Fibromialgia: un disagio sociale non compreso
Per chi non lo sapesse, sono nata a Napoli circa 60 anni fa e vivo in Toscana da 37 anni anni. Questa terra mi ha accolta, all’inizio con diffidenza ma, in seguito con rispetto. In 37 anni, non ho dimenticato la mia “lingua”, non dialetto, perché il napoletano non è un dialetto, è una vera e propria lingua. Ogni tanto, oltre al mio solito e conosciuto “francesismo” parlo e scrivo, poco in verità, nella mia lingua di origine. Questa mattina mi è venuto in mente un proverbio che recitava spesso il mio papà: “O sazio nun crere a o riuno” che letteralmente significa “Colui che è sazio non crede a colui il quale è invece a digiuno”. La frase non si limita soltanto a un aspetto culinario statico, ma si riferisce alla fame. Chi ha placato la propria bramosia di cibo, laddove ne avesse avuta, non riesce a comprendere il desiderio di mangiare, ma soprattutto la necessità vera e propria di nutrirsi, di chi, invece, non lo ha fatto e al momento non riesce a farlo. E, spesso, non soltanto colui il quale è più fortunato non è capace di capire lo status dell’altro, ma, molte volte, finisce anche per metterci bocca, commentandolo senza profondità.
La lingua napoletana è “STUPENDA” per questo, perché ospita al suo interno uno smisurato bagaglio di contenuti. Non soltanto vocaboli assolutamente intrisi di napoletanità, ma anche modi di dire ed espressioni tipiche della città metropolitana e dei suoi abitanti. E, poi non dimentichiamocelo, che la “lingua napoletana” ha anche un significato che profuma di segreto, un segreto che può essere svelato solo con l’arguzia.
Sveliamo il segreto di questo modo di dire: “O sazio nun crere a o riuno”. Che cosa si cela dietro questa espressione, questo modo di dire? Il segreto è presto svelato, dietro al significato reale del proverbio c’è una realtà molto più ampia, questa frase sottolinea infatti le disparità sociali presenti.
O sazio non crere a o riuno presuppone perciò i privilegi di pochi a scapito delle difficoltà di molti, una situazione che ha sempre tenuto banco nel napoletano, fin dall’Unità d’Italia.
E ad accrescere un problema sociale di tal calibro perciò, si aggiunge anche la mancata empatia e il mancato desiderio di comprendere l’altro che è tipico di molti privilegiati, che decidono, coscientemente o meno, di giudicare la situazione precaria altrui dall’alto di un piedistallo, piuttosto che provare ad analizzarla e a capirla.
Ecco, che stamani, ricordandomi quando il mio papà ripeteva questo proverbio mi è venuto in mente, quando lo ripeteva, in quale circostanza. Lo faceva quando doveva sottolineare una ingiustizia, una disparità sociale.
Stamani, domani è PER SEMPRE, ricorderò e reciterò questo proverbio, questa “perla” di saggezza a chi non capirà, non comprenderà, sottovaluterà e denigrerà la reale sofferenza e ingiustizia che subiscono TUTTI quelli affetti da fibromialgia o patologie che hanno in comune il “DOLORE CRONICO”.