Questo quesito è stato postato da Cristina Irene, una donna attiva sui social che convive con diverse malattie croniche come l’osteoartrite, la fibromialgia, CFS, IBS. Ha creato un blog per aiutare le persone come lei a vivere una vita migliore e per le persone che non sono in grado di aiutarsi nella gestione di malattie croniche.
Un paio di volte nell’ultimo mese, ho avuto conversazioni sul termine “disabilità invisibili” rispetto a “disabilità nascoste“. Quale usare e perché? Sono la stessa cosa?
Ho usato per la prima volta il termine “disabilità invisibile” perché ricordo di averlo sentito dire da altri. Credo che sia stato così anche per molti di voi perché inizialmente vi siete identificati solo con la vostra condizione (es. fibromialgia ) o i vostri sintomi (es. stanchezza cronica) e poi abbiamo appreso che questo è un termine generico, molto generico che però ci pone in un contesto molto più ampio in certe comunità che condividono un’esperienza comune.
Per “disabilità invisibile” secondo la mia ipotesi ma è quella di tanti altri, si intendono: condizioni che includono difficoltà cognitive, disturbi della salute mentale, differenze di apprendimento, dolore fisico, affaticamento o altre condizioni fisiche che non sono evidenti allo spettatore ma hanno un impatto significativo sulle attività quotidiane.
Poi ho iniziato a sentire il termine “disabilità nascosta” come alternativa e ho iniziato a usarli in modo intercambiabile, alla pari. Ma ultimamente, nel dialogare con tante persone mi hanno fatto notare l’uso interscambiabile dei due termini e mi hanno chiesto una spiegazione e da quel momento mi sono soffermata a pensare alla differenza tra i due termini, perché sono in effetti diversi.
Ecco secondo me la differenza
Quando ho messo a confronto questi termini, ho capito qualcosa di importante: “invisibile” si basa sulla percezione dell’altro. Qualcun altro può vedere la mia condizione? “Nascosto“, invece, non si basa sulla percezione, ma sul controllo. Il mio controllo.
La mia identità si basa su come vengo percepito dagli altri o su come controllo la mia mente e il mio corpo?
Quest’ultimo è importantissimo. Io non voglio nascondere la mia condizione, perché mai dovrei nasconderla, sono le malattie che gli altri non vedono dentro il mio corpo. Io ho consapevolezza di avere un corpo che soffre ma gli altri non percepiscono la mia sofferenza, questo è difficile da far capire ma, la mancanza di consapevolezza e di accettazione di ciò, questa mancanza, fa parte della mia disabilità.
In questo momento, se dovessi scegliere un termine che preferisco, sceglierei “disabilità nascoste” perché voglio la proprietà della mia identità e continuerò a usarli in modo intercambiabile, perché mentre “nascosto” è la mia condizione personale, “invisibile” è della comunità, non mia.
Altri termini che ho sentito usare sono “disabilità nascoste“, “disabilità invisibili“, “disabilità non visibili” o “disabilità non apparenti“.
Mi è stato chiesto se una “malattia invisibile” è la stessa cosa di “disabilità invisibile“. Non credo. Una malattia invisibile è una condizione di salute (fisica o mentale), spesso cronica, che non è facilmente percepibile dallo spettatore, tuttavia non è sempre effettivamente invalidante, nel senso che non ha un impatto significativo sulle attività quotidiane, lo potrebbe essere ma, non è detto.
Molte disabilità invisibili possono essere definite malattie invisibili, ma non tutte. Il dolore o il dolore cronico possono essere invalidanti ma potrebbero non essere necessariamente una malattia.
La mia impressione.
Al di la di tutti questi termini, al di la della consapevolezza al di la di tutto, il problema secondo me è questo.
Se per “disabilità invisibili” cioè quelle condizioni che includono le difficoltà cognitive, disturbi della salute mentale, differenze di apprendimento, dolore fisico, affaticamento o altre condizioni fisiche che non sono evidenti allo spettatore ma hanno un impatto significativo sulle attività quotidiane, per alcune di queste patologie, malattie esiste un “riconoscimento” che “aiuta” il disabile nel mondo del lavoro, dello sport, nella società, in famiglia, c’è una sorta di supporto, di considerazione, di accettazione dell’altro.
Vedete, essere riconosciute da questo STATO come malati cronici che lottano tutti i giorni, H24, in famiglia, a lavoro, ovunque, è importante, soprattutto per chi soffre di dolore cronico, quel tipo di dolore cronico, dove la medicina non ha ancora rimedi ma solo qualche farmaco per “alleviare” il dolore. A voi sembrerà una sciocchezza ma, non è così. Mettetevi per un minuto nei nostri panni e pensate ad esempio, a quanto è difficile far capire al vostro datore di lavoro che, vi sente respirare, parlare, vi vede in piedi, vi vede muovervi, cercate di spiegargli che, dopo quelle otto ore di lavoro, voi siete distrutte e non potete sostenere questo tutti i giorni e gli chiedete un cambio di mansioni oppure una riduzione dell’orario, provate a pensarci solo per un minuto.
A noi, malati cronici non riconosciuti ed “invisibili” per lo Stato, ci ridono in faccia e questo non è umanamente accettabile.
Se volete, dite la vostra. Cosa ne pensate?
Rosaria Mastronardo