruolo fondamentale affinché il servizio stesso risulti efficace e funzionale.

Questa figura professionale accompagna l’evoluzione dell’intero contesto industriale e lavorativo Italiano.

Oggi, come sappiamo, il Medico Competente interviene direttamente nell’attuazione del servizio di prevenzione, al fianco del datore di Lavoro e del Responsabile del Servizio.

Una volta il Medico Competente si limitava alla valutazione fisico sanitaria del lavoratore, ora è invece coinvolto fin dall’inizio del processo di prevenzione interno aziendale, era ora.

Il Medico Competete ha molte funzioni, importantissime. Elabora in collaborazione con il datore di lavoro il Documento di valutazione dei Rischi, lo rivede periodicamente apportando suggerimenti e migliorie, effettua un sopralluogo agli ambienti di lavoro e partecipa in maniera proattiva alla riunione periodica sulla sicurezza indetta ai sensi dell’ art. 35 del D.Lgs 81/08 una volta all’anno.

L’obbligo della sorveglianza sanitaria, in Italia, vige per le aziende la cui classificazione di rischio esponga i lavoratori ad una tipologia di rischio soggetta a controlli medici periodici, ne sono un esempio le aziende che abbiamo un rischio di tipo biologico, chimico o da esposizione a Videoterminale.

Per queste aziende, indipendentemente dal numero di lavoratori presenti, il datore di Lavoro designa un medico, che abbia una specializzazione in medicina del lavoro, per l’elaborazione e l’attuazione di uno specifico protocollo di sorveglianza sanitaria.

Il protocollo di sorveglianza viene quindi condiviso con il Servizio di Prevenzione e Protezione, ed è definito sulle specifiche mansioni dei lavoratori interessati.

La periodicità minima dei controlli è definita dal D.Lgs 81/08, ma è il medico Competente che in virtù della esperienza professionale e dei rischi specifici, stabilisce il contenuto della sorveglianza e valuta se applicare una periodicità più stringente; la visita medica va infatti eseguita, oltre che in base alle periodicità definita dal Medico, ogni qualvolta il lavoratore ne faccia richiesta, se ritenuta dal medico correlata all’esposizione specifica lavorativa, ad ogni cambio di mansione che esponga i lavoratore a rischi differenti, alla cessazione del rapporto di lavoro e in fase di pre-assunzione.

Tutti i dati delle indagini mediche e anamnestici, vengono registrati dal Medico in apposita cartella sanitaria, conservata a salvaguardia del segreto professionale a cura del medico stesso, e che segue il lavoratore attraverso la sua carriera professionale.

Dall’esito della sorveglianza sanitaria ne deriva un giudizio di idoneità o inidoneità (anche con limitazioni o prescrizioni), per la mansione specifica; questo giudizio indipendentemente dalle cause che ne hanno generato la diagnosi, è l’unico dato personale sanitario che viene trasmesso all’azienda.

In definitiva, oggi il medico competente diviene in molti casi un consulente al fianco del lavoratore, ricoprendo un ruolo di supporto anche dal punto di vista psicologico e sociale; l’introduzione di nuovi rischi, quali per esempio il lavoro “Stress Correlato“, e di nuove modalità di approccio al lavoro all’interno di situazioni e contesti in cui l’integrazione del lavoratore svolge un ruolo fondamentale per il benessere stesso dell’individuo, pongono il Medico Competente a dover allacciare spesso rapporti molto personali con il lavoratore, al quale devono essere sempre, per esempio, illustrati e spigati gli esiti della sorveglianza.

Con la legge 81/08, la figura del Medico Competente si carica di significati e responsabilità, secondo me, ma non solo, non ancora del tutto definite e definibili, ma che si evolvono gradualmente e parallelamente allo sviluppo delle realtà lavorative italiane.

Fin qui, cosa aggiungere. Una legge buona e giusta per la sicurezza di noi lavoratori. Tanta differenza con il passato certo, ma, c’è sempre un ma, ho alcune cose da segnalarle che proprio non tollero, sia come lavoratore che come portatrice di tante malattie croniche ed invalidanti.

Le cito solo alcune: Fibromialgia, Artrite Psoriasica, Tiroidite di Hashimoto, Sindrome di Reynaud, Osteoartrite di 4° livello alle caviglie che ha danneggiato gradualmente cartilagine e tessuti circostanti, tanto da non riuscire più a deambulare senza dolore e per pochi metri, Spasmofilia e Psoriasi, etc, etc, etc.

Io spero che questa GROSSA responsabilità non del tutto definita e definibile sia seriamente valutata e rivista dal legislatore, perché ho notizie, sia da ex sindacalista, sia come ammalata, di medici competenti che, soprattutto davanti a casi come il mio e non solo, mi riferisco in particolare alla malattia della Fibromialgia, spesso la ignorano ed in altri casi, e sono i peggiori, ci identificano come “depresse” e/o ansiose, ignorando il fatto che forse, dico forse, noi portatrici di questa malattia, ci ammaliamo sì di ansia e di depressione, ma in conseguenza alla malattia che , in questo caso, il Medico Competente, come altre figure sanitarie di riferimento, non riconosce.

