Ho letto stamani, questo articolo, lo trovate a questo link:
e ho deciso di scrivere una lettera alla direzione o meglio al Medico di riferimento, indicato sul sito:
Dott. Andrea Giuliano Verga Medicina del lavoro, perché mi ha colpito non solo l’argomento, molto interessante ma, come lo conclude l’autore, cito :
“E’ bello che in occasione di questa giornata mondiale, dedicata alla riflessione sui temi della sicurezza e salute al lavoro, si possa pensare non solo in termini negativi cioè contro gli infortuni e le malattie professionali, ma anche in modo propositivo, cercando di avvicinarsi un po’ di più all’obbiettivo di salute, proposto forse in modo un po’ utopico dall’OMS, che definisce la salute come “ uno stato di benessere fisico, mentale e sociale, non consistente solo in assenza di malattia o di infermità”. Quindi non solo la doverosa prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali è prioritaria, ma anche la gestione dei fattori di rischio psicosociali è ugualmente indispensabile, così da assicurare non solo ambienti di lavoro sicuri ma anche fonte di benessere e di soddisfazione”
Un po’ di storia.
La figura del medico competente, all’interno del panorama legislativo in materia di sicurezza, e all’interno del Servizio di Prevenzione e Protezione aziendale, gioca un ruolo fondamentale affinché il servizio stesso risulti efficace e funzionale.
Questa figura professionale accompagna l’evoluzione dell’intero contesto industriale e lavorativo Italiano.
Oggi, come sappiamo, il Medico Competente interviene direttamente nell’attuazione del servizio di prevenzione, al fianco del datore di Lavoro e del Responsabile del Servizio.
Una volta il Medico Competente si limitava alla valutazione fisico sanitaria del lavoratore, ora è invece coinvolto fin dall’inizio del processo di prevenzione interno aziendale, era ora.
Il Medico Competete ha molte funzioni, importantissime. Elabora in collaborazione con il datore di lavoro il Documento di valutazione dei Rischi, lo rivede periodicamente apportando suggerimenti e migliorie, effettua un sopralluogo agli ambienti di lavoro e partecipa in maniera proattiva alla riunione periodica sulla sicurezza indetta ai sensi dell’ art. 35 del D.Lgs 81/08 una volta all’anno.
L’obbligo della sorveglianza sanitaria, in Italia, vige per le aziende la cui classificazione di rischio esponga i lavoratori ad una tipologia di rischio soggetta a controlli medici periodici, ne sono un esempio le aziende che abbiamo un rischio di tipo biologico, chimico o da esposizione a Videoterminale.
Per queste aziende, indipendentemente dal numero di lavoratori presenti, il datore di Lavoro designa un medico, che abbia una specializzazione in medicina del lavoro, per l’elaborazione e l’attuazione di uno specifico protocollo di sorveglianza sanitaria.
Il protocollo di sorveglianza viene quindi condiviso con il Servizio di Prevenzione e Protezione, ed è definito sulle specifiche mansioni dei lavoratori interessati.
La periodicità minima dei controlli è definita dal D.Lgs 81/08, ma è il medico Competente che in virtù della esperienza professionale e dei rischi specifici, stabilisce il contenuto della sorveglianza e valuta se applicare una periodicità più stringente; la visita medica va infatti eseguita, oltre che in base alle periodicità definita dal Medico, ogni qualvolta il lavoratore ne faccia richiesta, se ritenuta dal medico correlata all’esposizione specifica lavorativa, ad ogni cambio di mansione che esponga i lavoratore a rischi differenti, alla cessazione del rapporto di lavoro e in fase di pre-assunzione.
Tutti i dati delle indagini mediche e anamnestici, vengono registrati dal Medico in apposita cartella sanitaria, conservata a salvaguardia del segreto professionale a cura del medico stesso, e che segue il lavoratore attraverso la sua carriera professionale.
Dall’esito della sorveglianza sanitaria ne deriva un giudizio di idoneità o inidoneità (anche con limitazioni o prescrizioni), per la mansione specifica; questo giudizio indipendentemente dalle cause che ne hanno generato la diagnosi, è l’unico dato personale sanitario che viene trasmesso all’azienda.
