Mi aiuto aiutando

E’ un motto che ho usato e uso ancora per “sopravvive” al dolore cronico.

Nella nostra società, le malattie croniche comportano un carico assistenziale enorme con conseguenze psicosociali elevate che inevitabilmente ricadono sui costi sanitari . Mi riferisco a malattie come la Fibromialgia, il Lupus, Emicranie, Reumatismi, CRPS (Sindrome dolorosa regionale complessa) e tantissime altre. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità le malattie croniche rappresentano quasi l’80% dei disturbi attuali.

Si leggono slogan per alcune malattie croniche ma niente di più, sono belli gli slogan ma non soddisfano noi affetti da malattie croniche ignorate da tutti.

Auguro a tutti di prendere consapevolezza della propria malattia del proprio disagio, qualunque esso sia, perché solo così ci si può permettere di aiutare noi stessi aiutando gli altri.

Auguro a tutti, se possono, di trovare il coraggio e la forza di reagire; reagire concretamente realizzando qualcosa in cui si crede.

L’Auto Aiuto per me è stata la “salvezza”. Mi piacerebbe far conoscere a tutti questa esperienza e farla provare.

Nel 1987 l’OMS (Organizzazione mondiale della sanità) definisce l’Auto Aiuto così:

Per auto aiuto si intendono tutte le azioni intraprese da persone comuni (non professionisti della

salute) per mobilitare le risorse necessarie a promuovere, mantenere e ristabilire la salute degli

individui e della comunità.”

Perché è importante il concetto di “ristabilire la salute” ?

Sempre l’OMS, definì il concetto di “Salute”nel 1946 in questo modo:

uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non semplicemente l’assenza di malattia e di infermità”, modificato successivamente nel 1986 in “La salute consiste nell’occuparsi di sé e degli altri, vale a dire prendere decisioni ed essere padrone delle condizioni della propria esistenza, vegliando affinché la società crei le condizioni che permettono ad ognuno dei suoi membri di goderne”.

In questo concetto, viene sottolineata la necessità di valorizzare e stimolare lo sviluppo delle

capacità autonome dei soggetti nel far fronte alla salute, non solo della propria salute ma anche

quella dell’altro.

Ecco quindi, come in questa società sempre più globalizzata dove la salute e la malattia sono

diventati un affare scientifico e artificiale che non riguarda più l’uomo, dove il sistema sanitario e

la medicina ufficiale hanno perso la prerogativa di curare, di promuovere la salute delle persone, in

questo scenario, il concetto di Auto Aiuto, questo “inconsueto approccio” ad un metodo di auto

cura, può divenire sempre più una risorsa importante e irrinunciabile per i cittadini, ma anche per le

istituzioni.

In pratica quindi, i gruppi di Auto Aiuto sono costituiti da persone che sentono di avere un problema in comune e che si riuniscono per cercare di fare qualcosa per affrontarlo; questo qualcosa può essere un lutto, un disagio, una malattia una dipendenza, qualcosa che stando insieme, in cerchio e con poche pochissime regole si affronta meglio, si condivide, si rende l’altro partecipe di un qualcosa che potrebbe essere di aiuto, un supporto all’altro.

Nel cerchio, in gruppo, si schiude uno spazio dove tutti parlano la stessa lingua e, in senso non solo

simbolico, lo spazio vuoto nel mezzo del cerchio dei partecipanti si mostra capace di accogliere

l’espressione anche di quelle emozioni che a volte è difficile raccontare perfino a se stessi.

Il riconoscimento e l’accettazione della propria e altrui vulnerabilità si lega alla consapevolezza di

essere al tempo stesso risorsa per gli altri e per l’intero gruppo, questo comporta un crescente senso

di responsabilità e di appartenenza. La generosità con cui si offre sostegno ai componenti del

gruppo difficilmente è paragonabile a quella che si è disposti a usare nei propri confronti e questa

scoperta, quando viene sperimentata in prima persona, si traduce nel sentirsi di nuovo utili per gli

altri.

Per me è magico quel cerchio, quello stare insieme alla pari.

Un tempo, chi ricorda, ci si riuniva in cerchio per discutere, per danzare, per condividere. Quel cerchio di persone fa sì che nessuno è a capo della situazione ma tutti quelli nel gruppo sono chiamati alla propria individualità nel formare quel gruppo in cerchio, tutti si possono guardare negli occhi, tutti sono alla pari.

Non ci sono scrivanie o tavoli che dividono le persone, il centro del cerchio è infatti di fondamentale importanza, rappresenta una guida, un punto di riferimento che non si deve perdere.

Per me un gruppo di Auto Aiuto, considerato il fatto che ho voluto fortemente un gruppo per la mia

malattia, la Fibromialgia, è essere aiutata aiutando gli altri.

Vorrei concludere questo mio scritto con una frase che ho trovato in un libro di Manitonquat, lo story-teller più anziano della tribù degli Assonet-Wampanoag del Massachusetts che nella “La Via del Cerchio” ha scritto:

Il cerchio è la forma più rispettosa di incontro. In quella forma tutti sono accolti in egual misura.

Tutti allo stesso modo ne sono responsabili. Energeticamente nessuno prevale e nessuno si esclude,

tutti sono importanti. Il cerchio rende intenso, profondo e prezioso l’incontro. Chi è abituato a

gridare si acquieta. Chi è abituato a sussurrare ritrova la propria voce. Ritroviamo la dimensione

umana e la nostra fondamentale unità.

Ogni volta che ci troviamo in cerchio, celebriamo la Vita”.

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