Questo denota una scarsa, se non assente, formazione da parte di una figura così importante nell’ambito lavorativo per un soggetto lavoratore/paziente.

Questa scarsa formazione porta molteplici conseguenze. Un esempio su tutto: se il lavoratore è affetto da patologia che reca disabilità, psichica o fisica, il non poter sviluppare con i migliori mezzi la propria residua capacità lavorativa, crea crescente frustrazione e toglie sempre più la motivazione a fare bene il proprio lavoro, perché sopraggiunge la convinzione che la malattia non lo possa permettere. Per questo motivo il medico competente NON può sottovalutare la richiesta di aiuto da parte di quel lavoratore, perché offende ed umilia l’intero essere del soggetto. Il lavoratore fibromialgico è un malato con limiti di capacità lavorativa che possono arrivare a livelli di gravità significativa. Molti di noi hanno voglia di fare, e DEVONO lavorare, ma non riescono a svolgere la mansione alle normali condizioni. Il lavoratore fibromialgico dev’essere messo in condizione di poter svolgere una mansione idonea a quello che il nostro corpo, la nostra mente si può permettere di tollerare. Noi lavoratori ( non è riferito al mio caso) passiamo la maggior parte delle ore della nostra giornata nei luoghi di lavoro, e questa scarsa considerazione da parte di questa importante figura, non solo ci offende ma lede la nostra dignità di lavoratori/malati.

Concludo questa mia, chiedendole, se fosse possibile, un incontro per discutere di questi aspetti, a mio avviso, non di poco conto perché, concordo con l’autore dell’articolo quando definisce “utopico” la definizione da parte dell’OMS, che definisce la salute come “ uno stato di benessere fisico, mentale e sociale, non consistente solo in assenza di malattia o di infermità”.

Per i pazienti fibromialgici, mi creda è completamente utopico.

Rosaria Mastronardo e Tiziana Lazzari

Salute mentale e fibromialgia.

Avere una malattia o un disturbo mentale non significa avere la fibromialgia

La salute mentale può essere un argomento molto delicato e ci sono molte persone che lottano con questo problema tutti i giorni. La fibromialgia è un disturbo che può avere un effetto serio e profondo sulla salute mentale di una persona. La fibromialgia è una condizione cronica che provoca dolore diffuso in tutto il corpo, oltre a stanchezza e altri sintomi correlati. La fibromialgia può essere una condizione molto difficile e debilitante con cui convivere essendo una malattia cronica, cioè, è per sempre, ed è importante comprendere l’effetto che può avere sulla salute mentale di un individuo.

Il dolore fisico e l’affaticamento associati alla fibromialgia possono mettere a dura prova la salute mentale di chi ne soffre. La natura cronica della condizione può far sembrare che non ci sia una fine alla sofferenza, portando a sentimenti di disperazione. Il dolore e l’affaticamento influiscono anche sul sonno, non si dorme bene con la fibromialgia e questo impatta notevolmente sulla salute mentale. Non dormire bene, non riposare bene può portare a sentimenti di irritabilità e affaticamento, che possono ulteriormente esacerbare i problemi di salute mentale associati alla fibromialgia.

Anche il carico emotivo di vivere con la fibromialgia può essere difficile da affrontare. Molti malati di fibromialgia scoprono di lottare con la depressione e l’ansia a causa della loro condizione. Possono anche sorgere sentimenti di isolamento e solitudine, così come sentimenti di colpa e inadeguatezza. Queste sono tutte emozioni molto comuni per le persone che vivono con la fibromialgia ed è importante riconoscerle e affrontarle.

Anche i disturbi cognitivi associati alla fibromialgia possono anche avere un serio effetto sulla salute mentale di una persona. Chi soffre di fibromialgia spesso ha difficoltà di concentrazione, problemi di memoria e mancanza di lucidità mentale. Ciò può portare a sentimenti di frustrazione e confusione, nonché difficoltà nel portare a termine i compiti e portare a termine gli impegni.

Non bisognerebbe mai dimenticare che la fibromialgia ha un effetto molto reale e profondo sulla salute mentale di una persona. Il supporto di familiari, amici e operatori sanitari può essere prezioso per aiutare a gestire questi problemi. Poterne parlare, cambiare i propri stili di vita e alcuni farmaci possono essere tutti utili nella gestione dei sintomi della fibromialgia e dei problemi di salute mentale associati ad essa.

Non fatevi condizionare da quei “dottorini” che, ignorando o negando la fibromialgia, vi considerano malati di mente. Noi fibromialgici siamo costretti a lottare tutti i giorni con il dolore cronico che nessuno vede e nessuno comprende, non siamo riconosciuti dal nostro SSN ed è tutto questo che ci porta ansia e in alcuni casi la depressione.

Fate attenzione, è facile per chi non vuole vedere l’evidenza stigmatizzarci, non permettiamolo a nessuno.

