Quello che devi sapere sul mio dolore

Ricordo, come se fosse successo ieri, il giorno in cui si è presentato la prima volta. Era il 2 dicembre 2015, la notte dopo aver festeggiato la laurea di mio figlio. Parestesie alle gambe, non avevo più sensibilità dal bacino in giù, scosse e dolori alle gambe.

Sono affetta da: Fibromialgia, Artrite Psoriasica, Tiroidite di Hashimoto, Sindrome di Reynaud, Osteoartrite di 4° livello alle caviglie che ha danneggiato gradualmente cartilagine e tessuti circostanti, tanto da non riuscire più a camminare, Neurolisi del nervo ulnare bilaterale, già operata una volta al braccio sinistro, Spasmofilia, Cefalea Cronica da anni e Gastrite Cronica, spero di non aver dimenticato nulla.

Malattie e/o sindromi diagnosticate prima una e poi l’altra, snocciolate come perle di un rosario, durante anni e anni di visite ambulatoriali, esami strumentali e di laboratorio, indagini portate a termine con grande difficoltà, perché i medici, grazie alla pregressa diagnosi di fibromialgia, mettevano in dubbio i miei sintomi, campanelli d’allarme di ben altre malattie, emerse in seguito grazie ad esami diagnostici. Non ultima, l’artrite psoriasica, che stava lavorando in me da anni, producendo sintomi più volte sottovalutati, ignorati, perché riconducibili alla fibromialgia, talmente ignorati dai medici interpellati, che la malattia ha scatenato una devastazione improvvisa, che purtroppo è oramai palese ed invalidante, che poco o nulla si può più fare.

Soffro ogni giorno e lo sarà così, più o meno per il resto della mia vita e voglio dirvi cosa significa.

Non sto cercando di farvi commuovere, vi racconto la verità.

Potrei chiedervi di aiutarmi con qualcosa che sembra semplice per la maggior parte delle persone, come sollevare qualcosa di moderatamente pesante. Anche se le mie braccia sono forti, la mia schiena potrebbe non essere in grado di reggere il peso, o potrei avere paura di muovermi nel modo sbagliato e di non essere in grado di camminare per giorni o settimane. Potrei chiedervi di sedermi su una certa sedia a casa tua, richiedervi un cuscino, scegliere di sedermi per terra o di non sedermi affatto. Potrei non mangiare certi cibi che aumenteranno la mia infiammazione. Non sto cercando di essere accorato, difficile, in cerca di attenzione o di essere petulante. Sto cercando semplicemente di gestire alla meglio il mio dolore.

Non sono impaziente; Provo dolore.

E’ difficile da spiegare e far capire ma, non riesco a stare ferma a lungo su una sedia, mi devo poi sdraiare, così come non riesco a stare tanto tempo in piedi, mi devo sdraiare. A volte a qualcuno può sembrare che io mi annoio, che sono impaziente oppure che non mi interessano gli argomenti di un incontro, di una riunione. Non è così, è perché ogni minuto che sto su quella sedia, provo dolore, spesso dolore intenso.

Non sono scortese; Provo dolore.

Potrei presentarmi all’ultimo minuto ed essere la prima ad alzarmi da tavola e/o a voler andar via. Ancora una volta, non è perché non voglio essere lì. È perché la situazione sociale implica sedersi su una sedia, il che è doloroso. Ho diverse disabilità, semplicemente, non posso.

Il mio dolore non riguarda solo il dolore.

Se smetto di fare qualcosa a causa del dolore, non si tratta necessariamente di provare o meno la sensazione di dolore. Riguarda ciò che il dolore mi sta dicendo: che sta causando danni al mio corpo e non devo causare danni a questo corpo che devo “usare” ancora per il resto della mia vita.

Non sto cercando di evitarvi. Sono solo preoccupato per il mio dolore.

Posso rifiutare gli inviti o annullare alcuni progetti perché temo che un’attività mi causi dolore (e danni). Mi preoccupo anche del fatto che il mio dolore mi renda di spiacevole compagnia o prevenga la spontaneità che tutti gli altri in un gruppo apprezzerebbero.

Ho bisogno di informazioni.

