Per chi è ha una o più malattie croniche è costretto ad affrontare anche il dolore dell’isolamento.

Il dolore degli altri è soltanto un dolore a metà

Esistono convenzioni religiose e culturali per osservare il passaggio dei propri cari. Le persone partecipano a funerali o eventi commemorativi, inviano biglietti e fiori, fanno donazioni all’ente di beneficenza preferito della persona defunta. Di solito c’è un enorme sostegno per le prime settimane e mesi dopo una morte tra buoni amici anche per anni dopo.

Ma lo stesso non si può dire per chi è affetto da una malattia cronica dove la “perdita” non è definitiva e l’agonia emotiva è sempre in corso. Non ci sono carte che riconoscano quando una malattia diventa una sfida continua a meno che, ovviamente, non si tratti di un ricovero o di un’operazione. Non ci sono cerimonie per quando la vita di quell’individuo è cambiata incommensurabilmente. Semplicemente non ci sono rituali per il dolore prolungato e la vostra agonia diventa uno stile di vita.

Non si può uscire tutti i giorni, non si possono fare gite, escursioni, visite ai musei e piano piano dici di no a tutto o quasi. Una volta che ti rendi conto di non essere quello che eri prima, la conseguenza naturale di questi cambiamenti portano alcuni amici a continuare senza di te. Si diventa sacrificabile perché, in fondo, chi ha voglia di stare con qualcuno che è sempre malato o soffre?

Mentre alcuni di questi si allontanavano, ci si sente isolati, è l’isolamento è un dolore schiacciante. Ci si incolpa per aver perso amici che erano stati tali nella tua vita “normale”, amici per decenni. Non è stato facile sapere che la maggior parte delle persone si allontana durante i periodi di crisi a causa delle proprie carenze e dell’incapacità di gestire lo stress e i limiti causati dalla malattia e dal dolore cronico. Logicamente tutto questo ha un senso per loro ma, emotivamente, per chi soffre si è devastati e guardare i tuoi amici allontanarsi è doloroso quasi quanto le tue malattie.

Fortunatamente, posso dire di essere stata fortunata da alcuni miei amici di lunga data che hanno affrontato la mia malattia insieme a me. E poi, non dimentico che ci sono quelli che sono diventati miei amici da quando mi sono ammalata. Non chiedono “Perché?” Non si chiedono quando sarò “guarita” o “tornata alla normalità“. Sono in grado di tollerare l’ignoto e sedersi con me nel mio dolore e nella mia lotta. Erano (e rimangono) i miei salvatori.

Non ci si rende conto di quanto dolore devono affrontare tutti o quasi tutti, quelli che soffrono di dolore cronico, non si ha la più che minima idea.

Mettetevi qualche volta nei loro panni e riflettete, pensate, immaginate. Provate anche voi, un giorno, ad essere come noi, provate a ricordare l’ultima volta che avete avuto, ad esempio, un attacco di emicrania. Ecco, immaginate che quella sensazione e pensate a come vi sentireste se quel dolore non vi lascia mai, è sempre li. Non vi permette di pensare, di fare, di vedere di muovervi. E’ sempre con voi, vive con voi.

Immaginate e rifletteteci prima di allontanarvi da chi soffre.

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