Sono più della mia malattia

Una testimonianza di: Dave Shields

Quando la fibromialgia interessa un uomo

Sono spesso perplesso dalla risposta di un individuo a una diagnosi di disturbo o di malattia. All’inizio degli anni ’90 ho avuto la fibromialgia. Sembrava che ci volesse un’eternità, ma alla fine mi è stata diagnosticata alla Mayo Clinic di MN.

Inizialmente, sono stato sopraffatto dalla gravità dei sintomi. Il dolore, la stanchezza, i problemi di sonno e la nebbia mentale erano travolgenti. Non potevo lavorare. Mi sedevo sulla sedia a dondolo in agonia, consumato dal dolore.

Mi sentivo impotente di fronte a un potente nemico. All’inizio, ho lottato con l’accettazione. Anche se avevo una diagnosi, mi vergognavo, dicendo cose del tipo: sono solo una persona debole e pigra… è tutto nella mia testa… basta scuotersela di dosso.

Questo disturbo ha cominciato a erodere la mia identità. Ha avuto un impatto sul mio carattere e ha rubato la mia autostima e fiducia. Ho iniziato a perdermi, nuotando nel mare di caos che deriva dalla stessa malattia. Non so quando sia successo, ma alla fine sono diventato Fibromialgico. Ho permesso alla fibromialgia di prendere il sopravvento su di me.

C’è un’enorme differenza tra l’essere Fibromialgico e qualcuno che soffre di un disturbo chiamato Fibromialgia. Ho permesso alla fibromialgia di prendere il sopravvento sulla mia vita, ma non me ne sono reso conto fino a quando, in questo processo, sono diventato depresso.

Sono andato sottoterra e sono rimasto così per anni.

Mi sono sentito una vittima

L’autocommiserazione si è stabilita nel mio cuore e nella mia mente, e ogni giorno mi dispiaceva per me stesso. Sono diventato totalmente debilitato e ho vissuto in una fossa buia.

La strada del ritorno è iniziata quando mi sono arrabbiato… quando mi sono ammalato e stancato di essere malato e stanco. La Fibromialgia mi aveva preso quasi tutto. Ero stufo. Ho permesso alla rabbia di alimentare le mie azioni. È iniziato con le piccole cose come una migliore igiene personale, vestirsi per la giornata, rifare il letto e impostare un programma di sonno. Fare queste cose apparentemente piccole ha fatto un’enorme differenza nella mia giornata.

Questi comportamenti hanno iniziato a darmi un senso di controllo personale. Mi sentivo come se avessi la capacità di influenzare la mia vita. Una volta ristabilite queste abitudini, volevo di più. Sono entrato in terapia e ho riscoperto chi ero al di fuori della mia diagnosi.

Con un rinnovato senso di sé, ho iniziato a implementare strategie per gestire la fibromialgia. Ho iniziato una pratica di meditazione per gestire il mio dolore. Ho iniziato a fare stretching, andare in bicicletta e camminare. Ho aggiunto il massaggio come risorsa. Ho iniziato a mangiare in modo più sano, ho comprato un diario e l’ho usato per annotarmi tutte le cose che mi accadevano, belle o brutte.

Ho iniziato a impegnarmi nuovamente socialmente e costruire la mia rete di supporto. Ho pensato e parlato di cose diverse dalla fibromialgia. Ho ripreso a lavorare. Oggi i miei sintomi di fibromialgia non sono diversi da quelli di 20 anni fa. Ciò che è diverso è la mia mentalità, il modo in cui mi avvicino al mio disturbo e le mie azioni quotidiane. So che non l’ho causato e che non posso necessariamente controllarlo, ma ho un’enorme influenza sulla mia vita quotidiana. Ho accettato che la Fibromialgia sia il mio compagno di viaggio. Rispetto il grande impatto che ha sulla mia vita ogni giorno.

Ci sono giorni in cui i sintomi sono peggiori e, in quei giorni, correggo amorevolmente la mia giornata, invece di farmi del male come facevo una volta.

Vivo con la fibromialgia. Vivo una vita piena di potere e appagante nonostante ciò. Sono passato dal sopravvivere al prosperare. Puoi farlo anche tu!

Questa è la testimonianza di un uomo che si è confrotato con la Fibromialgia. Non è poi così diversa dall’esperinza che vive una donna con la stessa malattia. Ricordo infine che, non tutti sono in grado di reagire allo stesso modo e non a tutti la malattia si manifesta con la stessa intensità e con gli stessi sintomi.

Puoi farlo anche tu come scrive Dave, è possibile ma, se non hai solo la Fibromialgia, non è tutto poi coosì facile.

Incertezza, insicurezza e dubbi che si sono insinuati in me, negli anni, dopo la diagnosi di fibromialgia.

