Le ultime novità sulla fibromialgia nell’ambito del XLVIII Congresso Nazionale della Società Spagnola di Reumatologia

Qualcosa di nuovo? Non sembra. Da leggere e commentare

La fibromialgia è una malattia caratterizzata dal causare dolore muscoloscheletrico generalizzato; interessa principalmente muscoli, legamenti e articolazioni. Ci sono sempre più studi che dimostrano che nella fibromialgia c’è un processo di neuroinfiammazione che produce alterazioni nei trasmettitori cerebrali responsabili delle molteplici manifestazioni cliniche che questi pazienti presentano, come il dottor Javier Rivera, reumatologo presso l’Hospital General Universitario Gregorio Marañón di Madrid , nell’ambito della “Giornata mondiale della fibromialgia“, che si è celebrata il 12 maggio in Spagna ha affermato.

Il dottor Javier Rivera sostiene, “attualmente, con speciali tecniche di risonanza magnetica cerebrale, è possibile vedere come l’attività di alcune aree del cervello e le connessioni che esistono tra loro siano diverse da quelle di altre persone senza la malattia. Queste tecniche mostrano dati oggettivi su ciò che sta accadendo in questi pazienti e, sebbene non siano ancora alla portata del loro utilizzo nella pratica clinica quotidiana, potrebbero essere utilizzate nel prossimo futuro per stabilire con certezza la diagnosi di fibromialgia”.

Nell’ambito del XLVIII Congresso Nazionale della Società Spagnola di Reumatologia, che si è svolto in questi giorni a Granada, è stata affrontata anche l’influenza del COVID-19 sui pazienti con fibromialgia. In questo senso, la dott.ssa Tamara Rodríguez, reumatologa dell’Hospital Clínic de Barcelona, ha sottolineato che nella corte di pazienti con fibromialgia nel suo ospedale “fino al 90% di coloro che hanno subito un’infezione acuta da COVID (indipendentemente di gravità) riferiscono all’aver notato un peggioramento della fibromialgia che, peraltro, si mantiene nel tempo”. Allo stesso modo, la specialista ha analizzato l’influenza della pandemia di coronavirus su questi pazienti e indica che, per esempio, il confinamento ha avuto un effetto sia positivo che negativo su questi pazienti. “Come aspetto positivo, il telelavoro ha permesso ad alcuni pazienti di avere più tempo per se stessi e di poter distribuire meglio i tempi di attività e riposo, che è così benefico per la malattia. Come aspetto negativo, i fattori di stress associati alla pandemia e al confinamento hanno causato il peggioramento di molti altri pazienti, quindi siamo di fronte a una situazione che influenzerà, nel bene e nel male, a seconda di molteplici fattori legati al paziente”, ha sottolineato.

D’altra parte, il dottor Rodríguez sottolinea che ci sono studi che si sono avventurati a dire che la malattia COVID-19 può portare alla fibromialgia. Tuttavia, non vi è alcun aumento dimostrato dell’incidenza della fibromialgia nella popolazione odierna, nonostante la percentuale di infezione acuta da SARS-COV2 sia molto alta. “Dobbiamo quindi essere cauti e studiare bene questi dati”, avverte lo specialista, che rivela anche che “Covid persistente e fibromialgia sono entità molto simili, ma non è ancora possibile essere sicuri che siano la stessa malattia, questo dovrebbe essere il punto di partenza nella promozione della ricerca e nella ricerca di biomarcatori che possano essere utilizzati nel prossimo futuro come strumento diagnostico e differenziante per la malattia”. Inoltre aggiunge e sottolinea l’importanza dell’esercizio fisico in pazienti con fibromialgia.

Secondo il parere di entrambi gli specialisti, “farmaci, esercizio fisico e trattamento psicologico costituiscono i tre pilastri fondamentali del trattamento dei pazienti con fibromialgia”. Se si analizza l’entità dell’effetto di queste tre misure terapeutiche, l’esercizio fisico è quello che raggiunge i valori più alti nei diversi studi effettuati. “Pertanto, il ruolo che l’esercizio fisico gioca nel trattamento di questi pazienti è molto rilevante“, sottolinea la dott.ssa Rivera, che sottolinea anche i benefici della campagna della Società Spagnola di Reumatologia, a favore della promozione della pratica dell’esercizio fisico in pazienti con malattie reumatiche.

Per quanto riguarda il tipo di esercizio adatto a questi pazienti, si raccomanda che sia aerobico, meglio degli esercizi elastici. Inoltre, deve essere fatto quotidianamente e incorporato nelle sane abitudini che il paziente svolge quotidianamente. “Qualsiasi esercizio aerobico è valido, quindi la cosa più consigliabile è che il paziente scelga il tipo di esercizio fisico che gli piace fare“, afferma il dottor Rivera.

Questo è il mio commento e se vi va, lasciate il vostro.

Io sono sempre convinta, anche leggendo questo articolo che ho tradotto da: https://www.ser.es/

(sito ufficiale delle malattie reumatiche in Spagna) che la risposta del perché si ci ammala di fibromialgia verrà dimostrata da una seria e attenta ricerca scientifica che, a mio avviso, NON DEVE ESSERE A CARICO DEL PAZIENTE, nel senso che saranno gli Stati tutti a dedicare una cospicua somma di denaro per una ricerca mirata sulla fibromialgia, anche perché dopo 30 anni i pazienti affetti dalla malattia, sono esausti.

Secondo aspetto. Anche in questo periodo di pandemia ma soprattutto dopo, si è scritto e letto tanto sulle similitudini tra gli effetti del SARS-COV2 e la fibromialgia, soprattutto tra quei pazienti che sono usciti “vivi” dall’infezione.

Mi piacerebbe che la scienza dedicasse più tempo su questo aspetto. Tanti pazienti usciti vivi dal SARS-COV2 hanno manifestato sintomi uguali alla fibromialgia e mi chiedo se la malattia non possa essere scatenata da una sorte di virus a noi sconosciuto e colpisce solo una “fetta” della popolazione.

Altra cosa. Da quello che si legge nell’articolo sembra che ci sentiremo, noi malati, ripete le stesse cose dai nostri medici e cioè: “farmaci, esercizio fisico e trattamento psicologico costituiscono i tre pilastri fondamentali del trattamento dei pazienti con fibromialgia”.

Ultima cosa. Quel famoso processo di neuroinfiammazione che produce alterazioni nei trasmettitori cerebrali responsabili delle molteplici manifestazioni cliniche che i pazienti fibromialgici presentano, è una buona e interessante scoperta ma scordiamoci, noi italiani, che una sperimentazioni su questo tema venga adottata nel nostro paese, costa troppo e non la permetterebbero mai.

Questo è tutto quello che sinceramente pensa

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