Se si fanno dei progetti, per favore dammi più informazioni possibili, dove stiamo andando, per quanto tempo, e come sarà. Avere queste informazioni, per noi che viviamo con delle disabilità, sono importanti, per gestire il nostro corpo e i nostri dolori.

Non sono poco professionale; Sto gestendo il mio dolore.

Potrei indossare scarpe da ginnastica in uno dei miei impegni professionali, pantaloni larghi e anche presentarmi con un bastone per sentirmi più sicura. Mi potresti vedere sdraiato o rannicchiata in una qualsiasi situazione “ufficiale” non è poco professionale ma è per evitare un aumento del dolore e dei danni al mio corpo.

I miei standard di pulizia erano molto alti , oggi non più.

Faccio del mio meglio per mantenere la mia casa per quanto riguarda la pulizia ma vorrei che fosse perfetta. Amo gli spazi puliti. È solo estremamente doloroso per me usare le mani il che rende molto difficile tenerla come vorrei.

Il mio dolore a volte mi rende triste.

Essere in costante dolore è deprimente. Affrontare fisicamente il dolore drena le risorse per la forza emotiva e mi rende più suscettibile alla tristezza. Inoltre, ci sono così tante cose che mi addoloro. Che non potrò mai correre o camminare come un tempo; Non riuscirò mai a fare un viaggio in montagna; Rinunciare a diversi inviti a cena, cinema e teatro. Per non parlare poi dei limiti alla mia indipendenza, ma soprattutto che non avrò mai un giorno senza dolore per il resto della mia vita…

Non voglio che tu mi trovi una soluzione

So che ci tieni a me e non vuoi che soffra, ma per favore tieni le tue “soluzioni” per te . Ti posso assicurare che le ho provate tutte ma senza successo. Se condividi il mio dolore, per favore ascolta, leggi e condividi queste difficoltà che non sono solo mie ma di tanti e non ti sforzare di trovare una soluzione per me, per le malattie croniche ma soprattutto per il dolore, c’è poco da fare. Se c’è qualcosa che potrai fare, non preoccuparti, te lo chiederò.

Ho paura per il mio futuro.

Con una condizione degenerativa già così avanzata all’età di 60 anni, sono terrorizzata da quello che sarà il mio futuro, tutte le limitazioni, gli interventi chirurgici necessari, l’essere completamente disabile e dipendente… anche se non ho un coniuge e un figlio che mi aiutano, quando possono. Cerco di non pensarci, facendo buone scelte e chiedendo aiuto per prevenire infortuni. A volte, però, l’immagine di un futuro condannato è troppo grande per essere ignorata e sono molto spaventata.

Non è giusto.

La vita non è giusta. Raggiungerò mai un buon livello di accettazione? Accetterò mai quello che mi sono persa? Potrei risentirmi di coloro che vivono senza dolore e sembrano darlo per scontato? Una parte del lavoro che dovrò fare è quello di riprendermi da questi momenti e non prendermela con nessuno.

Non sta andando via.

Io, sono sempre qua. Il mio dolore non è qualcosa che devo superare o trascurare. Ho solo bisogno che tu lo accetti lo comprenda e ci convivi come faccio io.

Sono preziosa.

Sono una persona completa e il mio dolore ne fa parte. Non sono “rotta” e neppure “meno di”. Ho ancora tutto da dare al mondo almeno lo spero e lo donerò con tutto il cuore.

Sono felice?

Anche se a volte posso essere triste, mi sento frustrata e provo una moltitudine di emozioni spiacevoli a causa del mio dolore, nel complesso mi reputo una persona felice. Come ho detto, il dolore è solo una parte di me e della mia vita. Amo anche l’avventura e i gatti. Sono creativa. Ho tante idee in testa. Ho senso dell’umorismo. E ho tanto diritto alla gioia quanto chiunque altro. A volte la gioia richiede lavoro, ma soprattutto è una scelta. Non posso scegliere se soffrirò o meno per il resto della mia vita, ma posso scegliere di essere infelice per sempre a causa del mio dolore, o di essere felice a causa di tutte le innumerevoli ragioni per cui devo esserlo .

Rosaria Mastronardo

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