Una cosa che mi sorprende continuamente quando si tratta di fibromialgia, è l’insicurezza. Sono facilitatrice di due gruppi di auto aiuto da diversi anni, e ho sempre sentito tutti coloro che partecipano ai gruppi che facilito, affermare che i tanti professionisti medici consultati lungo il percorso di diagnosi e “non cura”, ancora oggi, nonostante la letteratura immensa a disposizione, non credono che il nostro dolore sia reale. In alcuni casi nel racconto sento emergere che una parte, tutt’altro che irrisoria, di questi “luminari”, mette addirittura in dubbio l’esistenza della fibromialgia come vera e propria malattia fisica, ed afferma in maniera più o meno palese, che si tratti invece di un insieme di sintomi provocati da malattia psicosomatica, per cui psichiatrica. L’insicurezza, l’incredulità e la diffidenza non caratterizzano solo l’atteggiamento dei medici ma anche quello dei nostri amici e familiari, per non parlare poi del luogo di lavoro. E’ un continuo, è un tormentone che ci penalizza e ci abbatte, ci avvilisce ogni giorno.

Penso che l’insicurezza e l’incertezza da parte dei medici sia sicuramente “frutto” delle poliedriche teorie sull’origine della malattia, tanto che si sono sviluppate, nel tempo, decine di correnti di pensiero al riguardo, facendo sì che idee e preconcetti si moltiplicassero senza limiti nella confusione generale. È risaputo che non esiste ancora un test ematico che possa rilevare, tramite marcatore specifico, che ci si trovi inconfutabilmente in presenza di Fibromialgia, e nemmeno esiste un esame diagnostico che attesti che noi siamo affetti da questa malattia.

Il medico, spesso un reumatologo, ti rivolge qualche domanda sul dolore che provi, e tu racconti che lo senti martellante, sordo, a tratti insopportabile. Se l’uomo che ti sta davanti con il suo bel camice bianco ne ha voglia, allora si alza dalla scrivania, ti tocca in alcuni punti del corpo, e se toccandoli reagisci rientrando in “certi canoni”, emette la fatidica diagnosi: fibromialgia, punto. Punto? Sì, punto. Perché tutto finisce lì, nonostante in scienza e coscienza ed anche in base ad un tacito accordo, quasi un protocollo, prima di formulare detta diagnosi, l’uomo con il camice dovrebbe indagare per cercare di escludere tutte le altre malattie che possano avere identici sintomi, hai visto mai che si possa prendere in tempo una malattia diversa da quella del sacco contenitore, quello con il marchio Fibromialgia, dove finiscono tutti coloro che non avranno mai una cura. In pratica, i sintomi di malattia che tu riferisci di provare bastano a far scattare nello specialista il desiderio di fermarsi, per risparmiarsi le prescrizioni di altre indagini. Ciò che spinge il medico a refertare la diagnosi è la presenza di alcuni sintomi, fra quelli annoverati in un lunghissimo elenco, genericamente da associarsi, per convenzione, alla fibromialgia. Quindi è l’appartenenza di un sintomo a questo elenco a scatenare una diagnosi, quasi sempre molto affrettata, e non un esame di laboratorio.

Altra cosa sono i parenti, amici e datori di lavoro che mettono costantemente in dubbio il tuo provare dolore, il tuo stare male, la tua stanchezza cronica, la tua affaticabilità, la tua scarsa concentrazione. Ecco allora che nascono tutti gli epiteti più cattivi e ingiusti. Sei una fannullona, non hai voglia di fare nulla, sei depressa, vatti a fare una camminata, fatti una vacanza, trovati un buon compagno, e vedrai che ti passa, etc, etc.

Ci isoliamo, ma al tempo stesso siamo evitati, fino al punto di essere completamente emarginati, rischiamo di essere licenziati da un datore di lavoro che guarda la produzione e che se ne infischia della tua fatica quotidiana nel gestire tutta la devastazione del tuo corpo ad opera di una malattia subdola, che quando ti prende sei sua per sempre, avvolta nelle sue spire sempre più strette. Per noi la vita diventa l’inferno. E’ un cane che si morde la coda, non hai scampo. Soffri per il dolore che nessuno vede, e in più sei anche stigmatizzato.

Tutto questo l’ho vissuto in prima persona e l’ho rivissuto ascoltando nei gruppi di auto aiuto, le testimonianze di altre/i nelle mie stesse condizioni. Quelle testimonianze erano copie conformi della mia situazione di malattia e sofferenza, uguali identiche.

Qualcuno riesce ad uscire da questo impasse, altri no, ma come biasimare questi ultimi. Noi siamo esseri umani e non siamo tutti uguali, ogni soggetto reagisce in modo diverso agli stimoli esterni, fisici e patologici, e le cure vengono sopportate da ciascuno in modo tutt’altro che standardizzato. È il motivo per cui a contatto con una certa sostanza c’è chi va in anafilassi e chi la tollera tranquillamente. Dovrebbe essere normale saperlo, per un medico, ma non è sempre così. Probabilmente perché molti medici si sono talmente abituati ad avere nel cassetto della loro scrivania il manuale dei protocolli al posto del giuramento di Ippocrate, che si sono disabituati al ragionamento preferendo agire prevedendo una loro tutela giuridica in caso nascesse una controversia legale nei loro confronti a causa di un errore medico.