In definitiva, oggi il medico competente diviene in molti casi un consulente al fianco del lavoratore, ricoprendo un ruolo di supporto anche dal punto di vista psicologico e sociale; l’introduzione di nuovi rischi, quali per esempio il lavoro “Stress Correlato“, e di nuove modalità di approccio al lavoro all’interno di situazioni e contesti in cui l’integrazione del lavoratore svolge un ruolo fondamentale per il benessere stesso dell’individuo, pongono il Medico Competente a dover allacciare spesso rapporti molto personali con il lavoratore, al quale devono essere sempre, per esempio, illustrati e spigati gli esiti della sorveglianza.
Con la legge 81/08, la figura del Medico Competente si carica di significati e responsabilità, secondo me, ma non solo, non ancora del tutto definite e definibili, ma che si evolvono gradualmente e parallelamente allo sviluppo delle realtà lavorative italiane.
Fin qui, cosa aggiungere. Una legge buona e giusta per la sicurezza di noi lavoratori. Tanta differenza con il passato certo, ma, c’è sempre un ma, ho alcune cose da segnalarle che proprio non tollero, sia come lavoratore che come portatrice di tante malattie croniche ed invalidanti.
Le cito solo alcune: Fibromialgia, Artrite Psoriasica, Tiroidite di Hashimoto, Sindrome di Reynaud, Osteoartrite di 4° livello alle caviglie che ha danneggiato gradualmente cartilagine e tessuti circostanti, tanto da non riuscire più a deambulare senza dolore e per pochi metri, Spasmofilia e Psoriasi, etc, etc, etc.
Io spero che questa GROSSA responsabilità non del tutto definita e definibile sia seriamente valutata e rivista dal legislatore, perché ho notizie, sia da ex sindacalista, sia come ammalata, di medici competenti che, soprattutto davanti a casi come il mio e non solo, mi riferisco in particolare alla malattia della Fibromialgia, spesso la ignorano ed in altri casi, e sono i peggiori, ci identificano come “depresse” e/o ansiose, ignorando il fatto che forse, dico forse, noi portatrici di questa malattia, ci ammaliamo sì di ansia e di depressione, ma in conseguenza alla malattia che , in questo caso, il Medico Competente, come altre figure sanitarie di riferimento, non riconosce.
Questo denota una scarsa, se non assente, formazione da parte di una figura così importante nell’ambito lavorativo per un soggetto lavoratore/paziente.
Questa scarsa formazione porta molteplici conseguenze. Un esempio su tutto: se il lavoratore è affetto da patologia che reca disabilità, psichica o fisica, il non poter sviluppare con i migliori mezzi la propria residua capacità lavorativa, crea crescente frustrazione e toglie sempre più la motivazione a fare bene il proprio lavoro, perché sopraggiunge la convinzione che la malattia non lo possa permettere. Per questo motivo il medico competente NON può sottovalutare la richiesta di aiuto da parte di quel lavoratore, perché offende ed umilia l’intero essere del soggetto. Il lavoratore fibromialgico è un malato con limiti di capacità lavorativa che possono arrivare a livelli di gravità significativa. Molti di noi hanno voglia di fare, e DEVONO lavorare, ma non riescono a svolgere la mansione alle normali condizioni. Il lavoratore fibromialgico dev’essere messo in condizione di poter svolgere una mansione idonea a quello che il nostro corpo, la nostra mente si può permettere di tollerare. Noi lavoratori ( non è riferito al mio caso) passiamo la maggior parte delle ore della nostra giornata nei luoghi di lavoro, e questa scarsa considerazione da parte di questa importante figura, non solo ci offende ma lede la nostra dignità di lavoratori/malati.
Concludo questa mia, chiedendole, se fosse possibile, un incontro per discutere di questi aspetti, a mio avviso, non di poco conto perché, concordo con l’autore dell’articolo quando definisce “utopico” la definizione da parte dell’OMS, che definisce la salute come “ uno stato di benessere fisico, mentale e sociale, non consistente solo in assenza di malattia o di infermità”.
Per i pazienti fibromialgici, mi creda è completamente utopico.
Rosaria Mastronardo e Tiziana Lazzari