Tutto quello che ho descritto, immaginate, per me è iniziato nel 2015, anno della diagnosi di Fibromialgia.

Premetto che la “sentenza” mi venne fatta da un neurologo. Fui colpita, in quel momento orribile della mia vita, da forti parestesie alle gambe. Non avevo sensibilità dal bacino in giù, le mie gambe non erano più fatte di carne, ma dure come cemento, al punto che non camminavo più e mi trascinavo letteralmente. Dopo circa un anno passato in quel modo, il neurologo emise il fatidico verdetto: “Fibromialgia”. Nella vita di chi riceve questa diagnosi, esiste una “vita prima” e una “vita dopo” la diagnosi, completamente stravolta rispetto alla prima. Da quel momento ad oggi, i vari medici che ho consultato mi hanno prescritto e consigliato di tutto, ed anche l’esatto contrario di quel tutto. Consigliato e prescritto a seconda della teoria del momento. Hanno seguito alla lettera tutto ciò che i “famosi” protocolli indicavano per il trattamento del paziente con fibromialgia. Per cercare di mascherare o attenuare il dolore, non hanno prescritto altro che farmaci presi a prestito da altri protocolli di cura, e che servirebbero per trattare ben altro, visto che, come noto, non c’è cura, non c’è nulla che possa risolvere i sintomi della fibromialgia.

I farmaci che di prassi si prescrivono in quest’ambito, poiché non curano ma cercano solo di tenere a bada un sintomo senza risolverne la causa, non impediscono a quest’ultima di continuare imperterrita a manifestarsi tramite il dolore, ed il dosaggio del farmaco, creando assuefazione, dev’essere aumentato sempre più, fintanto che anziché essere efficace, crea solo danno e dev’essere sospeso. Si prova un altro farmaco, e l’epilogo è lo stesso di quello precedente. Se paragonassimo banalmente la malattia all’acqua che sgorga dal rubinetto senza poterne chiudere il flusso, e fingessimo che il tappo del lavandino fosse il farmaco, ci accorgeremmo che il tappo non potrà nulla se l’acqua continuerà a scorrere nel lavandino, che si riempirà fino a far fuoriuscire l’acqua che continuerà imperterrita a scorrere fino ad allagare prima la cucina (un organo), e poi la casa (l’intero corpo umano).

A dimostrazione dell’immenso danno che provoca una delle regole stabilite nel protocollo di diagnosi della fibromialgia, che impone al medico, dopo la diagnosi, di non prescrivere più alcun accertamento diagnostico, nel corso di questi anni, in via del tutto accidentale, mi sono state diagnosticate via via altre patologie, croniche ed autoimmuni. Farò l’elenco, attenzione però, non a scopo vittimistico, lo farò perché mi sono sorti dei dubbi, dubbi che si rafforzano anche con il sentire, conoscere storie come la mia tramite il racconto di altri malati che si sono trovati nelle mie stesse condizioni, cioè aver avuto la diagnosi, il marchio “fibromialgia”, ed aver trovato, da quel momento in poi, un muro di gomma di fronte ad ogni richiesta di aiuto, perennemente inascoltati, marchiati come pazienti con diagnosi di malattia incurabile o immaginaria. Mentre subivo tutto questo, covavo ben altre malattie dentro di me, che purtroppo si sono evidenziate quando ormai non potevano più essere ignorate nemmeno dal più stolto degli uomini con il camice bianco.

Ecco l’elenco, non in ordine di diagnosi medica:

Fibromialgia, Artrite Psoriasica, Psoriasi, Tiroidite di Hashimoto, Sindrome di Reynaud, Osteocondrite di 4° livello alle caviglie , Spasmofilia, Artrosi mani e piedi.

Quali sono i dubbi che oggi mi assalgono?

Sono fibromialgica e tutte queste malattie sono correlate ad essa?

Non sono fibromialgica e quel giorno, il giorno in cui le mie gambe erano diventate di cemento e avevo perso la sensibilità, non erano altro che una sorte di “campanello di allarme” di tutto quello che poi è venuto dopo?

Come sapete tutti, non sono un medico, non ho studiato medicina, ma da malata mi pongo tante domande, ragiono tanto su tutti questi anni, 8 lunghissimi anni passati con dolori sempre più forti, anni in cui ho dovuto necessariamente gestire e sopportare incomprensioni, accrescere consapevolezza e coltivare pazienza, in mezzo a visite, esami e tanto tanto altro che non mi va di raccontare, ma che purtroppo ho vissuto. Sono giunta ad una conclusione e ripensando ad un proverbio che recita “E’ un gran medico chi conosce il suo male” ho maturato l’idea che la fibromialgia sia solo un campanello d’allarme, un’avvisaglia, e come tale sia la punta dell’iceberg di altre malattie.

E non essendo un medico, da anni parlo e scrivo solo per raccontare la mia esperienza personale, e quando nei gruppi che facilito, ascolto le storie di persone che soffrono come me, mi accorgo che in maniera simile a me, negli anni della loro vita di “fibromialgici” hanno sviluppato ben altre malattie, molte di esse di origine autoimmune.

Quindi ciò che mi domando sempre più insistentemente è: la Fibromialgia esiste come malattia a sé stante, oppure è una sindrome vera e propria, un insieme di sintomi che si manifestano in presenza di altre malattie che per comodo non vengono più ricercate, coperte dal mantello Fibromialgia, lasciando che esse stesse progrediscano fintanto che non esplodono nella loro gravità?

Sono dubbi legittimi, di una malata cronica che non ne può più di sopportare il male che non passa mai, e l’immobilismo, l’ignoranza, la mancanza di empatia e di ascolto.

Rosaria Mastronardo

Le mie scuse ai miei pazienti affetti da fibromialgia.

Le scuse di un medico che si è ammalata di fibromialgia

Questa è la storia di Amanda Shelly, assistente medico, mamma single che vive in Arizona. Amanda, ha compiuto 40 anni da poco e sta lavorando per trovare, in tutti i modi, ad affrontare la malattia cronica, la fibromialgia, per godersi ancora la vita.

Ho delle scuse da fare.

Vorrei scusarmi con tutti i pazienti che ho visto nei miei anni di lavoro in pronto soccorso che soffrivano di dolore cronico dovuto a fibromialgia o malattia autoimmune.

Vorrei scusarmi per non sapere, capire e in alcuni casi nemmeno credere a quello che stavi passando.

Vedi, nella scuola per assistenti medici, proprio come la scuola di medicina, non ci insegnano come queste malattie influiscono sulla vita dei nostri pazienti. Non ci dicono che è stato incredibilmente estenuante per il nostro paziente arrivare in ufficio o che probabilmente dovranno riposare e riprendersi i giorni successivi. Non ci dicono che stare seduti sulla sedia nella sala d’attesa fa male ad ogni parte del tuo corpo, non ci dicono che possono darvi dolore anche quello che indossate che siano essi vestiti o scarpe. Non ci insegnano come la tua famiglia sia influenzata dalla tua incapacità di partecipare alla vita sociale, dare cure e attenzioni al proprio coniuge o figli o persino preparare la cena.

Ma ora lo so. E mi dispiace.

Lo so perché da alcuni anni combatto con la fibromialgia e qualche altro problema autoimmune ancora da identificare. Lo so perché ho dovuto insegnare a mio figlio piccolo come abbracciare dolcemente. Lo so perché ho sentito i suoi amici commentare su quanto sono pigra, per il tanto tempo che passo a letto. Lo so perché non riesco più fisicamente a tenere il passo con i pazienti in ambulatorio, per fortuna ho potuto lavorare da casa grazie alla telemedicina. E lo so perché quella cara vecchia “nebbia fibrosa” spesso fa sembrare che il mio cervello si stia spegnendo, faccio fatica a ricordare le parole che volevo dire al paziente che sto cercando di aiutare.

All’inizio volevo nascondere la mia diagnosi ai miei colleghi. C’erano ancora così tanti colleghi là fuori che non credevano nemmeno che la fibromialgia fosse un vero disturbo (io ero uno di loro). Ma negli ultimi due anni di ininterrotte visite di specialisti, test con risposte bizzarre ma non chiare, prove di un farmaco dopo l’altro, ho imparato che anche se la comunità medica si sta aprendo alla realtà che questo è reale, “loro” , alcuni di loro, continuano a non capirlo.

Questo mi ha colpito di nuovo due giorni fa ad un appuntamento con un reumatologo che ha detto: “Non vedo nulla di preoccupante” quattro volte ha ripetuto la stessa frase, durante la nostra visita. Veramente? Non pensi che dover fare il mio lavoro dal mio letto in alcuni giorni sia preoccupante? Non pensi che l’isolamento causato dal non poter andare a fare e vedere cose con la mia famiglia sia preoccupante?

È giunto il momento che i medici smettano di guardare i risultati di laboratorio e inizino a guardare l’intero quadro. Anche se la scienza non ha scoperto una cura, solo un semplice riconoscimento di ciò che i pazienti stanno effettivamente attraversando sarebbe un enorme passo avanti verso il superamento del divario tra la tua realtà e la mia.

Prima di giudicare la mia vita o il mio carattere mettiti le mie scarpe, percorri il cammino che ho percorso io. Vivi il mio dolore, i miei dubbi, le mie risate. Vivi gli anni che ho vissuto io e cadi là dove sono caduto io e rialzati come ho fatto io.” (Luigi Pirandello)

Non è facile abituarsi al dolore.

Penso che molti di voi avranno avuto questa esperienza, qualcuno che ha pensato o vi abbia detto: “ormai, dovresti esserci abituata al tuo dolore” oppure “sì dai, però stai sempre male“, personalmente, queste domande mi danno fastidio perché capisco che queste persone non hanno bene in mente cosa significa vivere tutti i giorni con il dolore cronico, non hanno capito, non lo vivono. Queste persone pensano, sbagliando che, dovremmo essere in grado di superare il nostro dolore.

Sembra ovvio, vero? Beh, non è così per quelli di noi con malattie croniche. Scrivo questo perché mi è capitato in questo periodo di provare un dolore così forte alla mia spalla sinistra, per una serie di problemi che non sto ad elencare che, mi hanno fatto rivivere i giorni di quei primi anni del 2015. Pensavo di poter essere in grado di gestire quel dolore, pensavo di “domarlo” di controllarlo ma, non è stato così. Vivo ormai dal 2015 con la fibromialgia, manifestatasi con parestesie alle gambe e poi nel corso degli anni, fino ad oggi, con tante altre malattie, croniche, invalidanti e autoimmuni che mi hanno cambiato la vita. Mi sono piegata ma mai spezzata, mi sono sempre rialzata ma, questi giorni con questo dolore, mi sono sentita vulnerabile, mi ha letteralmente annientata.

Penso che non sia facile abituarsi al dolore, qualunque tipo esso sia. Esistono tre tipi di dolore:

dolore acuto o cronico;

dolore infiammatorio;

dolore neuropatico o nocicettivo.

Come detto, vivo da anni con il dolore cronico. Per cronico, per chi non lo sapesse, vuol dire che “non passa”, è sempre lì, puoi alleviare il dolore cronico ma non curarlo; puoi tentare tutto quello che vuoi ma, ti rimane. Non va via. Sì, soffro sempre . Molto, in realtà. Ma ciò non significa che sia più facile da affrontare con il passare degli anni, anzi può essere anche peggio. Il dolore infiammatorio o le lesioni sono orribili e ho un’enorme compassione per chiunque stia vivendo questa esperienza. Però, alla fine, una soluzione, la trovi e guarirai. Il dolore alla fibromialgia che, è cronico ed invalidante, per me e per molti altri come me, c’è ogni secondo di ogni giorno, senza alcuna reale speranza di essere curata. Ricordatevi che non mi riferisco ad un piccolo dolore o ad una fitta, no, non è quello: è un tipo di dolore, invece che potrebbe farti piangere in ogni momento ed è implacabile ed è estenuante. Ed io ho pianto.

Quindi, le persone che presumono che dovrebbe essere più facile affrontare i miei “nuovi“dolori ormai perché l’ho avuto per tutto il tempo che posso ricordare – non lo è. Immagina di svegliarti ogni giorno sapendo di dover vivere un altro giorno con lo stesso dolore e le stesse difficoltà di ieri, solo che oggi sei un po’ più stanco del solito. Succede, un giorno che, avverti un dolore alla spalla, non pieghi il braccio, non alzi il braccio, non trovi una posizione in cui quel dolore fortissimo, ti dia un po di tregua. Tu, puoi pensare che essendo io una che il dolore cronico lo vive tutti i giorni, possa sopportare anche questo nuovo dolore? Dovrei averci fatto il “callo”? No, non è così. Questo nuovo dolore invece può farti “precipitare” può sconvolgerti. Il dolore alla spalla, oggi, non c’è più. Ci sono rimaste cose da risolvere in questa spalla ma, la mia vita con il dolore cronico dal 2015 ad oggi, non mi ha abituata al dolore, no. Al dolore non ci si abitua, qualunque esso sia. Non credo che mi abituerò mai al dolore, anche se è sempre presente. Ho sempre cercato di usarlo per qualcosa di positivo ma, questa volta, non è stato così.

Pensa allora a quanto possiamo essere “fragili” e quindi ti prego, non minimizzare mai il mio dolore, perché lui è sempre lì.

Rosaria Mastronardo

Auguri a tutti

Buongiorno a tutti
scusate la mia assenza ma, problemi di salute, mi imediscono di dedicarmi a questo blog, al mio gruppo di Facebook e tanto altro. Passerà, tutto passa e si supererà anche questo.

Vi auguro di trovare dentro l’uovo quello che cercate.
Che sia la salute, un lavoro o semplicemente l’affetto di chi vi vuole bene
.

Buona Pasqua amici, fratelli, cugini, zii e affini!!!!!

Rosaria Mastronardo

E’ solo un mio parere……

Non sembro malata, lo so, continuate a dirmelo. Presto starai bene, lo so, continuate a dirmelo.

Cosa c’è che non va questa volta? Lo ripetete con freddezza e si capisce dal tono della vostra voce.

Lo sento ogni giorno e mi sento esausta. A volte mi fate sentire pigra, una piagnona.

Ci sono alcuni giorni in cui non faccio molto, cerco di riposare ma, è un NON riposo, e voi non capite.

Beh bla bla bla! All’infinito.

Ora sedetevi, state comodi e ascoltatemi. Per tutti quelli che mettono in dubbio le nostre sofferenze, i nostro dolori. Ascolta quello che ti dico e sei libero di accettarlo oppure no, io lo dico lo stesso.

Sono stanca di combattere per quello che non posso sconfiggere;

Ho dolore, ogni giorno, in un posto, due, tre e/o anche di più;

Non so spiegartelo scientificamente ma, il mio cervello e il mio sistema nervoso mi mettono al tappeto;

Mi inviano il dolore dove non vorrei averlo!

Ho le gambe rigide e anche se sono a letto, mi fanno male;

Nei giorni di festa, non gioisco perché sono sempre nelle condizioni che ti ho descritto e non mi sento di festeggiare alcunché;

La stanchezza e la spossatezza sono miei compagne di vita, dal momento in cui mi alzo dal letto ma, anche se ci rimango a letto;

Non sono in grado di svolgere il mio lavoro come vorrei. Distrazione, poca concentrazione e dolore, la fanno da padrona;

Sono sola, impaurita, ansiosa e oltre a questo devo, ogni volta, spiegare a te e agli altri perché non ce la faccio oggi e anche domani;

Sai, tutte quelle come me, siamo diventate brave a capire, anche se ti racconto al telefono, questo nostro, NON VIVERE, ci accorgiamo, che ti stiamo annoiando;

Allora sai che penso? Ti dico la mia. Penso che quelli che dicono di volerci bene, che dicono di amarci, mentono. Si mentono.

Perché qualcuno che ci ama davvero, che ci vuole bene seriamente, ci guarderebbe negli occhi e vedrebbero la nostra paura, la nostra incertezza, le nostre difficoltà quotidiane e non siamo noi a scegliere. E’ la malattia che ha scelto noi e ci costringe ad essere quello che ti ho descritto.

Cercate di ricordarvi di come ero prima di ammalarmi e non quello che la malattia fa alla mia vita ora.

E’ una continua lotta, una battaglia e sai che non vincerai MAI. Questo non è una cosa facile.

Cercate di ricordarvelo, cercate di sostenerci. Questo è quello che penso e sono stanca di ripeterlo tutte le volte.

Lucio Anneo Seneca diceva:

Non abbiate paura del dolore, o finirà o vi finirà

Il nostro dolore, non finirà mai.

La fibromialgia e i numeri

per la serie, per citare Marco Travaglio: “Ci pisciano in testa e ci dicono che piove

Dopo l’ennesimo post annunciato su uno dei Social Network più popolari, per l’inaugurazione della nuova panchina viola e per l’ennesimo annuncio sull’illuminazione dei più famosi monumenti, palazzi e fontane del nostro bel paese, sempre di viola, previsti per la giornata mondiale della Fibromialgia, cioè, per il giorno 12 maggio 2023, ogni anno la stessa solfa, e nauseata, disgustata, ho fatto una piccola ricerca.

Ho “navigato” sul siti del Senato della Repubblica e ho cercato il termine “Fibromialgia”. Ebbene, ho scoperto una quantità colossale di dati tra:

DDL; Reseconti; Atti del Senato; Atti delle Camere; Atto di Sindacato Ispettivo; Risposta di Interrogazione scritta; Scheda di attività dei singoli Parlamentari e Senatori; Ordini del Giorno; Proposte di modifiche e per finire, le Petizioni.

Per essere più esatta, se effettuate la ricerca con il termine “DDL” vengono fuori 91 risultati su 10 pagine; viceversa se effettuate la ricerca con il solo termine “Fibromialgia”, le pagine e i numeri aumentano e nello specifico: 26 pagine di ricerca per 252 risultati.

Ora se escludiamo, i Reseconti; gli Atti del Senato; gli Atti delle Camere; l’ Atto di Sindacato Ispettivo; la Risposta di Interrogazione scritta; le Scheda di attività dei singoli Parlamentari e Senatori; gli Ordini del Giorno; le Proposte di modifiche e le Petizioni, mi soffermerei sui DDL, perché sono quelli più IMPORTANTI. Ricordo che i DDL (Disegno di legge) è l’atto d’iniziativa legislativa deliberato dal Governo. Il disegno di legge non ha valore normativo fin quando non diviene legge con la approvazione da parte sia della Camera che del Senato, poi pubblicato in Gazzetta Ufficiale.

Sapete quanti ne ho trovati? 9. Si, sono 9 e tra questi:

il DDL 246, il DDL 2448, il DDL 1994, il DDL 299, il DDL 1586 il DDL 2564, il DDL 603; il DDL 400 e il DDL 546.

Al di la che è giusto discutere, confrontarsi, al di la che questo è l’iter diciamo, “normale” per arrivare a definire un buon DDL soprattutto per una malattia cronica ed invalidante come la Fibromialgia, al di la, cosa di una rilevanza IMPORTANTISSIMA, che questa malattia fu riconosciuta dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) nel 1992, anno in cui venne inclusa nella decima revisione dello International Statistical Classification of Diseases and Related Health Problems (ICD-10, codice M79-7), entrata poi in vigore il 1° gennaio 1993, non vi sembra che siano troppi tutti questi numeri e che siamo stanti e stufi di aspettare?

Dopo quasi 30 anni dal riconoscimento e 31 dall’entrata in vigore, quanti anni ci volete far aspettare?

Rosaria Mastronardo cha ODIA il colore viola